L’obiettivo del saggio - ospitato nella sezione Attraversare il potere del testo curato da Costabile e Stara, Democrazia e Potere - è analizzare il contributo della storiografia italiana del XIX secolo allo studio del pensiero machiavelliano, fonte tra le più importanti per la definizione di una compiuta pedagogia delle responsabilità etico-sociali. L’Ottocento italiano rappresenta sul piano dell’ermeneutica machiavelliana un decisivo spartiacque, poiché fissa alcuni punti di riferimento rimasti poi decisivi per la lettura dell’opera di Machiavelli. Innanzitutto il profondo bisogno di storicizzare la riflessione del fiorentino, di studiarne da vicino la genesi, la stratificazione culturale e le fonti, di determinare il nesso che la lega alla storia di Firenze nonché alla biografia dell’autore, lasciano in eredità al Novecento un autore radicato nel suo tempo, interprete tra i più lucidi di problemi storici concreti e di innovativi fermenti culturali e sociali. L’esigenza, inoltre, di comprendere le reali radici di un pensiero che si iniziava a percepire complesso, che non si presta a facili sintesi e a letture riduzioniste, stimola i ricercatori del XIX secolo a guardare nella sua globalità l’intera produzione machiavelliana, che non è soltanto e non può essere esclusivamente ridotta a Il Principe. S’afferma poi soprattutto nel Risorgimento italiano con Ferrari e De Sanctis, l’immagine di un intellettuale innovatore, partecipe, protagonista di quel processo di modernizzazione in chiave laico-immanentista dei concetti di uomo, virtù, libertà, educazione che nel loro travagliato evolversi gettano le basi del mondo moderno. Machiavelli è sempre di più un acuto osservatore della natura umana, dei comportamenti degli individui e delle istituzioni, teorico della possibilità di un’educazione al “vivere civile” indagando le illusioni, gli inganni e gli egoismi su cui gli uomini costruiscono le loro relazioni. Insomma si afferma come un teorico dei tempi moderni. È evidente a questo punto la frattura con le precedenti tendenze interpretative e contestualmente tutta la validità anche metodologica di questo processo critico: l’Ottocento getta le basi per una comprensione oggettiva dell’universo concettuale machiavelliano, che troverà ulteriori approfondimenti soprattutto nella seconda metà del Novecento. Storicizzare Machiavelli, calandolo nella società e nel tempo in cui era vissuto, è dunque il punto di partenza della storiografia del XIX secolo. Porre l’accento sul suo realismo politico, inteso come interpretazione della realtà indagata nella concatenazione delle sue cause ed effetti, e sul concetto cardine (specie da un punto di vista metodologico e educativo) della verità effettuale, che fonda scientificamente il mondo machiavelliano contro le idealizzanti e astratte pretese del Settecento, sono i tratti qualificanti l’analisi storiografica ottocentesca. La ricerca muove dal contesto storico di cui la figura e il pensiero del fiorentino erano parte e manifestazione, per approdare alla caratterizzazione dell’autore de Il Principe come uomo del Rinascimento. Di un periodo, dunque, di grandi realizzazioni artistiche, e punto cruciale nello sviluppo della politica e della moderna civiltà europea. È con l’opera dell’italiano Francesco De Sanctis che la critica europea accentua lo sforzo speculativo di comprensione dei tratti caratterizzanti del pensiero machiavelliano. La lettura di De Sanctis è il momento conclusivo degli studi ottocenteschi, perché in essa si ritrovano tutti i motivi svolti dalla critica romantica fino ad allora: da quello del Machiavelli profeta della rigenerazione italiana caro a Hegel e ai neo-ghibellini del Risorgimento e a Foscolo, agli spunti critici contenuti negli scritti del Gervinus e del Ferrari. Ma nelle pagine dell’erudito partenopeo vi è soprattutto qualcosa di nuovo e di diverso. Parlando di un Machiavelli «fondatore dei tempi moderni», di «colui che respinse gli ideali ascetici e cavallereschi di una civiltà al tramonto e la statica contemplazione dell’umanesimo snervato e cortigiano, cioè un mondo che si perpetuava solo più con la simulazione e il parassitismo, per affermare un nuovo ideale umanistico, dinamico, risoluto, senza pregiudizi, impaziente di conoscere e di fare, volto a escogitare tecniche adeguate al raggiungimento di precisi fini terreni»; di un uomo capace di dissacrare la virtù «identificandola con la capacità di servizio nella vita civile», di irridere le superstizioni e soprattutto di respingere l’idea che gli eventi siano controllati da Dio o dalla Provvidenza per vedere nella storia il prodotto dell’agire umano nell’immenso conflitto delle forze naturali. Il De Sanctis sottrae il Segretario fiorentino dall’ambito della storia del pensiero e delle dottrine politiche, in cui era stato tradizionalmente relegato, «per sottolineare la portata più generale del suo pensiero e per restituirgli intera la sua dimensione di classico». Con l’interpretazione del De Sanctis si apre la strada a una valutazione più scientifica dell’opera machiavelliana, che ha nell’attenzione ai testi il punto di riferimento fondamentale.

Machiavelli teorico della modernità

COSTABILE, Giancarlo
2013-01-01

Abstract

L’obiettivo del saggio - ospitato nella sezione Attraversare il potere del testo curato da Costabile e Stara, Democrazia e Potere - è analizzare il contributo della storiografia italiana del XIX secolo allo studio del pensiero machiavelliano, fonte tra le più importanti per la definizione di una compiuta pedagogia delle responsabilità etico-sociali. L’Ottocento italiano rappresenta sul piano dell’ermeneutica machiavelliana un decisivo spartiacque, poiché fissa alcuni punti di riferimento rimasti poi decisivi per la lettura dell’opera di Machiavelli. Innanzitutto il profondo bisogno di storicizzare la riflessione del fiorentino, di studiarne da vicino la genesi, la stratificazione culturale e le fonti, di determinare il nesso che la lega alla storia di Firenze nonché alla biografia dell’autore, lasciano in eredità al Novecento un autore radicato nel suo tempo, interprete tra i più lucidi di problemi storici concreti e di innovativi fermenti culturali e sociali. L’esigenza, inoltre, di comprendere le reali radici di un pensiero che si iniziava a percepire complesso, che non si presta a facili sintesi e a letture riduzioniste, stimola i ricercatori del XIX secolo a guardare nella sua globalità l’intera produzione machiavelliana, che non è soltanto e non può essere esclusivamente ridotta a Il Principe. S’afferma poi soprattutto nel Risorgimento italiano con Ferrari e De Sanctis, l’immagine di un intellettuale innovatore, partecipe, protagonista di quel processo di modernizzazione in chiave laico-immanentista dei concetti di uomo, virtù, libertà, educazione che nel loro travagliato evolversi gettano le basi del mondo moderno. Machiavelli è sempre di più un acuto osservatore della natura umana, dei comportamenti degli individui e delle istituzioni, teorico della possibilità di un’educazione al “vivere civile” indagando le illusioni, gli inganni e gli egoismi su cui gli uomini costruiscono le loro relazioni. Insomma si afferma come un teorico dei tempi moderni. È evidente a questo punto la frattura con le precedenti tendenze interpretative e contestualmente tutta la validità anche metodologica di questo processo critico: l’Ottocento getta le basi per una comprensione oggettiva dell’universo concettuale machiavelliano, che troverà ulteriori approfondimenti soprattutto nella seconda metà del Novecento. Storicizzare Machiavelli, calandolo nella società e nel tempo in cui era vissuto, è dunque il punto di partenza della storiografia del XIX secolo. Porre l’accento sul suo realismo politico, inteso come interpretazione della realtà indagata nella concatenazione delle sue cause ed effetti, e sul concetto cardine (specie da un punto di vista metodologico e educativo) della verità effettuale, che fonda scientificamente il mondo machiavelliano contro le idealizzanti e astratte pretese del Settecento, sono i tratti qualificanti l’analisi storiografica ottocentesca. La ricerca muove dal contesto storico di cui la figura e il pensiero del fiorentino erano parte e manifestazione, per approdare alla caratterizzazione dell’autore de Il Principe come uomo del Rinascimento. Di un periodo, dunque, di grandi realizzazioni artistiche, e punto cruciale nello sviluppo della politica e della moderna civiltà europea. È con l’opera dell’italiano Francesco De Sanctis che la critica europea accentua lo sforzo speculativo di comprensione dei tratti caratterizzanti del pensiero machiavelliano. La lettura di De Sanctis è il momento conclusivo degli studi ottocenteschi, perché in essa si ritrovano tutti i motivi svolti dalla critica romantica fino ad allora: da quello del Machiavelli profeta della rigenerazione italiana caro a Hegel e ai neo-ghibellini del Risorgimento e a Foscolo, agli spunti critici contenuti negli scritti del Gervinus e del Ferrari. Ma nelle pagine dell’erudito partenopeo vi è soprattutto qualcosa di nuovo e di diverso. Parlando di un Machiavelli «fondatore dei tempi moderni», di «colui che respinse gli ideali ascetici e cavallereschi di una civiltà al tramonto e la statica contemplazione dell’umanesimo snervato e cortigiano, cioè un mondo che si perpetuava solo più con la simulazione e il parassitismo, per affermare un nuovo ideale umanistico, dinamico, risoluto, senza pregiudizi, impaziente di conoscere e di fare, volto a escogitare tecniche adeguate al raggiungimento di precisi fini terreni»; di un uomo capace di dissacrare la virtù «identificandola con la capacità di servizio nella vita civile», di irridere le superstizioni e soprattutto di respingere l’idea che gli eventi siano controllati da Dio o dalla Provvidenza per vedere nella storia il prodotto dell’agire umano nell’immenso conflitto delle forze naturali. Il De Sanctis sottrae il Segretario fiorentino dall’ambito della storia del pensiero e delle dottrine politiche, in cui era stato tradizionalmente relegato, «per sottolineare la portata più generale del suo pensiero e per restituirgli intera la sua dimensione di classico». Con l’interpretazione del De Sanctis si apre la strada a una valutazione più scientifica dell’opera machiavelliana, che ha nell’attenzione ai testi il punto di riferimento fondamentale.
2013
978-88-6822-105-8
Machiavelli; Pedagogia; Modernità
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11770/172971
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