Le partizioni linguistiche di un territorio rappresentano il punto di partenza per ogni descrizione dei sistemi linguistici. L’introduzione in dialettologia del concetto di isoglossa (cfr. Merlo 1933) si fonda sulla individuazione di confini, sulla presenza o assenza di fenomeni linguistici definiti e usati come caratterizzanti. Oggi questo concetto costituisce l’oggetto di un forte dibattito teorico. Infatti pur continuando ad essere utile la ricerca di tratti comuni atti a identificare zone di omogeneità linguistica, non possono essere ignorate le obiezioni che mettono in luce la non conformità di alcuni aspetti, spesso anche molto rilevanti, che dimostrano che la diffusione di alcuni fenomeni linguistici può, contemporaneamente, creare zone omogenee (cfr. il corridoio linguistico Trumper 1997) e altre in cui uno stesso fenomeno segue dei percorsi differenti e la cui determinazione e spiegazione è molto diversa (eventi catastrofici naturali quali terremoti o maremoti cfr Trumper et al. 2000). Ciò porta inevitabilmente a dei quadri molto disomogenei (relativamente alla presenza di un particolare fenomeno) e ad una grandissima variabilità. La letteratura dialettologica degli ultimi decenni ha rivolto particolare attenzione a territori fortemente ricchi e variegati e a ciò devono essere aggiunti studi di sociolinguistica sulla lingua parlata da emigrati interni e immigrati europei o extraeuropei dove spesso la L2 è costituita proprio da un dialetto. Tra i primi studi dialettologici aventi come oggetto il territorio calabrese vi fu quello di Lausberg (1939); mentre la prima creazione di una mappa dialettale dei confini linguistici è stata oggetto di indagine negli anni ’70 negli studi di Gerhard Rohlfs in cui si tracciava un’area di confine che divideva la Calabria dialettale in una zona meridionale (o greca) ed una settentrionale (o latina) basandosi anche su aspetti sostratistici e su tutte le macrodifferenze che ne possono derivare da un punto di vista linguistico. Attraverso un’analisi sui differenti sistemi vocalici esistenti Falcone (1976) propose invece una tripartizione della Calabria. La questione della identificazione di precise aree dialettali è stata affrontata, negli anni novanta, anche da Trumper il quale, analizzando diversi parametri quali ad esempio quelli fonologici (vocalismo sardo vs vocalismo siciliano, assimilazione del nesso di nasale + occlusiva sonora: mb>mm, nd>nn), morfologici (differenze nella morfologia verbale) e sintattici (realizzazione di strategie infinitivali) presenti in Calabria, ha individuato una ripartizione della regione in quattro parti. Partendo dai risultati ottenuti negli studi sopracitati, il presente contributo si ripropone di fornire una nuova e aggiornata mappa linguistica volta ad una analisi acustica e ad una classificazione degli attuali confini linguistici calabresi. Si intende fare luce sulla fondatezza del concetto di isoglossa inteso fino ad ora dalla precedente letteratura dialettologica calabrese, verificando in particolar modo la sua attendibilità e verosimiglianza nell’epoca attuale. Ci si domanda quindi se sono ancora realmente esistenti ed attuali i confini linguistici netti o se dovrà essere necessario tracciarne di nuovi, osservando eventuali cambiamenti rispetto ai dati forniti dalle ricerche passate e con essi le dinamiche linguistiche di isoglosse in una stessa regione e in uno spazio temporale di circa 40 anni. Negli ultimi anni è infatti sempre più diffuso il fenomeno del contatto linguistico, ovvero un contatto per periodi più o meno prolungati tra lingue, o varietà di esse, diverse che si succedono in quanto codici usati da differenti parlanti di una certa area geografica, più o meno estesa e più o meno omogenea. L’odierna società è oramai fortemente globalizzata e per diverse esigenze si è spesso costretti a spostamenti attraverso i quali si entra in contatto con diversi sistemi linguistici. Alla luce di questa realtà ci si chiede dunque se sia ancora possibile individuare con esattezza precise isoglosse in un territorio già linguisticamente molto complesso (dialetti, italiano regionale, lingue minoritarie e lingue straniere) quale quello della Calabria. La risposta a tale quesito ci sarà fornita da un’analisi linguistica al livello fonetico-fonologico di registrazioni di parlanti calabresi. È previsto uno studio diacronico in cui saranno comparate registrazioni del passato a partire dagli anni ‘60 presenti nell’archivio sonoro calabrese e registrazioni attuali, nonché uno studio sincronico dove si analizzeranno diversi parametri proprio nelle aree di confine linguistico.

Verso una ridefinizione dei confini linguistici dialettali: uno studio fonetico-fonologico in alcuni centri della Calabria

ROMITO, Luciano;
2011-01-01

Abstract

Le partizioni linguistiche di un territorio rappresentano il punto di partenza per ogni descrizione dei sistemi linguistici. L’introduzione in dialettologia del concetto di isoglossa (cfr. Merlo 1933) si fonda sulla individuazione di confini, sulla presenza o assenza di fenomeni linguistici definiti e usati come caratterizzanti. Oggi questo concetto costituisce l’oggetto di un forte dibattito teorico. Infatti pur continuando ad essere utile la ricerca di tratti comuni atti a identificare zone di omogeneità linguistica, non possono essere ignorate le obiezioni che mettono in luce la non conformità di alcuni aspetti, spesso anche molto rilevanti, che dimostrano che la diffusione di alcuni fenomeni linguistici può, contemporaneamente, creare zone omogenee (cfr. il corridoio linguistico Trumper 1997) e altre in cui uno stesso fenomeno segue dei percorsi differenti e la cui determinazione e spiegazione è molto diversa (eventi catastrofici naturali quali terremoti o maremoti cfr Trumper et al. 2000). Ciò porta inevitabilmente a dei quadri molto disomogenei (relativamente alla presenza di un particolare fenomeno) e ad una grandissima variabilità. La letteratura dialettologica degli ultimi decenni ha rivolto particolare attenzione a territori fortemente ricchi e variegati e a ciò devono essere aggiunti studi di sociolinguistica sulla lingua parlata da emigrati interni e immigrati europei o extraeuropei dove spesso la L2 è costituita proprio da un dialetto. Tra i primi studi dialettologici aventi come oggetto il territorio calabrese vi fu quello di Lausberg (1939); mentre la prima creazione di una mappa dialettale dei confini linguistici è stata oggetto di indagine negli anni ’70 negli studi di Gerhard Rohlfs in cui si tracciava un’area di confine che divideva la Calabria dialettale in una zona meridionale (o greca) ed una settentrionale (o latina) basandosi anche su aspetti sostratistici e su tutte le macrodifferenze che ne possono derivare da un punto di vista linguistico. Attraverso un’analisi sui differenti sistemi vocalici esistenti Falcone (1976) propose invece una tripartizione della Calabria. La questione della identificazione di precise aree dialettali è stata affrontata, negli anni novanta, anche da Trumper il quale, analizzando diversi parametri quali ad esempio quelli fonologici (vocalismo sardo vs vocalismo siciliano, assimilazione del nesso di nasale + occlusiva sonora: mb>mm, nd>nn), morfologici (differenze nella morfologia verbale) e sintattici (realizzazione di strategie infinitivali) presenti in Calabria, ha individuato una ripartizione della regione in quattro parti. Partendo dai risultati ottenuti negli studi sopracitati, il presente contributo si ripropone di fornire una nuova e aggiornata mappa linguistica volta ad una analisi acustica e ad una classificazione degli attuali confini linguistici calabresi. Si intende fare luce sulla fondatezza del concetto di isoglossa inteso fino ad ora dalla precedente letteratura dialettologica calabrese, verificando in particolar modo la sua attendibilità e verosimiglianza nell’epoca attuale. Ci si domanda quindi se sono ancora realmente esistenti ed attuali i confini linguistici netti o se dovrà essere necessario tracciarne di nuovi, osservando eventuali cambiamenti rispetto ai dati forniti dalle ricerche passate e con essi le dinamiche linguistiche di isoglosse in una stessa regione e in uno spazio temporale di circa 40 anni. Negli ultimi anni è infatti sempre più diffuso il fenomeno del contatto linguistico, ovvero un contatto per periodi più o meno prolungati tra lingue, o varietà di esse, diverse che si succedono in quanto codici usati da differenti parlanti di una certa area geografica, più o meno estesa e più o meno omogenea. L’odierna società è oramai fortemente globalizzata e per diverse esigenze si è spesso costretti a spostamenti attraverso i quali si entra in contatto con diversi sistemi linguistici. Alla luce di questa realtà ci si chiede dunque se sia ancora possibile individuare con esattezza precise isoglosse in un territorio già linguisticamente molto complesso (dialetti, italiano regionale, lingue minoritarie e lingue straniere) quale quello della Calabria. La risposta a tale quesito ci sarà fornita da un’analisi linguistica al livello fonetico-fonologico di registrazioni di parlanti calabresi. È previsto uno studio diacronico in cui saranno comparate registrazioni del passato a partire dagli anni ‘60 presenti nell’archivio sonoro calabrese e registrazioni attuali, nonché uno studio sincronico dove si analizzeranno diversi parametri proprio nelle aree di confine linguistico.
2011
978-88-7870-619-4
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11770/161761
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