La governance fa riferimento allo sviluppo di forme di governo in cui i confini tra e nei settori pubblici e privati non sono più netti. Da un lato, si abbandona la logica gerarchica che rende lo Stato regolatore sovraordinato agli altri soggetti (government) e dall’altro si richiede ai vari soggetti di partecipare ai processi di governance in quanto tutti dotati di risorse specifiche, di potere da esercitare, di responsabilità da assumere riconoscendo loro poi la possibilità di usufruire dei benefici attesi dall’esito delle spesse policies. La Comunità Europea ha individuato questa prassi come “meccanismo moltiplicatore” delle risorse impiegate e come una strada che consente il conseguimento dei risultati attesi nei processi di sviluppo locale e in quelli volti all’equiparazione delle condizioni di vita quanti-qualitative delle regioni europee. Molte politiche di sviluppo locale si fondano sulla costituzione di partenariati misti pubblico-privati e diverse sono dunque le esperienze di governance territoriale che si sono date a livello italiano a partire soprattutto dagli anni novanta del 900, come i piani strategici urbani, le intese istituzionali di programma, i patti territoriali, i contratti d‚area e i Gruppi di azione locale. In presenza di un programma di finanziamento però, che preclude l’accesso alle risorse a coloro che non si costituiscono in partenariato il rischio è che questo sia inteso dalle parti più come uno strumento di reperimento di risorse che non come una possibilità da impiegare per promuovere uno sviluppo locale. Nel Mezzogiorno, in presenza di rapporti particolaristici diffusi e dove la capacità di azione dei soggetti pubblici è ancora spesso legata a logiche burocratiche, quando non clientelari, perché si dia un processo di governance appare necessario che i programmi di intervento non diano per scontato che questo avvenga semplicemente istituendo i partenariati ma che si attivino meccanismi che facilitano l’affermazione del processo. Con riferimento a questi ultimi, tra gli altri, appare molto importante: a)promuovere azioni immateriali di animazione del territorio che insegnino e abituino i soggetti locali a partecipare alla costruzione del loro sviluppo attraverso la costituzioni di reti a livello territoriale; b) costituire rapporti stabili con soggetti esterni alle aree. Uno sviluppo endogeno infatti non può implicare la chiusura del territorio ma, nell’era globalizzata, è necessario che gli attori locali siano in grado di stabilire reti di relazioni non gerarchizzate , per evitare di dar vita ad un localismo asfittico. Abituare con azioni finanziate i soggetti locali a confrontarsi con realtà altre diventa, dunque, uno strumento molto efficace sia per introdurre innovazione nei territori che per individuare nuovi mercati di sbocco per le imprese. Questo paper, a partire dal dibattito teorico sulla governance locale e sullo sviluppo dal basso, si propone di analizzare i limiti e le potenzialità degli attuali processi di governance locale. L’attenzione viene, dunque, posta sugli elementi facilitatori e quelli di ostacolo del processo per come emerge dalle esperienze maturate nel Mezzogiorno d‚Italia, in particolare, dai Gruppi di azione locale (GAL) e dai Patti territoriali nazionali.
Limiti e potenzialità dei processi di governance locale
SIVINI, SILVIA
2006-01-01
Abstract
La governance fa riferimento allo sviluppo di forme di governo in cui i confini tra e nei settori pubblici e privati non sono più netti. Da un lato, si abbandona la logica gerarchica che rende lo Stato regolatore sovraordinato agli altri soggetti (government) e dall’altro si richiede ai vari soggetti di partecipare ai processi di governance in quanto tutti dotati di risorse specifiche, di potere da esercitare, di responsabilità da assumere riconoscendo loro poi la possibilità di usufruire dei benefici attesi dall’esito delle spesse policies. La Comunità Europea ha individuato questa prassi come “meccanismo moltiplicatore” delle risorse impiegate e come una strada che consente il conseguimento dei risultati attesi nei processi di sviluppo locale e in quelli volti all’equiparazione delle condizioni di vita quanti-qualitative delle regioni europee. Molte politiche di sviluppo locale si fondano sulla costituzione di partenariati misti pubblico-privati e diverse sono dunque le esperienze di governance territoriale che si sono date a livello italiano a partire soprattutto dagli anni novanta del 900, come i piani strategici urbani, le intese istituzionali di programma, i patti territoriali, i contratti d‚area e i Gruppi di azione locale. In presenza di un programma di finanziamento però, che preclude l’accesso alle risorse a coloro che non si costituiscono in partenariato il rischio è che questo sia inteso dalle parti più come uno strumento di reperimento di risorse che non come una possibilità da impiegare per promuovere uno sviluppo locale. Nel Mezzogiorno, in presenza di rapporti particolaristici diffusi e dove la capacità di azione dei soggetti pubblici è ancora spesso legata a logiche burocratiche, quando non clientelari, perché si dia un processo di governance appare necessario che i programmi di intervento non diano per scontato che questo avvenga semplicemente istituendo i partenariati ma che si attivino meccanismi che facilitano l’affermazione del processo. Con riferimento a questi ultimi, tra gli altri, appare molto importante: a)promuovere azioni immateriali di animazione del territorio che insegnino e abituino i soggetti locali a partecipare alla costruzione del loro sviluppo attraverso la costituzioni di reti a livello territoriale; b) costituire rapporti stabili con soggetti esterni alle aree. Uno sviluppo endogeno infatti non può implicare la chiusura del territorio ma, nell’era globalizzata, è necessario che gli attori locali siano in grado di stabilire reti di relazioni non gerarchizzate , per evitare di dar vita ad un localismo asfittico. Abituare con azioni finanziate i soggetti locali a confrontarsi con realtà altre diventa, dunque, uno strumento molto efficace sia per introdurre innovazione nei territori che per individuare nuovi mercati di sbocco per le imprese. Questo paper, a partire dal dibattito teorico sulla governance locale e sullo sviluppo dal basso, si propone di analizzare i limiti e le potenzialità degli attuali processi di governance locale. L’attenzione viene, dunque, posta sugli elementi facilitatori e quelli di ostacolo del processo per come emerge dalle esperienze maturate nel Mezzogiorno d‚Italia, in particolare, dai Gruppi di azione locale (GAL) e dai Patti territoriali nazionali.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.