Vi sono termini che sono usati in modo fuorviante, spesso in ossequio ad una tradizione recepita acriticamente. Questo è quanto accade a due nozioni basilari dell’agire socio-politico, come libertà e potere: in effetti, si tratta di un’identità che, però, viene trasformata in un’erronea contrapposizione concettuale. Ivi, inoltre, si tende ad occultare che de jure non può mai ragionarsi di libertà o potere, in senso assoluto. Invece, almeno potenzialmente, il contrario avviene in via di fatto. Dunque, è qui che si muove il Costituente, impiegando un potere de facto davvero libero, a mo’ di un “Dio in Terra”. Così, vanno eliminati una serie di fraintendimenti che, in diritto, ricoprono il costituzionalismo contemporaneo. Certo, per sfociare in un ordine legittimo, qualsiasi rivoluzione deve misurarsi con i vincoli dettati dalla storia, sul piano dell’effettività. Ma, in tale ambito, si svolge una lotta extra-giuridica in cui prevale sempre la componente più forte, sotto il profilo intellettuale, caratteriale e materiale. Reciprocamente, in costanza di ordinamento, l’autorità istituzionale fa i conti col reale assetto della società, ove a regnare è soprattutto l’economia. Pertanto, se del caso, una costituzione è soggetta ad alterazioni ri-costituenti, in cui la forma di Stato risulta modificata illegalmente. Tuttavia, in simili frangenti, ci si spinge interamente nel dominio della fattualità rivoluzionaria, a meno che non siano previste delle procedure di revisione ad hoc. Sicché, tra l’altro, non è per niente paradossale che una costituzione consuetudinaria sia consustanzialmente immodificabile, a fronte di una capacità conformativa più vasta dello jus scriptum, anche in tema di rigidità costituzionale.

Libertà, Potere, Costituzione

PIAZZA, Marcello
2012-01-01

Abstract

Vi sono termini che sono usati in modo fuorviante, spesso in ossequio ad una tradizione recepita acriticamente. Questo è quanto accade a due nozioni basilari dell’agire socio-politico, come libertà e potere: in effetti, si tratta di un’identità che, però, viene trasformata in un’erronea contrapposizione concettuale. Ivi, inoltre, si tende ad occultare che de jure non può mai ragionarsi di libertà o potere, in senso assoluto. Invece, almeno potenzialmente, il contrario avviene in via di fatto. Dunque, è qui che si muove il Costituente, impiegando un potere de facto davvero libero, a mo’ di un “Dio in Terra”. Così, vanno eliminati una serie di fraintendimenti che, in diritto, ricoprono il costituzionalismo contemporaneo. Certo, per sfociare in un ordine legittimo, qualsiasi rivoluzione deve misurarsi con i vincoli dettati dalla storia, sul piano dell’effettività. Ma, in tale ambito, si svolge una lotta extra-giuridica in cui prevale sempre la componente più forte, sotto il profilo intellettuale, caratteriale e materiale. Reciprocamente, in costanza di ordinamento, l’autorità istituzionale fa i conti col reale assetto della società, ove a regnare è soprattutto l’economia. Pertanto, se del caso, una costituzione è soggetta ad alterazioni ri-costituenti, in cui la forma di Stato risulta modificata illegalmente. Tuttavia, in simili frangenti, ci si spinge interamente nel dominio della fattualità rivoluzionaria, a meno che non siano previste delle procedure di revisione ad hoc. Sicché, tra l’altro, non è per niente paradossale che una costituzione consuetudinaria sia consustanzialmente immodificabile, a fronte di una capacità conformativa più vasta dello jus scriptum, anche in tema di rigidità costituzionale.
2012
978-88-548-4783-5
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11770/180596
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