L’accadimento nel quale la volontà dell’agente è superata dall’evento concretamente realizzatosi è un fenomeno con cui la scienza e la legislazione penale si sono confrontate per secoli. L’indagine prende avvio dallo studio dell’evoluzione storica delle categorie concettuali, etiche e filosofiche prima che giuridico-penali, legate al paradigma della preterintenzionalità. Mentre la discussione sul tema si è per lo più incentrata sulle alternative costituite da un’imputazione dell’evento più grave basata sul mero nesso di causalità oppure sulla prevedibilità, viene vagliata, anche alla luce dei lavori preparatori del codice Rocco e della coeva elaborazione dottrinale, la percorribilità di una diversa direzione interpretativa. L’indagine pone in evidenza i punti di contatto esistenti tra preterintenzione e dolo eventuale, evidenziando come quest’ultimo costituisca, al di là di ogni artificio ermeneutico, un atteggiamento di sola previsione e non volontà dell’evento, incompatibile con il concetto di dolo descritto nel primo alinea dell’art. 43 c.p. Per altro verso, la disciplina codicistica di parte speciale in materia di omicidio apparirebbe irragionevole qualora non si individuasse un qualificato disvalore della preterintenzione, in termini, tuttavia, compatibili con i principi costituzionali relativi alla materia penale, primo fra tutti quello di personalità della responsabilità. Il ripudio, sancito dalla giurisprudenza costituzionale e dalla recente elaborazione dottrinale, di una responsabilità per la mera causazione, e, d’altro canto, i principi costituzionali di ragionevolezza e proporzione, che devono informare, in particolare, la dosimetria sanzionatoria, suggeriscono, allora, sia ai fini dell’interpretazione del diritto vigente che in prospettiva de lege ferenda, di ricostruire un modello di preterintenzione contrassegnato da un disvalore d’azione più pregnante della mera prevedibilità, che potrebbe essere dato dall’effettiva previsione dell’evento. Per questa via, da un lato, si potrebbe soddisfare l’esigenza di contenere il campo di operatività dell’imputazione a titolo di dolo, estromettendone il dolo eventuale; dall’altro, si potrebbe riportare nelle giuste proporzioni il rapporto tra disvalore d’evento e d’azione, nel convincimento che la gravità di un reato non possa prescindere dal disvalore della fattispecie soggettiva.
Il reato eccessivo. La preterintenzione dal versari in re illicita al dolo eventuale
CATERINI, Mario
2008-01-01
Abstract
L’accadimento nel quale la volontà dell’agente è superata dall’evento concretamente realizzatosi è un fenomeno con cui la scienza e la legislazione penale si sono confrontate per secoli. L’indagine prende avvio dallo studio dell’evoluzione storica delle categorie concettuali, etiche e filosofiche prima che giuridico-penali, legate al paradigma della preterintenzionalità. Mentre la discussione sul tema si è per lo più incentrata sulle alternative costituite da un’imputazione dell’evento più grave basata sul mero nesso di causalità oppure sulla prevedibilità, viene vagliata, anche alla luce dei lavori preparatori del codice Rocco e della coeva elaborazione dottrinale, la percorribilità di una diversa direzione interpretativa. L’indagine pone in evidenza i punti di contatto esistenti tra preterintenzione e dolo eventuale, evidenziando come quest’ultimo costituisca, al di là di ogni artificio ermeneutico, un atteggiamento di sola previsione e non volontà dell’evento, incompatibile con il concetto di dolo descritto nel primo alinea dell’art. 43 c.p. Per altro verso, la disciplina codicistica di parte speciale in materia di omicidio apparirebbe irragionevole qualora non si individuasse un qualificato disvalore della preterintenzione, in termini, tuttavia, compatibili con i principi costituzionali relativi alla materia penale, primo fra tutti quello di personalità della responsabilità. Il ripudio, sancito dalla giurisprudenza costituzionale e dalla recente elaborazione dottrinale, di una responsabilità per la mera causazione, e, d’altro canto, i principi costituzionali di ragionevolezza e proporzione, che devono informare, in particolare, la dosimetria sanzionatoria, suggeriscono, allora, sia ai fini dell’interpretazione del diritto vigente che in prospettiva de lege ferenda, di ricostruire un modello di preterintenzione contrassegnato da un disvalore d’azione più pregnante della mera prevedibilità, che potrebbe essere dato dall’effettiva previsione dell’evento. Per questa via, da un lato, si potrebbe soddisfare l’esigenza di contenere il campo di operatività dell’imputazione a titolo di dolo, estromettendone il dolo eventuale; dall’altro, si potrebbe riportare nelle giuste proporzioni il rapporto tra disvalore d’evento e d’azione, nel convincimento che la gravità di un reato non possa prescindere dal disvalore della fattispecie soggettiva.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.