La formazione delle competenze occupa oggi un posto centrale non solo nella letteratura economica, ma anche nei programmi di politica pubblica. Sul piano teorico, la ricerca in questo campo si è notevolmente intensificata negli anni recenti seguendo due distinti filoni di analisi (Krueger e Lindhal 2001). Il primo è strettamente microeconomico, orientato ad esaminare i rendimenti individuali dell’istruzione, mentre il secondo percorso, di impostazione macroeconomica, si propone di valutare se e quanto l’istruzione contribuisca alla crescita economica complessiva di un paese e risente dell’impulso della letteratura sulla “nuova teoria della crescita”. Esistono, inoltre, effetti di “spill-over” dell’istruzione acquisita dai singoli sugli altri individui con cui essi interagiscono all’interno dello stesso ambiente di lavoro o della stessa comunità sociale. Tali effetti esterni dei livelli d’istruzione operano attraverso molteplici canali che influenzano positivamente l’economia e la sua crescita (Sianesi e Van Reenen, 2003; Hanushek e Woessmann, 2007): ad esempio un maggiore livello medio di istruzione della popolazione è associato a migliori condizioni medie di salute dei cittadini, minore criminalità, maggiore coesione sociale. Si tratta di un insieme di fattori non economici che migliorano le condizioni in cui un’economia opera e, dunque, le sue potenzialità di crescita. Sul versante delle politiche pubbliche, gli obiettivi fissati dal Consiglio di Lisbona di fare diventare l’Unione Europea “l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale”, hanno canalizzato l’attenzione dei Paesi membri verso misure orientate a potenziare la formazione. In Italia l’attenzione dei policy maker per il ruolo che l’istruzione svolge nei processi di crescita economica ha portato ad affiancare le politiche per l’istruzione alle politiche per lo sviluppo e la coesione sociale. L’istruzione, e in particolare l’abbassamento della soglia di abbandoni scolastici e l’innalzamento dei livelli di competenze acquisite dagli studenti costituiscono uno dei quattro “obiettivi di servizio” previsti all’interno del Quadro Strategico Nazionale 2007-2013. Nelle ultime due relazioni del governatore della Banca d’Italia sulla situazione economica del Paese si esprime una netta preoccupazione non solo per il ritardo rispetto alla media europea nell’istruzione dei giovani e nella formazione della forza lavoro, ma anche per l’esistenza di forti divari interni al territorio nazionale (Banca d’Italia, 2007 e 2008). La formazione delle competenze si configura oggi in Italia al tempo stesso come un problema nazionale, che richiede politiche in grado di colmare i divari esistenti con la gran parte dei Paesi Ocse, e come una nuova “questione” per il Mezzogiorno, che estende e minaccia di aggravare lo storico squilibrio con le aree più dinamiche del Paese. Gli aspetti qualitativi dell’istruzione sono prevalentemente valutati facendo riferimento ai risultati dell’indagine Ocse–P.i.s.a. (Programme for International Student Assessment) che, nelle tre edizioni che si sono susseguite (2000, 2003, e 2006) ha documentato l’esistenza di forti carenze del sistema d’istruzione e di preoccupanti divari territoriali nelle competenze dei giovani del nostro Paese. Spiegarsi l’esistenza di tali divari non è per nulla ovvio. La formazione delle competenze è, infatti, un fenomeno complesso, che deriva dall’esperienza scolastica, sia in termini di qualità che di quantità di istruzione, ma anche da un insieme di altri fattori legati al contesto socio-economico di appartenenza. Studiosi e decisori pubblici condividono l’idea che insieme alla scuola, altri ambiti di interazione sociale e una molteplicità di esperienze formative consentono agli individui di ricevere stimoli ed opportunità di apprendimento (Bratti, Checchi e Filippin, 2007; 2008; Hanushek e Woessmann; 2008; Garibaldi, 2005; MEF-MIUR, 2007). L’obiettivo di questo lavoro è riuscire ad analizzare le “distanze” esistenti in termini di potenzialità di sviluppo di conoscenze e competenze, pervenendo a una ripartizione dell’Italia per gruppi di province che appaiono caratterizzate da una relativa similarità di valori rispetto ad un insieme di variabili che riflettono lo stato dell’istruzione, dell’economia, e del contesto sociale ed istituzionale

Formazione delle competenze e divari territoriali in Italia

NISTICO', Rosanna;
2009-01-01

Abstract

La formazione delle competenze occupa oggi un posto centrale non solo nella letteratura economica, ma anche nei programmi di politica pubblica. Sul piano teorico, la ricerca in questo campo si è notevolmente intensificata negli anni recenti seguendo due distinti filoni di analisi (Krueger e Lindhal 2001). Il primo è strettamente microeconomico, orientato ad esaminare i rendimenti individuali dell’istruzione, mentre il secondo percorso, di impostazione macroeconomica, si propone di valutare se e quanto l’istruzione contribuisca alla crescita economica complessiva di un paese e risente dell’impulso della letteratura sulla “nuova teoria della crescita”. Esistono, inoltre, effetti di “spill-over” dell’istruzione acquisita dai singoli sugli altri individui con cui essi interagiscono all’interno dello stesso ambiente di lavoro o della stessa comunità sociale. Tali effetti esterni dei livelli d’istruzione operano attraverso molteplici canali che influenzano positivamente l’economia e la sua crescita (Sianesi e Van Reenen, 2003; Hanushek e Woessmann, 2007): ad esempio un maggiore livello medio di istruzione della popolazione è associato a migliori condizioni medie di salute dei cittadini, minore criminalità, maggiore coesione sociale. Si tratta di un insieme di fattori non economici che migliorano le condizioni in cui un’economia opera e, dunque, le sue potenzialità di crescita. Sul versante delle politiche pubbliche, gli obiettivi fissati dal Consiglio di Lisbona di fare diventare l’Unione Europea “l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale”, hanno canalizzato l’attenzione dei Paesi membri verso misure orientate a potenziare la formazione. In Italia l’attenzione dei policy maker per il ruolo che l’istruzione svolge nei processi di crescita economica ha portato ad affiancare le politiche per l’istruzione alle politiche per lo sviluppo e la coesione sociale. L’istruzione, e in particolare l’abbassamento della soglia di abbandoni scolastici e l’innalzamento dei livelli di competenze acquisite dagli studenti costituiscono uno dei quattro “obiettivi di servizio” previsti all’interno del Quadro Strategico Nazionale 2007-2013. Nelle ultime due relazioni del governatore della Banca d’Italia sulla situazione economica del Paese si esprime una netta preoccupazione non solo per il ritardo rispetto alla media europea nell’istruzione dei giovani e nella formazione della forza lavoro, ma anche per l’esistenza di forti divari interni al territorio nazionale (Banca d’Italia, 2007 e 2008). La formazione delle competenze si configura oggi in Italia al tempo stesso come un problema nazionale, che richiede politiche in grado di colmare i divari esistenti con la gran parte dei Paesi Ocse, e come una nuova “questione” per il Mezzogiorno, che estende e minaccia di aggravare lo storico squilibrio con le aree più dinamiche del Paese. Gli aspetti qualitativi dell’istruzione sono prevalentemente valutati facendo riferimento ai risultati dell’indagine Ocse–P.i.s.a. (Programme for International Student Assessment) che, nelle tre edizioni che si sono susseguite (2000, 2003, e 2006) ha documentato l’esistenza di forti carenze del sistema d’istruzione e di preoccupanti divari territoriali nelle competenze dei giovani del nostro Paese. Spiegarsi l’esistenza di tali divari non è per nulla ovvio. La formazione delle competenze è, infatti, un fenomeno complesso, che deriva dall’esperienza scolastica, sia in termini di qualità che di quantità di istruzione, ma anche da un insieme di altri fattori legati al contesto socio-economico di appartenenza. Studiosi e decisori pubblici condividono l’idea che insieme alla scuola, altri ambiti di interazione sociale e una molteplicità di esperienze formative consentono agli individui di ricevere stimoli ed opportunità di apprendimento (Bratti, Checchi e Filippin, 2007; 2008; Hanushek e Woessmann; 2008; Garibaldi, 2005; MEF-MIUR, 2007). L’obiettivo di questo lavoro è riuscire ad analizzare le “distanze” esistenti in termini di potenzialità di sviluppo di conoscenze e competenze, pervenendo a una ripartizione dell’Italia per gruppi di province che appaiono caratterizzate da una relativa similarità di valori rispetto ad un insieme di variabili che riflettono lo stato dell’istruzione, dell’economia, e del contesto sociale ed istituzionale
2009
978-88-568-1051-6
Capitale umano; divari territoriali; economia regionale
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