La Calabria, pur così nettamente definita e conchiusa nei suoi confini naturali, è linguisticamente una regione tutt'altro che unitaria. Le cause sono sicuramente da ricercare nella sua stessa dislocazione geografica e nell’isolamento dovuto alle vicende storiche della regione nel contesto italiano e meridionale. In base ai dati tradizionali e al vocalismo tonico, si possono distinguere tre aree linguistiche: 1. area meridionale: fino al limite di una linea che va da Vibo Valentia a Punta Stilo; 2. area centrale, che comprende i paesi della provincia di Catanzaro; 3. area settentrionale, rappresentata dai dialetti dei paesi della provincia di Cosenza. A questa suddivisione si aggiunge, nella parte più settentrionale, la fascia di territorio linguistico comune alla Lucania, la cosiddetta zona Lausberg, a vocalismo arcaico e conservazione delle vocali finali, il cui limite meridionale calabrese si estende da Cirella sul Tirreno a Villapiana sullo Ionio, girando al disopra del Monte Pollino. Questa tripartizione corrisponde a situazioni e vicende storiche più o meno remote, che hanno visto affermarsi condizioni linguistiche differenti in rapporto al diverso processo di latinizzazione della Calabria. Nella parte più meridionale della penisola la conquista latina è avvenuta partendo dalla Sicilia, instaurando condizioni di latinità siciliana (come dimostra la conservazione dei nessi nd, mb), che non trovano luogo nella Calabria centro-settentrionale, dove, la romanizzazione più precoce e intensa, ha seguito la direttrice nord-sud, impiantandosi su base etnica meridionale osca. Nella parte settentrionale invece, anche se in epoca più recente, ha fatto sentire i suoi effetti la spinta delle parlate dell'area napoletana. Nella terza sezione, quella settentrionale, la situazione del vocalismo si complica ulteriormente, perché accanto al sistema vocalico arcaico di tipo sardo della zona Lausberg, si ha un'area, quella cosentina, di compromesso tra i diversi sistemi siciliano, napoletano e sardo, onde insieme alla dittongazione metafonica di tipo napoletano di ĕ e di ŏ (LECTUS, I > liettu, letto; PORTUS, I > puortu, porto), e alle condizioni siciliane già viste di ē e di ō, si riscontrano le condizioni sarde di convergenza delle vocali toniche latine ī ed ĭ nell'esito unico /i/ (VITA, AE > vita, vita; FIDES, ĔI > fide, fede), nonché di ū ed ŭ in /u/ (NUX, NUCIS > nuce, noce), mentre ē ed ĕ, ō ed ŏ danno rispettivamente /e/ ed /o/ (TERRA, AE > terra, terra, VOX, VOCIS > voce, voce e SCHOLA, AE > scola, scuola), misti ad esiti metafonici sia dittongati che innalzati. Il limite settentrionale del vocalismo di tipo siciliano segue una linea che va da Cirella sul Tirreno a Marina Schiavonea sullo Ionio, passando per Terranova. La Calabria, come la Basilicata, è territorio di conservazione più che di innovazione linguistica. La situazione odierna tuttavia, è tutta da verificare, alla luce non soltanto dell'evoluzione che si è prodotta negli ultimi decenni, ma anche degli sconvolgimenti sociali di questi ultimi anni (emigrazione, mutamenti socio-economici, ecc.), che hanno alterato profondamente il tessuto culturale tradizionale della regione. Alla luce di quanto detto, obiettivo di questo lavoro è definire un percorso di ricerca sull’analisi del fenomeno della METAFONIA nei dialetti della Calabria che si muove in 2 direzioni: contribuire al progetto sostenuto e portato avanti dal Laboratorio di Fonetica dell’Università degli Studi della Calabria di definire una mappatura della distribuzione e caratterizzazione geografica del fenomeno; analizzare alcuni mutamenti ed evoluzioni particolari legati al vocalismo tonico esiti di fenomeni metafonetici in particolari dialetti della Calabria, che portano ad ipotizzare l’esistenza di una terza tipologia di sillaba che andrebbe ad affiancarsi a quelle gia conosciute di leggera e pesante (oppure breve e lunga) che potrebbe essere definita extrapesante o extralunga (per un bibliografia si veda Abete 2005). Tale sillaba nascerebbe da una ulteriore evoluzione, di un dittongo esito metafonico, attraverso una trasformazione/riduzione per monottongamento. . Le fasi del lavoro prevedono: 1. la consultazione di una ricca “letteratura” comprensiva di atlanti dialettali e di studi di dialettologia ; 2. analisi acustiche di materiale sonoro sia recente che molto vecchio presente in un ricco database presente nel Laboratorio di Fonetica dell’Università della Calabria (cfr Romito, Lio 2006); 3. creazione di un sottocorpus di segnali sonori utilizzati per lo studio della metafonia in Calabria. Il presente lavoro non può, dunque, evitare di tenere in considerazione che nucleo della fonetica di un dialetto è il sistema vocalico, ossia lo schema secondo il quale le vocali "toniche" del latino evolsero verso le corrispondenti del dialetto. Poiché nell’italiano e nei dialetti italiani solo le vocali possono costituire nucleo sillabico, la considerazione del concetto di sillaba diventa inevitabile . Il sistema vocalico più diffuso del mondo neolatino (penisola Iberica, Francia, nonché gran parte dell'Italia settentrionale e centrale) è il cosiddetto sistema romanzo comune, che prevede la sostituzione della opposizione tra vocali brevi e lunghe, propria del latino classico, con l’opposizione tra vocali chiuse ed aperte. Si passa dunque da un sistema decavocalico a uno eptavocalico. L’Italia meridionale è interessata da un processo di riduzione vocalica differente e presenta zone a vocalismo sardo e siciliano. Vari fenomeni sono di seguito intervenuti a modificare questi semplici schemi, a seconda delle differenti zone. Gli schemi si sono a volte fusi o trasformati indipendentemente. La metafonia colpisce le vocali toniche [e ε] ed [o che risultano dagli schemi appena visti, quando la vocale finale della parola originaria latina è i oppure u. In particolare, ciò avviene per i sostantivi e gli aggettivi maschili singolari (terminazioni latine -us, -um) e plurali (terminazione latina -i), rispetto ai corrispondenti femminili singolari e plurali (terminazioni -a, -ae), ma anche nella coniugazione di alcuni verbi. La metafonia può avvenire in tre modi diversi: • Per innalzamento: La e e la o passano normalmente a i e, rispettivamente a u; • Per dittongazione: la e e la o dittongano generalmente in ie e in uo (ma anche ua) ascendenti o discendenti; • Per monottongamento; molto spesso, il dittongo è ritratto sul primo componente, e così l'esito metafonetico diventa [ie] > [i:], [uo] > [u:]. Il presente lavoro approfondirà il successivo monottongamento che alcuni esiti metafonici per dittongazione di particolari dialetti calabresi sembrano presentare, determinando, dunque, una lunghezza vocalica anche in sillaba chiusa tale da sostenere la tesi a sostegno di una possibile esistenza di una terza tipologia di sillaba, quella extralunga (o superpesante) a cui si è fatto riferimento.
La metafonia in alcuni centri del nord Calabria: verso una mappa regionale
ROMITO, Luciano;
2009-01-01
Abstract
La Calabria, pur così nettamente definita e conchiusa nei suoi confini naturali, è linguisticamente una regione tutt'altro che unitaria. Le cause sono sicuramente da ricercare nella sua stessa dislocazione geografica e nell’isolamento dovuto alle vicende storiche della regione nel contesto italiano e meridionale. In base ai dati tradizionali e al vocalismo tonico, si possono distinguere tre aree linguistiche: 1. area meridionale: fino al limite di una linea che va da Vibo Valentia a Punta Stilo; 2. area centrale, che comprende i paesi della provincia di Catanzaro; 3. area settentrionale, rappresentata dai dialetti dei paesi della provincia di Cosenza. A questa suddivisione si aggiunge, nella parte più settentrionale, la fascia di territorio linguistico comune alla Lucania, la cosiddetta zona Lausberg, a vocalismo arcaico e conservazione delle vocali finali, il cui limite meridionale calabrese si estende da Cirella sul Tirreno a Villapiana sullo Ionio, girando al disopra del Monte Pollino. Questa tripartizione corrisponde a situazioni e vicende storiche più o meno remote, che hanno visto affermarsi condizioni linguistiche differenti in rapporto al diverso processo di latinizzazione della Calabria. Nella parte più meridionale della penisola la conquista latina è avvenuta partendo dalla Sicilia, instaurando condizioni di latinità siciliana (come dimostra la conservazione dei nessi nd, mb), che non trovano luogo nella Calabria centro-settentrionale, dove, la romanizzazione più precoce e intensa, ha seguito la direttrice nord-sud, impiantandosi su base etnica meridionale osca. Nella parte settentrionale invece, anche se in epoca più recente, ha fatto sentire i suoi effetti la spinta delle parlate dell'area napoletana. Nella terza sezione, quella settentrionale, la situazione del vocalismo si complica ulteriormente, perché accanto al sistema vocalico arcaico di tipo sardo della zona Lausberg, si ha un'area, quella cosentina, di compromesso tra i diversi sistemi siciliano, napoletano e sardo, onde insieme alla dittongazione metafonica di tipo napoletano di ĕ e di ŏ (LECTUS, I > liettu, letto; PORTUS, I > puortu, porto), e alle condizioni siciliane già viste di ē e di ō, si riscontrano le condizioni sarde di convergenza delle vocali toniche latine ī ed ĭ nell'esito unico /i/ (VITA, AE > vita, vita; FIDES, ĔI > fide, fede), nonché di ū ed ŭ in /u/ (NUX, NUCIS > nuce, noce), mentre ē ed ĕ, ō ed ŏ danno rispettivamente /e/ ed /o/ (TERRA, AE > terra, terra, VOX, VOCIS > voce, voce e SCHOLA, AE > scola, scuola), misti ad esiti metafonici sia dittongati che innalzati. Il limite settentrionale del vocalismo di tipo siciliano segue una linea che va da Cirella sul Tirreno a Marina Schiavonea sullo Ionio, passando per Terranova. La Calabria, come la Basilicata, è territorio di conservazione più che di innovazione linguistica. La situazione odierna tuttavia, è tutta da verificare, alla luce non soltanto dell'evoluzione che si è prodotta negli ultimi decenni, ma anche degli sconvolgimenti sociali di questi ultimi anni (emigrazione, mutamenti socio-economici, ecc.), che hanno alterato profondamente il tessuto culturale tradizionale della regione. Alla luce di quanto detto, obiettivo di questo lavoro è definire un percorso di ricerca sull’analisi del fenomeno della METAFONIA nei dialetti della Calabria che si muove in 2 direzioni: contribuire al progetto sostenuto e portato avanti dal Laboratorio di Fonetica dell’Università degli Studi della Calabria di definire una mappatura della distribuzione e caratterizzazione geografica del fenomeno; analizzare alcuni mutamenti ed evoluzioni particolari legati al vocalismo tonico esiti di fenomeni metafonetici in particolari dialetti della Calabria, che portano ad ipotizzare l’esistenza di una terza tipologia di sillaba che andrebbe ad affiancarsi a quelle gia conosciute di leggera e pesante (oppure breve e lunga) che potrebbe essere definita extrapesante o extralunga (per un bibliografia si veda Abete 2005). Tale sillaba nascerebbe da una ulteriore evoluzione, di un dittongo esito metafonico, attraverso una trasformazione/riduzione per monottongamento. . Le fasi del lavoro prevedono: 1. la consultazione di una ricca “letteratura” comprensiva di atlanti dialettali e di studi di dialettologia ; 2. analisi acustiche di materiale sonoro sia recente che molto vecchio presente in un ricco database presente nel Laboratorio di Fonetica dell’Università della Calabria (cfr Romito, Lio 2006); 3. creazione di un sottocorpus di segnali sonori utilizzati per lo studio della metafonia in Calabria. Il presente lavoro non può, dunque, evitare di tenere in considerazione che nucleo della fonetica di un dialetto è il sistema vocalico, ossia lo schema secondo il quale le vocali "toniche" del latino evolsero verso le corrispondenti del dialetto. Poiché nell’italiano e nei dialetti italiani solo le vocali possono costituire nucleo sillabico, la considerazione del concetto di sillaba diventa inevitabile . Il sistema vocalico più diffuso del mondo neolatino (penisola Iberica, Francia, nonché gran parte dell'Italia settentrionale e centrale) è il cosiddetto sistema romanzo comune, che prevede la sostituzione della opposizione tra vocali brevi e lunghe, propria del latino classico, con l’opposizione tra vocali chiuse ed aperte. Si passa dunque da un sistema decavocalico a uno eptavocalico. L’Italia meridionale è interessata da un processo di riduzione vocalica differente e presenta zone a vocalismo sardo e siciliano. Vari fenomeni sono di seguito intervenuti a modificare questi semplici schemi, a seconda delle differenti zone. Gli schemi si sono a volte fusi o trasformati indipendentemente. La metafonia colpisce le vocali toniche [e ε] ed [o che risultano dagli schemi appena visti, quando la vocale finale della parola originaria latina è i oppure u. In particolare, ciò avviene per i sostantivi e gli aggettivi maschili singolari (terminazioni latine -us, -um) e plurali (terminazione latina -i), rispetto ai corrispondenti femminili singolari e plurali (terminazioni -a, -ae), ma anche nella coniugazione di alcuni verbi. La metafonia può avvenire in tre modi diversi: • Per innalzamento: La e e la o passano normalmente a i e, rispettivamente a u; • Per dittongazione: la e e la o dittongano generalmente in ie e in uo (ma anche ua) ascendenti o discendenti; • Per monottongamento; molto spesso, il dittongo è ritratto sul primo componente, e così l'esito metafonetico diventa [ie] > [i:], [uo] > [u:]. Il presente lavoro approfondirà il successivo monottongamento che alcuni esiti metafonici per dittongazione di particolari dialetti calabresi sembrano presentare, determinando, dunque, una lunghezza vocalica anche in sillaba chiusa tale da sostenere la tesi a sostegno di una possibile esistenza di una terza tipologia di sillaba, quella extralunga (o superpesante) a cui si è fatto riferimento.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.