Nel 1799, il medico tedesco Samuel Sömmerring (1755-1830) pubblica le Icones embryonum humanorum e dimostra che fino alla fine del XVIII secolo non esisteva una vera e propria rappresentazione anatomica dello stato fetale dell’essere umano. Egli sottolinea altresì che i trattati di anatomia che contenevano qualche illustrazione di embrioni umani, erano carichi di immagini “repellenti” se non addirittura “macabre” (§ 1). Al contrario, se si guarda alla storia della filosofia, si scopre che l’esistenza negata al feto dalla medicina, gli viene riconosciuta da un filosofo francese di fine settecento: Marie-François-Pierre Maine de Biran (1766–1824). Questi ritiene che il feto abbia una vita psichica caratterizzata da “ascolto” e “motilità”. E’ importante mettere in evidenza che Maine de Biran si interessa a questo tipo di problemi in quanto era insoddisfatto della teoria della conoscenza e del linguaggio delineata da Condillac in particolare nel Trattato sulle sensazioni (1754) (§ 2). Sullo sfondo la domanda che qualifica tutta la sua produzione intellettuale: “Esiste una qualche attività umana che sia in grado di spiegare il costituirsi della soggettività, vale a dire l’emergere di una discontinuità dall’interno delle regole del programma biologico?”. Egli la individua nell’apparizione della voce articolata, fatto specifico dell’umano che interrompe un ordine naturale senza per questo uscire dalla natura. In questo senso essa rappresenta un punto di vista privilegiato da cui affrontare rilevanti questioni quali il rapporto tra corpo e mente, natura e linguaggio, comunicazione e significazione (§ 3).

Perché il corpo si fa verbo. La voce e l'altro che io sono

CHIRICO', DONATA
2007-01-01

Abstract

Nel 1799, il medico tedesco Samuel Sömmerring (1755-1830) pubblica le Icones embryonum humanorum e dimostra che fino alla fine del XVIII secolo non esisteva una vera e propria rappresentazione anatomica dello stato fetale dell’essere umano. Egli sottolinea altresì che i trattati di anatomia che contenevano qualche illustrazione di embrioni umani, erano carichi di immagini “repellenti” se non addirittura “macabre” (§ 1). Al contrario, se si guarda alla storia della filosofia, si scopre che l’esistenza negata al feto dalla medicina, gli viene riconosciuta da un filosofo francese di fine settecento: Marie-François-Pierre Maine de Biran (1766–1824). Questi ritiene che il feto abbia una vita psichica caratterizzata da “ascolto” e “motilità”. E’ importante mettere in evidenza che Maine de Biran si interessa a questo tipo di problemi in quanto era insoddisfatto della teoria della conoscenza e del linguaggio delineata da Condillac in particolare nel Trattato sulle sensazioni (1754) (§ 2). Sullo sfondo la domanda che qualifica tutta la sua produzione intellettuale: “Esiste una qualche attività umana che sia in grado di spiegare il costituirsi della soggettività, vale a dire l’emergere di una discontinuità dall’interno delle regole del programma biologico?”. Egli la individua nell’apparizione della voce articolata, fatto specifico dell’umano che interrompe un ordine naturale senza per questo uscire dalla natura. In questo senso essa rappresenta un punto di vista privilegiato da cui affrontare rilevanti questioni quali il rapporto tra corpo e mente, natura e linguaggio, comunicazione e significazione (§ 3).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11770/131034
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