La crisi di sovrapproduzione degli anni ‘70 (in particolare dei beni di consumo durevoli) ha portato ad una trasformazione che riguarda l’essenza stessa del sistema capitalistico, determinando uno spostamento di lungo periodo dalla produzione industriale a quella culturale. Oggi assistiamo al fatto che una quota sempre crescente di scambi economici è riferibile alla commercializzazione su vasta scala di esperienze culturali (sagre, tradizioni e storia locale, feste, arte, ecc.), più che di beni e servizi prodotti industrialmente. Ciò testimonia come l’esperienza umana sia diventata la merce finale nella circolazione del capitale. Anche molte forme di turismo, come evidenzia Rifkin (2000), in quanto esperienze di carattere culturale, non sono sfuggite a questa deriva e, in molti casi, si sono trasformate in forme di spettacolo di intrattenimento a pagamento: per esempio, anche se spesso vengono definiti esperienze di apprendimento, i viaggi organizzati sono sempre più simili, per natura, al teatro. In sostanza, turismo e intrattenimento si stanno via via fondendo in una produzione culturale che è più una simulazione dell’esperienza che un’esperienza vera e propria. L’articolo si propone di analizzare, in primis, l’emergere di queste nuove tendenze all’interno del mercato turistico che tendono ad enfatizzare e commercializzare gli attributi dell’esperienza e dell’emozionalità sfruttando il patrimonio storico, sociale, naturalistico e culturale dei territori, cercando di evidenziarne le ambivalenze (i rischi e le opportunità) rispetto ad una prospettiva di sviluppo locale sostenibile. Il secondo obiettivo, invece, è quello di individuare, in Calabria forme diverse di sostenibilità politica, sociale, economica e ambientale a partire dal filone teorico del Territorialismo (Magnaghi).
Turismo, marketing esperienziale e commercializzazione della cultura
CAPUTO, Paolo;Della Corte Elisabetta;
2014-01-01
Abstract
La crisi di sovrapproduzione degli anni ‘70 (in particolare dei beni di consumo durevoli) ha portato ad una trasformazione che riguarda l’essenza stessa del sistema capitalistico, determinando uno spostamento di lungo periodo dalla produzione industriale a quella culturale. Oggi assistiamo al fatto che una quota sempre crescente di scambi economici è riferibile alla commercializzazione su vasta scala di esperienze culturali (sagre, tradizioni e storia locale, feste, arte, ecc.), più che di beni e servizi prodotti industrialmente. Ciò testimonia come l’esperienza umana sia diventata la merce finale nella circolazione del capitale. Anche molte forme di turismo, come evidenzia Rifkin (2000), in quanto esperienze di carattere culturale, non sono sfuggite a questa deriva e, in molti casi, si sono trasformate in forme di spettacolo di intrattenimento a pagamento: per esempio, anche se spesso vengono definiti esperienze di apprendimento, i viaggi organizzati sono sempre più simili, per natura, al teatro. In sostanza, turismo e intrattenimento si stanno via via fondendo in una produzione culturale che è più una simulazione dell’esperienza che un’esperienza vera e propria. L’articolo si propone di analizzare, in primis, l’emergere di queste nuove tendenze all’interno del mercato turistico che tendono ad enfatizzare e commercializzare gli attributi dell’esperienza e dell’emozionalità sfruttando il patrimonio storico, sociale, naturalistico e culturale dei territori, cercando di evidenziarne le ambivalenze (i rischi e le opportunità) rispetto ad una prospettiva di sviluppo locale sostenibile. Il secondo obiettivo, invece, è quello di individuare, in Calabria forme diverse di sostenibilità politica, sociale, economica e ambientale a partire dal filone teorico del Territorialismo (Magnaghi).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.