All’imbarazzante gap democratico, a tutti i livelli, di genere nella rappresentanza politica italiana si è cercato di trovare dei rimedi attraverso modifiche ed innovazioni dei sistemi elettorali per incentivare una maggiore presenza delle donne nelle istituzioni rappresentative. I più significativi espedienti, riconducibili all’espressione delle cosiddette “quote rosa”, sono riscontrabili nel riformato sistema elettorale dei comuni del 1993 – poi ritenuto incostituzionale e abrogato nel 1995 - , nel “mattarellum”, adottato nelle tre prime elezioni politiche della “seconda repubblica” per quanto riguarda la parte proporzionale, e ancora, più recentemente, in alcuni sistemi regionali con la possibilità della doppia preferenza (una per un candidato ed una per una candidata) o di un numero minimo di candidati donne presenti nelle singole liste. Valutando i numeri degli eletti sembrerebbe che i tentativi tesi a favorire una maggiore presenza di donne nelle istituzioni non siano andati a buon fine. Rimane, infatti, quasi intatto a distanza di tempo il divario esistente fra uomini e donne nella rappresentanza e, in modo particolare, nell’occupazione dei posti di maggiore responsabilità. In questo lavoro, procedendo soprattutto attraverso l’analisi elettorale e più specificatamente valutando soprattutto l’utilizzo del voto di preferenza, si riporteranno alcuni esempi riferibili ai diversi sistemi elettorali, che dimostrano l’inefficacia o il solo parziale effetto in positivo delle misure adoperate per favorire la rappresentanza politica di genere.
I “pannicelli caldi” dei sistemi elettorali per la parità di genere nella rappresentanza
DE LUCA, Roberto
2012-01-01
Abstract
All’imbarazzante gap democratico, a tutti i livelli, di genere nella rappresentanza politica italiana si è cercato di trovare dei rimedi attraverso modifiche ed innovazioni dei sistemi elettorali per incentivare una maggiore presenza delle donne nelle istituzioni rappresentative. I più significativi espedienti, riconducibili all’espressione delle cosiddette “quote rosa”, sono riscontrabili nel riformato sistema elettorale dei comuni del 1993 – poi ritenuto incostituzionale e abrogato nel 1995 - , nel “mattarellum”, adottato nelle tre prime elezioni politiche della “seconda repubblica” per quanto riguarda la parte proporzionale, e ancora, più recentemente, in alcuni sistemi regionali con la possibilità della doppia preferenza (una per un candidato ed una per una candidata) o di un numero minimo di candidati donne presenti nelle singole liste. Valutando i numeri degli eletti sembrerebbe che i tentativi tesi a favorire una maggiore presenza di donne nelle istituzioni non siano andati a buon fine. Rimane, infatti, quasi intatto a distanza di tempo il divario esistente fra uomini e donne nella rappresentanza e, in modo particolare, nell’occupazione dei posti di maggiore responsabilità. In questo lavoro, procedendo soprattutto attraverso l’analisi elettorale e più specificatamente valutando soprattutto l’utilizzo del voto di preferenza, si riporteranno alcuni esempi riferibili ai diversi sistemi elettorali, che dimostrano l’inefficacia o il solo parziale effetto in positivo delle misure adoperate per favorire la rappresentanza politica di genere.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.