Il libro delinea il profilo antropologico ed etico-politico dell’uso, nozione chiave per il dibattito contemporaneo (Agamben, Virno). L’uso è infantile: «usare» vuol dire innanzitutto «poter apprendere» e una simile apertura all’apprendimento, ai suoi fiaschi e incertezze per gli umani è cronica. Parte dalla condizione infantile acuta del bambino piccolo per protrarsi lungo l’intera vita umana. L’uso è l’operaio, perché è l’agire conflittuale di chi non solo impiega ma trasforma. «Usare» non vuole dire applicare abitudini già note o godere il panorama della sera ma mettere alla prova, costruire, sovvertire. Per tracciare l’identikit di un concetto che rischia di essere troppo ampio, Il bambino e l’operaio si avvale del più importante filosofo novecentesco che ha parlato dell’uso, L. Wittgenstein, mettendo in risalto il significato politico del suo pensiero. A lui si riconosce il ruolo di aver rappresentato una eroica trincea. I suoi scritti hanno consentito al materialismo contemporaneo di resistere alle derive più strabordanti: mentalismo cognitivista, sfavillio del pensiero debole, vacuità del neorealismo. Per questo motivo il volume individua in Wittgenstein materiali indispensabili per la costruzione di una teoria dell’uso all’altezza del tempo presente. Per la stessa ragione, però, da Wittgenstein si propone un congedo ragionevole ma senza appello, al fine di superare le conseguenze spesso conservatrici di un pensiero che rischia di rimanere immobile in una eterna guerra di posizione. Occorre costruire una filosofia dell’uso che non abbia paura di proporre tesi e trasformare forme di vita.
Il bambino e l’operaio. Wittgenstein filosofo dell’uso
MAZZEO, Marco
2016-01-01
Abstract
Il libro delinea il profilo antropologico ed etico-politico dell’uso, nozione chiave per il dibattito contemporaneo (Agamben, Virno). L’uso è infantile: «usare» vuol dire innanzitutto «poter apprendere» e una simile apertura all’apprendimento, ai suoi fiaschi e incertezze per gli umani è cronica. Parte dalla condizione infantile acuta del bambino piccolo per protrarsi lungo l’intera vita umana. L’uso è l’operaio, perché è l’agire conflittuale di chi non solo impiega ma trasforma. «Usare» non vuole dire applicare abitudini già note o godere il panorama della sera ma mettere alla prova, costruire, sovvertire. Per tracciare l’identikit di un concetto che rischia di essere troppo ampio, Il bambino e l’operaio si avvale del più importante filosofo novecentesco che ha parlato dell’uso, L. Wittgenstein, mettendo in risalto il significato politico del suo pensiero. A lui si riconosce il ruolo di aver rappresentato una eroica trincea. I suoi scritti hanno consentito al materialismo contemporaneo di resistere alle derive più strabordanti: mentalismo cognitivista, sfavillio del pensiero debole, vacuità del neorealismo. Per questo motivo il volume individua in Wittgenstein materiali indispensabili per la costruzione di una teoria dell’uso all’altezza del tempo presente. Per la stessa ragione, però, da Wittgenstein si propone un congedo ragionevole ma senza appello, al fine di superare le conseguenze spesso conservatrici di un pensiero che rischia di rimanere immobile in una eterna guerra di posizione. Occorre costruire una filosofia dell’uso che non abbia paura di proporre tesi e trasformare forme di vita.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.