L’esigenza di un rinnovato slancio nel processo d’integrazione europea potrebbe determinarsi, da un lato, attraverso una forte politica sociale d’intervento nell’economia volta a sostenere l’occupazione e la coesione sociale e territoriale; e, dall’altro, confrontandosi con la problematica dei diritti – e in particolare di quelli sociali –, spesso proclamati, ma a cui deve corrispondere una concreta tutela capace di coniugarsi con la tematica delle risorse scarse. I diritti, infatti hanno un costo e quindi presuppongono una decisione politica preliminare e costitutiva, sicché chi non si pone il problema del costo dei diritti, cioè della prevalenza del bene concretamente goduto sul diritto astrattamente e gratuitamente dichiarato, nella migliore delle ipotesi si limita a proclamarlo. Ne consegue che una possibile strada da seguire, in considerazione della determinazione delle competenze dei vari livelli di decisione (europeo, statale, regionale, locale), attiene all’individuazione e all’effettiva garanzia dei diritti dei cittadini dell’Unione europea, di cui un primo segnale di discontinuità, rispetto al passato, è costituito dal catalogo dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, ora integrante il Trattato di Lisbona. Il progetto europeo, in altri termini, deve saper coniugare l’ampliamento del potere con l’espansione, la garanzia ed il mantenimento delle libertà e dei diritti in una prospettiva di superamento del modello di accentramento burocratico degli attuali organi di governo dell’Unione europea, fondati su un debole grado di legittimazione democratica e di responsabilità politica nei confronti dei popoli europei e dei cittadini. Conclusivamente, accanto allo sforzo di positivizzare le ‘tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri’ con la codificazione della Carta dei diritti dell’Unione europea, si assegna a quest’ultima un ruolo di “ponte fra passato e futuro dell’Europa”. Il rispetto di tale catalogo di diritti potrebbe esprimere, cioè, un significativo salto di qualità rispetto al passato, da cui riprendere la ‘via dell’integrazione europea’, in quanto, in prospettiva, la tutela assicurata caso per caso, in via giurisprudenziale, lascerebbe il campo ad una protezione che, via via, acquisti una puntuale sistematicità, coinvolgendo sia il Giudice comunitario che le stesse Istituzioni comunitarie, la cui attività si ripercuoterebbe indubbiamente sugli ordinamenti nazionali.

L'Europa al bivio: uno spazio economico regolamentato od un'Europa politica dei diritti dei cittadini?

PUZZO, Fernando
2006-01-01

Abstract

L’esigenza di un rinnovato slancio nel processo d’integrazione europea potrebbe determinarsi, da un lato, attraverso una forte politica sociale d’intervento nell’economia volta a sostenere l’occupazione e la coesione sociale e territoriale; e, dall’altro, confrontandosi con la problematica dei diritti – e in particolare di quelli sociali –, spesso proclamati, ma a cui deve corrispondere una concreta tutela capace di coniugarsi con la tematica delle risorse scarse. I diritti, infatti hanno un costo e quindi presuppongono una decisione politica preliminare e costitutiva, sicché chi non si pone il problema del costo dei diritti, cioè della prevalenza del bene concretamente goduto sul diritto astrattamente e gratuitamente dichiarato, nella migliore delle ipotesi si limita a proclamarlo. Ne consegue che una possibile strada da seguire, in considerazione della determinazione delle competenze dei vari livelli di decisione (europeo, statale, regionale, locale), attiene all’individuazione e all’effettiva garanzia dei diritti dei cittadini dell’Unione europea, di cui un primo segnale di discontinuità, rispetto al passato, è costituito dal catalogo dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, ora integrante il Trattato di Lisbona. Il progetto europeo, in altri termini, deve saper coniugare l’ampliamento del potere con l’espansione, la garanzia ed il mantenimento delle libertà e dei diritti in una prospettiva di superamento del modello di accentramento burocratico degli attuali organi di governo dell’Unione europea, fondati su un debole grado di legittimazione democratica e di responsabilità politica nei confronti dei popoli europei e dei cittadini. Conclusivamente, accanto allo sforzo di positivizzare le ‘tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri’ con la codificazione della Carta dei diritti dell’Unione europea, si assegna a quest’ultima un ruolo di “ponte fra passato e futuro dell’Europa”. Il rispetto di tale catalogo di diritti potrebbe esprimere, cioè, un significativo salto di qualità rispetto al passato, da cui riprendere la ‘via dell’integrazione europea’, in quanto, in prospettiva, la tutela assicurata caso per caso, in via giurisprudenziale, lascerebbe il campo ad una protezione che, via via, acquisti una puntuale sistematicità, coinvolgendo sia il Giudice comunitario che le stesse Istituzioni comunitarie, la cui attività si ripercuoterebbe indubbiamente sugli ordinamenti nazionali.
2006
88-14-12990-8
Europa politica; deficit democratico e costituzionale ; principio di non discriminazione
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11770/167797
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