Il monito ancestrale di Socrate a conoscere se stessi mostra il fine ultimo dell’umana esistenza: la persona esplica continuamente, vivendo, il processo educativo, quindi formativo di crescita, di evoluzione di comprensione di sé. L’evoluzione e la crescita sono processi continui ed inarrestabili che appartengono all’intera esistenza. In questo continuo divenire l’educazione segna le tappe, mentre la forma interpreta le successioni interiorizzate in questo cammino. L’anziano è il risultato di tutte le fasi evolutive e formative esperite nel corso dell’intera esistenza, per questo rappresenta, forse, il momento più alto di osservazione per cercare di indagare le complesse e polimorfiche fasi educative e formative dell’umana esistenza. La vecchiaia rappresenta ciò che i greci chiamavano kairos – il momento giusto – ossia il periodo di tempo opportuno per riappropriarsi, in modo autentico, della propria storia esistenziale, dando vita così ad una nuova forma. L’anziano si forma interpretando in modo nuovo le sue verità, i suoi convincimenti più profondi, le sue esperienze, attribuendo nuovi significati, nuove verità, alla sua vita, quindi a se stesso, formandosi ancora una volta. Nelle società tradizionali, l’anziano “guidava” con autorevolezza la sua famiglia ed era un punto di riferimento imprescindibile per l’intera società, in quanto, testimone e mèntore della tradizione dei padri, radicato nella realtà ed artefice del legame con le generazioni. Il compito proprio dell’anziano era quello di agire pedagogicamente, di educare e condurre, coltivare ed allevare i posteri, per tramandare e perpetuare ontologicamente il patrimonio di umanità che ci identifica caratterizzandoci. Da queste premesse possiamo delineare un concetto di “nuova cittadinanza” che si esplichi, pedagogicamente, riconoscendo l’anziano nelle sue “peculiarità maieutiche” e consentendo che possa educare/prendersi cura dei giovani, invitandoli a riconoscere se stessi manifestando autenticamente la propria affettività ed il proprio “essere nel mondo”. L’anziano nel microcosmo familiare e nel macrocosmo sociale rimane costantemente aperto all’ascolto ed al dialogo con i giovani, che nella quotidianità frenetica e massificata, non trovano autentica disponibilità da parte degli adulti; per questo può rappresentare, autenticamente, l’anello mancante intergenerazionale per illuminare il cammino, mostrare la strada a quelli che verranno.

Formazione e senescenza: dinamiche educative e nuova cittadinanza

BOSSIO, Francesco
2005-01-01

Abstract

Il monito ancestrale di Socrate a conoscere se stessi mostra il fine ultimo dell’umana esistenza: la persona esplica continuamente, vivendo, il processo educativo, quindi formativo di crescita, di evoluzione di comprensione di sé. L’evoluzione e la crescita sono processi continui ed inarrestabili che appartengono all’intera esistenza. In questo continuo divenire l’educazione segna le tappe, mentre la forma interpreta le successioni interiorizzate in questo cammino. L’anziano è il risultato di tutte le fasi evolutive e formative esperite nel corso dell’intera esistenza, per questo rappresenta, forse, il momento più alto di osservazione per cercare di indagare le complesse e polimorfiche fasi educative e formative dell’umana esistenza. La vecchiaia rappresenta ciò che i greci chiamavano kairos – il momento giusto – ossia il periodo di tempo opportuno per riappropriarsi, in modo autentico, della propria storia esistenziale, dando vita così ad una nuova forma. L’anziano si forma interpretando in modo nuovo le sue verità, i suoi convincimenti più profondi, le sue esperienze, attribuendo nuovi significati, nuove verità, alla sua vita, quindi a se stesso, formandosi ancora una volta. Nelle società tradizionali, l’anziano “guidava” con autorevolezza la sua famiglia ed era un punto di riferimento imprescindibile per l’intera società, in quanto, testimone e mèntore della tradizione dei padri, radicato nella realtà ed artefice del legame con le generazioni. Il compito proprio dell’anziano era quello di agire pedagogicamente, di educare e condurre, coltivare ed allevare i posteri, per tramandare e perpetuare ontologicamente il patrimonio di umanità che ci identifica caratterizzandoci. Da queste premesse possiamo delineare un concetto di “nuova cittadinanza” che si esplichi, pedagogicamente, riconoscendo l’anziano nelle sue “peculiarità maieutiche” e consentendo che possa educare/prendersi cura dei giovani, invitandoli a riconoscere se stessi manifestando autenticamente la propria affettività ed il proprio “essere nel mondo”. L’anziano nel microcosmo familiare e nel macrocosmo sociale rimane costantemente aperto all’ascolto ed al dialogo con i giovani, che nella quotidianità frenetica e massificata, non trovano autentica disponibilità da parte degli adulti; per questo può rappresentare, autenticamente, l’anello mancante intergenerazionale per illuminare il cammino, mostrare la strada a quelli che verranno.
2005
88-498-1581-6
Adult and permanent education; General pedagogy; Formazione e cittadinanza
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11770/150199
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