L’Italia è generalmente apparsa estranea alla grande tradizione del racconto fantastico europeo. Questo libro, senza aspirare a sorprendenti scoperte, si propone di indagare la specificità italiana partendo dalla lettura critica di 14 racconti e autori esemplificativi. Nei dintorni - e più raramente nel cuore - di un genere narrativo di successo, molti scrittori hanno provato ad esercitarsi, contaminando e plasmando temi e stereotipi. Un castello in rovina, una leggenda inquietante, un pianoforte che suona da solo, una presenza fantasmatica o un ritorno dall’aldilà sono motivi alla moda che appaiono anche nella nostra narrativa, magari declinati e piegati ad altri interessi di scrittura. Se ne possono cavare alcune linee di adattamento e commistione tra topoi del genere e prevalenti tendenze della narrativa italiana. Così il fantastico si associa all’idea dei limiti della conoscenza scientifica e a una problematizzazione dei confini della realtà conoscibile; alla possibilità di inquietanti realizzazioni di credenze e leggende; alla scoperta della parzialità della voce narrante; all’interesse per le alterazioni psichiche della coscienza; a un orizzonte cattolico di spiritualità miracolistica; fino all’attenzione per gli ambigui fenomeni del paranormale. I nomi degli autori (Gualdo, Tarchetti, Camillo Boito, Verga, Arrigo Boito, Pica, Fogazzaro, Calandra, Verdinois, Di Giacomo, Zena, Capuana, Svevo) costuiscono da soli la spia di come il genere fantastico abbia attraversato tutti i filoni importanti della nostra letteratura di fine Ottocento: se qualche volta è stato appena una tentazione, qualche altra - è il caso di alcuni scapigliati – è diventato quasi una tendenza.

La tentazione del fantastico. Racconti italiani da Gualdo a Svevo

LO CASTRO, Giuseppe;LANZILLOTTA, Monica
2007-01-01

Abstract

L’Italia è generalmente apparsa estranea alla grande tradizione del racconto fantastico europeo. Questo libro, senza aspirare a sorprendenti scoperte, si propone di indagare la specificità italiana partendo dalla lettura critica di 14 racconti e autori esemplificativi. Nei dintorni - e più raramente nel cuore - di un genere narrativo di successo, molti scrittori hanno provato ad esercitarsi, contaminando e plasmando temi e stereotipi. Un castello in rovina, una leggenda inquietante, un pianoforte che suona da solo, una presenza fantasmatica o un ritorno dall’aldilà sono motivi alla moda che appaiono anche nella nostra narrativa, magari declinati e piegati ad altri interessi di scrittura. Se ne possono cavare alcune linee di adattamento e commistione tra topoi del genere e prevalenti tendenze della narrativa italiana. Così il fantastico si associa all’idea dei limiti della conoscenza scientifica e a una problematizzazione dei confini della realtà conoscibile; alla possibilità di inquietanti realizzazioni di credenze e leggende; alla scoperta della parzialità della voce narrante; all’interesse per le alterazioni psichiche della coscienza; a un orizzonte cattolico di spiritualità miracolistica; fino all’attenzione per gli ambigui fenomeni del paranormale. I nomi degli autori (Gualdo, Tarchetti, Camillo Boito, Verga, Arrigo Boito, Pica, Fogazzaro, Calandra, Verdinois, Di Giacomo, Zena, Capuana, Svevo) costuiscono da soli la spia di come il genere fantastico abbia attraversato tutti i filoni importanti della nostra letteratura di fine Ottocento: se qualche volta è stato appena una tentazione, qualche altra - è il caso di alcuni scapigliati – è diventato quasi una tendenza.
2007
978-88-8101-430-9
racconto breve; secondo ottocento; letteratura fantastica
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11770/174421
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