Che gli esseri umani siano in grado di decodificare correttamente produzioni emotive con probabilità che vanno ben oltre la pura casualità è un dato oramai consolidato che emerge da numerosi studi sull’argomento anche nel caso in cui si affronti la tematica del parlato emotivo in lingue diverse dalla propria, come si evince dalle ricerche condotte sino ad oggi in contesti cross-linguistici e cross-culturali (si vedano proprio su quest’ultimo aspetto Kramer, 1964; Beier & Zautra, 1972; Solomon & Ali, 1975; McCluskey et al. 1975; Albas et al. 1976; McCluskey & Albas, 1981; Van Bezooijen et al. 1983; Magno Caldognetto & Kori, 1983; Rintell, 1984; Roseberry-McKibbin & Brice, 1999; Tickle, 1999 e 2000; Erickson & Maekawa, 2001; Scherer et al. 2001; Graham et al. 2001; Nakamichi et al. 2002; Shigeno, 1998 e 2003; Dromey et al. 2005; Sawamura et al. 2007; Shochi, Aubergé & Rilliard, 2007; Pell et al. 2009). Tali abilità risultano ulteriormente confermate dalla meta-analisi condotta da Laukka (2004) da cui emerge, infatti, come il decoding cross-culturale sia inferiore al decoding intra-culturale del 7% facendo inoltre rilevare la presenza di quello che viene definito in-group advantage nel riconoscimento di emozioni nella propria lingua. Il dato riportato da Laukka (op. cit.) confermerebbe quindi l’idea di Scherer et al. (2001: 78) secondo i quail “it seems reasonable to assume that the recognition of vocal emotion expressions might work across language and culture boundaries”. In questo studio ci proponiamo pertanto di verificare l’abilità da parte di soggetti di madrelingua italiana nel decodificare emozioni vocali “posate” prodotte da soggetti attori e naif in quattro lingue europee (italiano, francese, inglese e tedesco) per verificare una serie di quesiti scaturiti dall’analisi di precedenti studi. Gli obiettivi principali alla base della presente proposta sono pertanto quelli di: a. somministrare degli esperimenti di tipo percettivo a soggetti di madrelingua italiana per appurare la loro capacità di decodificare espressioni vocali emotive nella propria lingua e in lingue differenti dalla propria (inglese, francese e tedesco); b. verificare se vi sia effettivamente un in-group advantage nel riconoscimento delle emozioni vocali come evidenziato in tutti gli studi più sopra richiamati; c. verificare se vi siano differenze di riconoscimento tra produzioni realizzate da attori o da soggetti naif (Wilting et al. 2006), in cui è emersa una maggiore riconoscibilità delle emozioni prodotte da soggetti attori, soprattutto per emozioni negative; d. stabilire in che misura il grado di conoscenza e competenza della lingua presentata possa influire sul riconoscimento delle produzioni emotive presentate; e. verificare se vi siano differenze di riconoscimento riconducibili al sesso degli ascoltatori (gender-effects); f. verificare se vi siano emozioni maggiormente riconosciute; g. verificare, seguendo l’esempio di Pell et al. (2009), se alcune impressioni personali sullo svolgimento del test trovano effettivamente riscontro nei valori di riconoscimento relativi agli stimoli somministrati.
Gli italiani e il decoding di emozioni vocali in quattro lingue europee
ROMITO, Luciano
2010-01-01
Abstract
Che gli esseri umani siano in grado di decodificare correttamente produzioni emotive con probabilità che vanno ben oltre la pura casualità è un dato oramai consolidato che emerge da numerosi studi sull’argomento anche nel caso in cui si affronti la tematica del parlato emotivo in lingue diverse dalla propria, come si evince dalle ricerche condotte sino ad oggi in contesti cross-linguistici e cross-culturali (si vedano proprio su quest’ultimo aspetto Kramer, 1964; Beier & Zautra, 1972; Solomon & Ali, 1975; McCluskey et al. 1975; Albas et al. 1976; McCluskey & Albas, 1981; Van Bezooijen et al. 1983; Magno Caldognetto & Kori, 1983; Rintell, 1984; Roseberry-McKibbin & Brice, 1999; Tickle, 1999 e 2000; Erickson & Maekawa, 2001; Scherer et al. 2001; Graham et al. 2001; Nakamichi et al. 2002; Shigeno, 1998 e 2003; Dromey et al. 2005; Sawamura et al. 2007; Shochi, Aubergé & Rilliard, 2007; Pell et al. 2009). Tali abilità risultano ulteriormente confermate dalla meta-analisi condotta da Laukka (2004) da cui emerge, infatti, come il decoding cross-culturale sia inferiore al decoding intra-culturale del 7% facendo inoltre rilevare la presenza di quello che viene definito in-group advantage nel riconoscimento di emozioni nella propria lingua. Il dato riportato da Laukka (op. cit.) confermerebbe quindi l’idea di Scherer et al. (2001: 78) secondo i quail “it seems reasonable to assume that the recognition of vocal emotion expressions might work across language and culture boundaries”. In questo studio ci proponiamo pertanto di verificare l’abilità da parte di soggetti di madrelingua italiana nel decodificare emozioni vocali “posate” prodotte da soggetti attori e naif in quattro lingue europee (italiano, francese, inglese e tedesco) per verificare una serie di quesiti scaturiti dall’analisi di precedenti studi. Gli obiettivi principali alla base della presente proposta sono pertanto quelli di: a. somministrare degli esperimenti di tipo percettivo a soggetti di madrelingua italiana per appurare la loro capacità di decodificare espressioni vocali emotive nella propria lingua e in lingue differenti dalla propria (inglese, francese e tedesco); b. verificare se vi sia effettivamente un in-group advantage nel riconoscimento delle emozioni vocali come evidenziato in tutti gli studi più sopra richiamati; c. verificare se vi siano differenze di riconoscimento tra produzioni realizzate da attori o da soggetti naif (Wilting et al. 2006), in cui è emersa una maggiore riconoscibilità delle emozioni prodotte da soggetti attori, soprattutto per emozioni negative; d. stabilire in che misura il grado di conoscenza e competenza della lingua presentata possa influire sul riconoscimento delle produzioni emotive presentate; e. verificare se vi siano differenze di riconoscimento riconducibili al sesso degli ascoltatori (gender-effects); f. verificare se vi siano emozioni maggiormente riconosciute; g. verificare, seguendo l’esempio di Pell et al. (2009), se alcune impressioni personali sullo svolgimento del test trovano effettivamente riscontro nei valori di riconoscimento relativi agli stimoli somministrati.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.