Nel tempo della complessità, le dinamiche formative che declinano l’esistenza umana sono continuamente minacciate dal dilagare di nuovi e attraenti stili di vita che rischiano di deviare la persona verso modalità esistenziali che non rispondono ai suoi bisogni più autentici. L’intera esistenza si identifica con il processo formativo individuale, anelito vitale di realizzazione “dell’umanamente possibile” attraverso le molteplici “dimensioni o sfere della personalità: da quella biologica e corporea, a quella etica e politica”. Intento prioritario del presente saggio è in primis quello di analizzare i nessi, le simmetrie e le specificità che legano la pedagogia critica, intesa come apertura emancipativa ed autentica ricerca di senso dell’umana esistenza, all’ultima stagione della vita, la senescenza momento di completamento dell’intero corso formativo che si è esperito vivendo a lungo. Ciascuna stagione della vita ha proprie peculiarità e caratteristiche. L’ultima età, la senescenza, rappresenta simbolicamente, il traguardo, il punto di arrivo, di completamento, dell’intero percorso, in cui l’anziano può completare – sempre considerando da una prospettiva positiva il divenire cronologico dell’esistenza come un accrescimento armonico dell’interiorità – con le ultime pennellate l’affresco (forse l’opera d’arte) rappresentata dall’intero corso della sua esistenza. La formazione umana rappresenta una categoria cardine della riflessione pedagogica: il processo educativo – inteso in senso molto ampio come insieme sia di azioni educative intenzionali, sia di accadimenti esistenziali spontanei – riesce ad attivare la dialettica della formazione al fine di condurre il soggetto alla conquista di una dimensione propriamente umana dell’esistenza. La relazionalità umana caratterizza i singoli individui come entità uniche ed irripetibili; attraverso la relazione si compiono processi educativi spontanei ed intenzionali che formano l’individuo per tutto il corso della sua esistenza. Le complesse dinamiche che caratterizzano la formazione come processo sono difficilmente individuabili nel loro insieme, proprio perché uno degli elementi cardine del variegato svolgimento della formazione umana è rappresentato dallo stadio interattivo del soggetto con il mondo, dai nessi imponderabili dell’individuo con i fatti della vita. Il darsi forma, il riconoscersi e l’essere riconosciuti in quella forma si declinano direttamente con le procedure di costituzione dell’identità personale, con il sé. Attraverso le separazioni e le riunificazioni dell’io soggettivo e del me oggettivo nasce la relazionalità io/altro e io/mondo, la reciprocità, quindi i nessi sociali costitutivi dell’intera esistenza. La maturazione della vita e l’invecchiamento restituiscono istanze differenti rispetto alla giovinezza ed all’età adulta: mutano le aspettative, i desideri, le modalità di interazione con se stessi e con gli altri, cambia la vita stessa dell’uomo. Uno dei guasti esistenziali maggiori deriva dal voler vivere differentemente rispetto alle tensioni della propria età: il desiderio di alcuni anziani di voler vivere conformemente ai giovani, perché “troppe cose restano che molti non hanno vissuto e che del resto con la migliore volontà del mondo non avrebbero potuto vivere; questi soggetti arrivano alla soglia della vecchiaia carichi di desideri non realizzati, che li costringono a volgere involontariamente lo sguardo verso il passato. Per uomini simili il volgersi indietro è particolarmente dannoso”. La vecchiaia va vissuta con spensieratezza e consapevolezza, senza volerla sostituire con una fase precedente dell’esistenza. Osservando le varie fasi evolutive della vita dell’uomo, possiamo indicare proprio nella vecchiaia il momento in cui l’individuo, interiorizzando gli accadimenti di tutta la sua esistenza è, solitamente, meno incline ai mascheramenti ed alle inautenticità esistenziali che hanno declinato buona parte della sua vita. Come se le trasformazioni esistenziali e la precarietà del vivere dell’anziano fossero funzionali ai processi di introspezione che declinano questa fase della vita. Per elevarsi interiormente e svelare il proprium caratteristico individuale, l’identità, bisogna abbattere gli steccati che vincolano il mondo ad una visione soggetiva e narcisistica; solo superando i gioghi della reattività e del determinismo causa-effetto, l’anziano può autenticamente ascendere alla sua natura più autentica. Declinare l’esistenza su assunti di responsabilità e di senso coltivando una profonda spinta interiore di emancipazione come anelito di libertà, oppure fare prevalere il vuoto, il non senso, e relegare se stessi nel dimenticatoio e nell’oblio. Queste due istanze contrapposte possono appartenere alla vecchiaia: la ricerca di senso, oppure al contrario, l’abbandono ed il compatimento di sé. E’ opportuno, a questo punto, precisare che il focus di osservazione di questo tentativo di analisi vuole sostenere l’imago della vecchiaia come momento fondamentale di emancipazione e di auto formazione, come momento di completamento di tutte le dinamiche di evoluzione e di crescita interiore (il prender forma) che hanno declinato l’intero corso dell’esistenza individuale. L’anziano tende spontaneamente ad auto-analizzarsi facendo emergere da sé i ricordi e gli accadimenti esistenziali, al fine di rielaborarli ed ermeneuticamente risignificarli, per trovare nuove significanze educative e valoriali. Avendo esperito tutte le successioni educative e formative nell’intero corso della sua esistenza egli le testimonia, anzitutto, attraverso i racconti autobiografici, ripercorrendo i tratti della sua esistenza e raccogliendo i frutti ermeneutici dell’esperienza.
L’ermeneutica esistenziale in prospettiva critica. I processi formativi della senescenza
BOSSIO, Francesco
2010-01-01
Abstract
Nel tempo della complessità, le dinamiche formative che declinano l’esistenza umana sono continuamente minacciate dal dilagare di nuovi e attraenti stili di vita che rischiano di deviare la persona verso modalità esistenziali che non rispondono ai suoi bisogni più autentici. L’intera esistenza si identifica con il processo formativo individuale, anelito vitale di realizzazione “dell’umanamente possibile” attraverso le molteplici “dimensioni o sfere della personalità: da quella biologica e corporea, a quella etica e politica”. Intento prioritario del presente saggio è in primis quello di analizzare i nessi, le simmetrie e le specificità che legano la pedagogia critica, intesa come apertura emancipativa ed autentica ricerca di senso dell’umana esistenza, all’ultima stagione della vita, la senescenza momento di completamento dell’intero corso formativo che si è esperito vivendo a lungo. Ciascuna stagione della vita ha proprie peculiarità e caratteristiche. L’ultima età, la senescenza, rappresenta simbolicamente, il traguardo, il punto di arrivo, di completamento, dell’intero percorso, in cui l’anziano può completare – sempre considerando da una prospettiva positiva il divenire cronologico dell’esistenza come un accrescimento armonico dell’interiorità – con le ultime pennellate l’affresco (forse l’opera d’arte) rappresentata dall’intero corso della sua esistenza. La formazione umana rappresenta una categoria cardine della riflessione pedagogica: il processo educativo – inteso in senso molto ampio come insieme sia di azioni educative intenzionali, sia di accadimenti esistenziali spontanei – riesce ad attivare la dialettica della formazione al fine di condurre il soggetto alla conquista di una dimensione propriamente umana dell’esistenza. La relazionalità umana caratterizza i singoli individui come entità uniche ed irripetibili; attraverso la relazione si compiono processi educativi spontanei ed intenzionali che formano l’individuo per tutto il corso della sua esistenza. Le complesse dinamiche che caratterizzano la formazione come processo sono difficilmente individuabili nel loro insieme, proprio perché uno degli elementi cardine del variegato svolgimento della formazione umana è rappresentato dallo stadio interattivo del soggetto con il mondo, dai nessi imponderabili dell’individuo con i fatti della vita. Il darsi forma, il riconoscersi e l’essere riconosciuti in quella forma si declinano direttamente con le procedure di costituzione dell’identità personale, con il sé. Attraverso le separazioni e le riunificazioni dell’io soggettivo e del me oggettivo nasce la relazionalità io/altro e io/mondo, la reciprocità, quindi i nessi sociali costitutivi dell’intera esistenza. La maturazione della vita e l’invecchiamento restituiscono istanze differenti rispetto alla giovinezza ed all’età adulta: mutano le aspettative, i desideri, le modalità di interazione con se stessi e con gli altri, cambia la vita stessa dell’uomo. Uno dei guasti esistenziali maggiori deriva dal voler vivere differentemente rispetto alle tensioni della propria età: il desiderio di alcuni anziani di voler vivere conformemente ai giovani, perché “troppe cose restano che molti non hanno vissuto e che del resto con la migliore volontà del mondo non avrebbero potuto vivere; questi soggetti arrivano alla soglia della vecchiaia carichi di desideri non realizzati, che li costringono a volgere involontariamente lo sguardo verso il passato. Per uomini simili il volgersi indietro è particolarmente dannoso”. La vecchiaia va vissuta con spensieratezza e consapevolezza, senza volerla sostituire con una fase precedente dell’esistenza. Osservando le varie fasi evolutive della vita dell’uomo, possiamo indicare proprio nella vecchiaia il momento in cui l’individuo, interiorizzando gli accadimenti di tutta la sua esistenza è, solitamente, meno incline ai mascheramenti ed alle inautenticità esistenziali che hanno declinato buona parte della sua vita. Come se le trasformazioni esistenziali e la precarietà del vivere dell’anziano fossero funzionali ai processi di introspezione che declinano questa fase della vita. Per elevarsi interiormente e svelare il proprium caratteristico individuale, l’identità, bisogna abbattere gli steccati che vincolano il mondo ad una visione soggetiva e narcisistica; solo superando i gioghi della reattività e del determinismo causa-effetto, l’anziano può autenticamente ascendere alla sua natura più autentica. Declinare l’esistenza su assunti di responsabilità e di senso coltivando una profonda spinta interiore di emancipazione come anelito di libertà, oppure fare prevalere il vuoto, il non senso, e relegare se stessi nel dimenticatoio e nell’oblio. Queste due istanze contrapposte possono appartenere alla vecchiaia: la ricerca di senso, oppure al contrario, l’abbandono ed il compatimento di sé. E’ opportuno, a questo punto, precisare che il focus di osservazione di questo tentativo di analisi vuole sostenere l’imago della vecchiaia come momento fondamentale di emancipazione e di auto formazione, come momento di completamento di tutte le dinamiche di evoluzione e di crescita interiore (il prender forma) che hanno declinato l’intero corso dell’esistenza individuale. L’anziano tende spontaneamente ad auto-analizzarsi facendo emergere da sé i ricordi e gli accadimenti esistenziali, al fine di rielaborarli ed ermeneuticamente risignificarli, per trovare nuove significanze educative e valoriali. Avendo esperito tutte le successioni educative e formative nell’intero corso della sua esistenza egli le testimonia, anzitutto, attraverso i racconti autobiografici, ripercorrendo i tratti della sua esistenza e raccogliendo i frutti ermeneutici dell’esperienza.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.