«Tutte le sfere ruotano intorno al Sole come al loro punto centrale e pertanto il centro dell’universo è interno al Sole. […] Il moto della sola Terra è pertanto sufficiente a spiegare tutte le disuguaglianze che appaiono nel cielo». Possiamo rintracciare simbolicamente in questo breve periodo del De rivolutionibus orbium caelestium di Niccolò Copernico l’avvio di quel vasto movimento gnoseologico che gli storici della filosofia e gli epistemologi hanno indicato come Rivoluzione scientifica. Temporalmente questa rivoluzione di pensiero viene situata dal 1543, anno di pubblicazione del De rivolutionibus, al 1687, anno in cui vede le stampe il Philosophiae naturalis principia mathematica di Isaac Newton. Da questi assunti possiamo considerare il 1543 come fine del medioevo e l’inizio dell’era moderna. Copernico mostra come l’immagine aristotelico-tolemaica della Terra al centro dell’universo sia falsa; il Sole viene ora riconosciuto come unico centro intorno cui ruotano i vari pianeti e la terra tra questi: muta l’imago della Terra come luogo privilegiato nell’universo e consequenzialmente, muta la rappresentazione che l’uomo ha di sé, ora non più percepito come creatura privilegiata di tutto ciò che esiste. L’immagine dell’uomo come creatura divina, manifestazione più alta del creato, lentamente inizia a perdere forza: nasce una nuova cosmogonia, si delinea un ruolo diverso dell’uomo come abitante del pianeta Terra, muta la visione della scienza. Appare sintomatico che questi cambiamenti discendano da una rifondazione radicale delle concezioni fondamentali dell’astronomia: infatti con il trattato De rivolutionibus orbium caelestium Copernico mostra come la conoscenza astronomica e quella matematica e non possano essere disgiunte. Riuscire a cogliere tutte le implicazioni che da questa rivoluzione nella riflessività si innervano in tutti i campi del sapere è opera ardua, se non impossibile. Proviamo a focalizzare l’attenzione su alcuni modelli di formazione umana, quindi pedagogici, che direttamente hanno assorbito gli assunti cardine della rivoluzione scientifica, della nuova modernità, ed hanno restituito paradigmi che sono giunti fino ai giorni nostri: l’apprendimento non è più rigidamente organizzato . secondo i dettami medievali di educazione intesa come imitatio Cristi ma viene ripensato come processo aperto, costantemente in divenire. Da questa prospettiva per apprendere si può anche partire dal nulla, dalla tabula rasa, ed attraverso l’esperienza e la verifica ascendere verso l’acquisizione di una soggettività. La scienza moderna influenza significativamente, oltre a nuove visioni del sapere, anche una nuova teoria della mente umana: Cartesio già dalle Regulae ad directionem ingenii (1628) sviluppa nuove visioni della mente umana che amplificherà successivamente nel Discorso sul metodo (1637) e nel Trattato sulle passioni (1649). Cartesio propone l’imago della mente come cogito partendo dall’assunto cardine della identificazione primaria tra la matematica (Mathesis universalis) con la scienza della natura. Finalità precipua delle ricerche e delle speculazioni di Cartesio è dimostrare l’oggettività della ragione umana ed individuare un metodo di conoscenze valido per qualsiasi ricerca. In particolare il Discorso sul metodo presenta un elevato valore pedagogico: il saggio muove, infatti, dalla presa di coscienza dell’incertezza e dei dubbi avvertiti da Cartesio al termine dei suoi studi, allorquando, pur avendo appreso con successo tutto il sapere previsto dal curriculo formativo scolastico, scoprì la sconcertante verità della propria ignoranza. Attraverso il racconto autobiografico, Cartesio analizza i limiti del sistema scolastico del tempo e conclude riconoscendo che la tradizione umanistica, congiunta a procedure metodologiche fondate sull’autoritarismo, non garantiscono la formazione autentica di un pensiero critico e non aiutano a sviluppare reali capacità di discernimento tra vere e false opinioni. Nella speculazione cartesiana il razionalismo non rappresenta lo strumento di cui l’uomo dispone per inoltrarsi in sottili disquisizioni o sterili dissertazioni, ma è una forma di pensiero attraverso cui conoscere e modificare la realtà. La ricerca del metodo pone Cartesio come uno dei maggiori esponenti della polemica contro l’istruzione scolastica. Constatati i limiti dell’insegnamento dogmatico, egli si oppone alla cultura del passato, fondata su studi formalistici. Da un siffatto curriculo rimangono estranee le discipline matematiche, che offrono all’uomo gli strumenti intellettuali per conoscere la realtà. La chiarezza e l’analiticità del pensiero matematico consentono, infatti, all’uomo di pervenire alla prima fondamentale certezza, quella dell’io come sostanza pensante. Altra figura cardine in questo periodo è il pedagogista ceco Comenio, nome umanistico italianizzato di Jan Amos Komensky, primo moderno cultore di metodologia e didattica. Muovendo dal presupposto che soltanto estendendo l’educazione a tutti gli uomini fosse possibile restituire loro l’armonia e la pace costituite in natura per volontà divina, Comenio con la Didactica magna, si prefisse l’obiettivo della promozione di una riforma universale della scuola. Già nella Prefazione all’opera destinata agli educatori, il programma comeniano è manifestato in modo sintetico ma estremamente incisivo: è come leggere il manifesto di un disegno educativo in cui vengono enunciati scopi, princìpi, ordinamenti, procedure didattiche. Prendendo le mosse dall’adesione all’ideale pansofico, secondo cui lo scopo dell’educazione è quello di insegnare tutto a tutti, Comenio evidenzia la necessità che vengano istituite scuole dappertutto, istituzioni indispensabili per realizzare forme di vita consone ai bisogni fondamentali dell’uomo. Forse proprio prendendo spunto dall’opera di Comenio possiamo cercare di rintracciare quelle matrici educative e culturali che prendendo le mosse nella rivoluzione scientifica, avrebbero innervato l’imago dell’homo faber, il soggetto-individuo-persona, consapevole della sua interiorità e del suo potenziale tras-formativo e di crescita, vessillo splendente dell’umanità a venire.

Antropocentrismo e pedagogia nella rivoluzione scientifica

BOSSIO, Francesco
2008-01-01

Abstract

«Tutte le sfere ruotano intorno al Sole come al loro punto centrale e pertanto il centro dell’universo è interno al Sole. […] Il moto della sola Terra è pertanto sufficiente a spiegare tutte le disuguaglianze che appaiono nel cielo». Possiamo rintracciare simbolicamente in questo breve periodo del De rivolutionibus orbium caelestium di Niccolò Copernico l’avvio di quel vasto movimento gnoseologico che gli storici della filosofia e gli epistemologi hanno indicato come Rivoluzione scientifica. Temporalmente questa rivoluzione di pensiero viene situata dal 1543, anno di pubblicazione del De rivolutionibus, al 1687, anno in cui vede le stampe il Philosophiae naturalis principia mathematica di Isaac Newton. Da questi assunti possiamo considerare il 1543 come fine del medioevo e l’inizio dell’era moderna. Copernico mostra come l’immagine aristotelico-tolemaica della Terra al centro dell’universo sia falsa; il Sole viene ora riconosciuto come unico centro intorno cui ruotano i vari pianeti e la terra tra questi: muta l’imago della Terra come luogo privilegiato nell’universo e consequenzialmente, muta la rappresentazione che l’uomo ha di sé, ora non più percepito come creatura privilegiata di tutto ciò che esiste. L’immagine dell’uomo come creatura divina, manifestazione più alta del creato, lentamente inizia a perdere forza: nasce una nuova cosmogonia, si delinea un ruolo diverso dell’uomo come abitante del pianeta Terra, muta la visione della scienza. Appare sintomatico che questi cambiamenti discendano da una rifondazione radicale delle concezioni fondamentali dell’astronomia: infatti con il trattato De rivolutionibus orbium caelestium Copernico mostra come la conoscenza astronomica e quella matematica e non possano essere disgiunte. Riuscire a cogliere tutte le implicazioni che da questa rivoluzione nella riflessività si innervano in tutti i campi del sapere è opera ardua, se non impossibile. Proviamo a focalizzare l’attenzione su alcuni modelli di formazione umana, quindi pedagogici, che direttamente hanno assorbito gli assunti cardine della rivoluzione scientifica, della nuova modernità, ed hanno restituito paradigmi che sono giunti fino ai giorni nostri: l’apprendimento non è più rigidamente organizzato . secondo i dettami medievali di educazione intesa come imitatio Cristi ma viene ripensato come processo aperto, costantemente in divenire. Da questa prospettiva per apprendere si può anche partire dal nulla, dalla tabula rasa, ed attraverso l’esperienza e la verifica ascendere verso l’acquisizione di una soggettività. La scienza moderna influenza significativamente, oltre a nuove visioni del sapere, anche una nuova teoria della mente umana: Cartesio già dalle Regulae ad directionem ingenii (1628) sviluppa nuove visioni della mente umana che amplificherà successivamente nel Discorso sul metodo (1637) e nel Trattato sulle passioni (1649). Cartesio propone l’imago della mente come cogito partendo dall’assunto cardine della identificazione primaria tra la matematica (Mathesis universalis) con la scienza della natura. Finalità precipua delle ricerche e delle speculazioni di Cartesio è dimostrare l’oggettività della ragione umana ed individuare un metodo di conoscenze valido per qualsiasi ricerca. In particolare il Discorso sul metodo presenta un elevato valore pedagogico: il saggio muove, infatti, dalla presa di coscienza dell’incertezza e dei dubbi avvertiti da Cartesio al termine dei suoi studi, allorquando, pur avendo appreso con successo tutto il sapere previsto dal curriculo formativo scolastico, scoprì la sconcertante verità della propria ignoranza. Attraverso il racconto autobiografico, Cartesio analizza i limiti del sistema scolastico del tempo e conclude riconoscendo che la tradizione umanistica, congiunta a procedure metodologiche fondate sull’autoritarismo, non garantiscono la formazione autentica di un pensiero critico e non aiutano a sviluppare reali capacità di discernimento tra vere e false opinioni. Nella speculazione cartesiana il razionalismo non rappresenta lo strumento di cui l’uomo dispone per inoltrarsi in sottili disquisizioni o sterili dissertazioni, ma è una forma di pensiero attraverso cui conoscere e modificare la realtà. La ricerca del metodo pone Cartesio come uno dei maggiori esponenti della polemica contro l’istruzione scolastica. Constatati i limiti dell’insegnamento dogmatico, egli si oppone alla cultura del passato, fondata su studi formalistici. Da un siffatto curriculo rimangono estranee le discipline matematiche, che offrono all’uomo gli strumenti intellettuali per conoscere la realtà. La chiarezza e l’analiticità del pensiero matematico consentono, infatti, all’uomo di pervenire alla prima fondamentale certezza, quella dell’io come sostanza pensante. Altra figura cardine in questo periodo è il pedagogista ceco Comenio, nome umanistico italianizzato di Jan Amos Komensky, primo moderno cultore di metodologia e didattica. Muovendo dal presupposto che soltanto estendendo l’educazione a tutti gli uomini fosse possibile restituire loro l’armonia e la pace costituite in natura per volontà divina, Comenio con la Didactica magna, si prefisse l’obiettivo della promozione di una riforma universale della scuola. Già nella Prefazione all’opera destinata agli educatori, il programma comeniano è manifestato in modo sintetico ma estremamente incisivo: è come leggere il manifesto di un disegno educativo in cui vengono enunciati scopi, princìpi, ordinamenti, procedure didattiche. Prendendo le mosse dall’adesione all’ideale pansofico, secondo cui lo scopo dell’educazione è quello di insegnare tutto a tutti, Comenio evidenzia la necessità che vengano istituite scuole dappertutto, istituzioni indispensabili per realizzare forme di vita consone ai bisogni fondamentali dell’uomo. Forse proprio prendendo spunto dall’opera di Comenio possiamo cercare di rintracciare quelle matrici educative e culturali che prendendo le mosse nella rivoluzione scientifica, avrebbero innervato l’imago dell’homo faber, il soggetto-individuo-persona, consapevole della sua interiorità e del suo potenziale tras-formativo e di crescita, vessillo splendente dell’umanità a venire.
2008
978-88-8276-318-3
identità; formazione; soggetto persona
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11770/170602
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