Come si apprende nelle mutate condizioni di un ambiente culturale come quello attuale, fortemente caratterizzato dal nostro essere always on? È, questo, un punto di domanda cruciale per una riflessione feconda sulla crisi del fare educativo. Se – come ha affermato McLuhan (1964) – la mediazione comunicativa è una condizione stabile della vita umana, oggi sembra esserlo in un modo del tutto diverso. Rivolgendo l’attenzione a quel modo inedito di comunicare che non si limita a usare i media ma li abita (Boccia Artieri 2004), occorre ripensare l’apprendimento nella cornice dei processi di declino di quasi tutte le forme tradizionali di mediazione sociale (Morcellini 1997) e alla luce dei processi d’innovazione introdotti dalle tecnologie digitali e di Rete (Rivoltella 2007). Si tratta di fronteggiare l’impatto con una serie di questioni che si aprono al confine tra comunicazione ed educazione, sollevate o riproposte sotto una nuova luce dalla svolta introdotta dalla connettività tecnologica e sociale della Rete (Greco 2014).In un saggio dal titolo emblematico, Rethinking Learning in the Digital Age (2002), Resnick evidenzia come le tecnologie digitali e di Rete trasformino profondamente le modalità e i contenuti di ciò che le persone apprendono e invita a ripensare l’apprendimento come un’esperienza che dura tutto il giorno e tutta la vita. Secondo l’autore, tali tecnologie rendono possibile una “rivoluzione dell’apprendimento” nel campo dell’istruzione, ma non la possono garantire fintanto che si continuerà a concentrare l’attenzione solo sull’informazione: una visione, questa, limitata e distorta sia sul piano dell’apprendimento sia su quello della tecnologia. Come ha dimostrato la ricerca educativa, a partire dall’opera pionieristica di Piaget, l’apprendimento non è una semplice trasmissione dell’informazione da riversare nelle teste delle persone, ma un processo attivo in cui le persone costruiscono conoscenze attraverso pratiche di esplorazione, sperimentazione, discussione, riflessione. Analogamente, le tecnologie digitali e di Rete non sono semplici macchine che trattano l’informazione, ma un ambiente in cui le persone possono esprimersi e creare; e, se le migliori esperienze di apprendimento avvengono proprio quando siamo coinvolti nella creazione di cose che sono significative sia per noi sia per gli altri intorno a noi (Papert 1993), tali tecnologie consentono di realizzare attività di co-progettazione che offrono l’opportunità di migliorare ciò che le persone possono creare e ciò che possono apprendere creando (Resnick 1998).Nell’Editoriale del n. 5/2015 di «Mediascapes Journal», dedicato a un tema altrettanto emblematico, Educare/educarsi nell’ambiente digitale, Maragliano e Pireddu invitano a ripensare il medium didattico. Si tratta di fare i conti con la forma di sapere che la Rete porta alla luce, un “sapere uniduale” (Morin 1989), ovvero multicodice, connettivo, aperto, acentrico, operativo, condiviso che non esclude, anzi include al suo interno conoscenze monocodice, autonome, chiuse, riflessive, personali, un sapere estraneo alle rappresentazioni correnti dell’educato e dell’educante che, nel bussare alle porte della scuola (e dell’università), o talora entrandoci, inevitabilmente ne intacca l’identità culturale e didattica. Dentro l’infrastruttura tecnologica e culturale della Rete (perennemente mobile), saltano le tradizionali distinzioni di forma e di sostanza tra la cultura “nobile” (veicolata e sancita dai media della stampa) e la cultura “materiale” (veicolata e sancita dai media della audiovisione), ed emerge una rappresentazione del sapere dove l’operatività, l’affettività, la relazionalità si intrecciano intimamente con la cognizione, in una visione ampia di esperienza e dei suoi rapporti con l’apprendere, perché la Rete è, al tempo stesso, astrazione e partecipazione, analisi e immersione, riflessione e azione, secondo dinamiche che, di volta in volta, concedono a ciascuno di questi elementi di assumere una funzione metacomunicativa (Maragliano, Pireddu 2015). Sulla base di questi presupposti teorici, il contributo propone una riflessione di stringente interesse sociologico sulla relazione tra comunicazione ed educazione, che individua nella specifica forma di mediazione introdotta dalla Rete (connettività tecnologica e sociale) l’occasione per un ripensamento radicale della sostanza stessa dell’educare, a patto che l’innovazione dell’educazione intesa nella sua accezione più ampia, e dunque comprensiva della componente formale (la scuola), non formale (le istituzioni educative) e informale (la comunicazione sociale), non si traduca in una resa incondizionata dell’apprendimento alle tecnologie dell’istruzione, poiché, ammesso e non concesso che «le nuove tecnologie ci stanno dando la libertà di non dover scegliere» (come recita una nota pubblicità televisiva), uno dei compiti fondamentali dell’educazione, oggi come ieri, rimane quello di renderci liberi fornendo a tutti e a ciascuno la libertà di scegliere.

L’apprendimento nell’era della connettività: una riflessione sociologica al confine tra comunicazione ed educazione

GRECO, Giovannella
2017-01-01

Abstract

Come si apprende nelle mutate condizioni di un ambiente culturale come quello attuale, fortemente caratterizzato dal nostro essere always on? È, questo, un punto di domanda cruciale per una riflessione feconda sulla crisi del fare educativo. Se – come ha affermato McLuhan (1964) – la mediazione comunicativa è una condizione stabile della vita umana, oggi sembra esserlo in un modo del tutto diverso. Rivolgendo l’attenzione a quel modo inedito di comunicare che non si limita a usare i media ma li abita (Boccia Artieri 2004), occorre ripensare l’apprendimento nella cornice dei processi di declino di quasi tutte le forme tradizionali di mediazione sociale (Morcellini 1997) e alla luce dei processi d’innovazione introdotti dalle tecnologie digitali e di Rete (Rivoltella 2007). Si tratta di fronteggiare l’impatto con una serie di questioni che si aprono al confine tra comunicazione ed educazione, sollevate o riproposte sotto una nuova luce dalla svolta introdotta dalla connettività tecnologica e sociale della Rete (Greco 2014).In un saggio dal titolo emblematico, Rethinking Learning in the Digital Age (2002), Resnick evidenzia come le tecnologie digitali e di Rete trasformino profondamente le modalità e i contenuti di ciò che le persone apprendono e invita a ripensare l’apprendimento come un’esperienza che dura tutto il giorno e tutta la vita. Secondo l’autore, tali tecnologie rendono possibile una “rivoluzione dell’apprendimento” nel campo dell’istruzione, ma non la possono garantire fintanto che si continuerà a concentrare l’attenzione solo sull’informazione: una visione, questa, limitata e distorta sia sul piano dell’apprendimento sia su quello della tecnologia. Come ha dimostrato la ricerca educativa, a partire dall’opera pionieristica di Piaget, l’apprendimento non è una semplice trasmissione dell’informazione da riversare nelle teste delle persone, ma un processo attivo in cui le persone costruiscono conoscenze attraverso pratiche di esplorazione, sperimentazione, discussione, riflessione. Analogamente, le tecnologie digitali e di Rete non sono semplici macchine che trattano l’informazione, ma un ambiente in cui le persone possono esprimersi e creare; e, se le migliori esperienze di apprendimento avvengono proprio quando siamo coinvolti nella creazione di cose che sono significative sia per noi sia per gli altri intorno a noi (Papert 1993), tali tecnologie consentono di realizzare attività di co-progettazione che offrono l’opportunità di migliorare ciò che le persone possono creare e ciò che possono apprendere creando (Resnick 1998).Nell’Editoriale del n. 5/2015 di «Mediascapes Journal», dedicato a un tema altrettanto emblematico, Educare/educarsi nell’ambiente digitale, Maragliano e Pireddu invitano a ripensare il medium didattico. Si tratta di fare i conti con la forma di sapere che la Rete porta alla luce, un “sapere uniduale” (Morin 1989), ovvero multicodice, connettivo, aperto, acentrico, operativo, condiviso che non esclude, anzi include al suo interno conoscenze monocodice, autonome, chiuse, riflessive, personali, un sapere estraneo alle rappresentazioni correnti dell’educato e dell’educante che, nel bussare alle porte della scuola (e dell’università), o talora entrandoci, inevitabilmente ne intacca l’identità culturale e didattica. Dentro l’infrastruttura tecnologica e culturale della Rete (perennemente mobile), saltano le tradizionali distinzioni di forma e di sostanza tra la cultura “nobile” (veicolata e sancita dai media della stampa) e la cultura “materiale” (veicolata e sancita dai media della audiovisione), ed emerge una rappresentazione del sapere dove l’operatività, l’affettività, la relazionalità si intrecciano intimamente con la cognizione, in una visione ampia di esperienza e dei suoi rapporti con l’apprendere, perché la Rete è, al tempo stesso, astrazione e partecipazione, analisi e immersione, riflessione e azione, secondo dinamiche che, di volta in volta, concedono a ciascuno di questi elementi di assumere una funzione metacomunicativa (Maragliano, Pireddu 2015). Sulla base di questi presupposti teorici, il contributo propone una riflessione di stringente interesse sociologico sulla relazione tra comunicazione ed educazione, che individua nella specifica forma di mediazione introdotta dalla Rete (connettività tecnologica e sociale) l’occasione per un ripensamento radicale della sostanza stessa dell’educare, a patto che l’innovazione dell’educazione intesa nella sua accezione più ampia, e dunque comprensiva della componente formale (la scuola), non formale (le istituzioni educative) e informale (la comunicazione sociale), non si traduca in una resa incondizionata dell’apprendimento alle tecnologie dell’istruzione, poiché, ammesso e non concesso che «le nuove tecnologie ci stanno dando la libertà di non dover scegliere» (come recita una nota pubblicità televisiva), uno dei compiti fondamentali dell’educazione, oggi come ieri, rimane quello di renderci liberi fornendo a tutti e a ciascuno la libertà di scegliere.
2017
978-88-917-6094-4
Connettività, Esperienza, Apprendimento
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11770/162334
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