Livorno, liberata il 19 luglio 1944, è una città devastata dai bombardamenti e dai guastatori tedeschi, pressoché deserta a causa dello sfollamento e dell’evacuazione di buona parte dell’abitato ordinata dai tedeschi nel novembre del 1943. Nel vuoto istituzionale del passaggio del fronte si inseriscono gli Alleati e il Cln. I primi si affrettano a nominare un prefetto e a concedere al secondo compiti amministrativi, in attesa della fine del conflitto, una situazione che consente ai partiti presenti nel Cln di iniziare a radicarsi in città. I livornesi che tornano alla spicciolata trovano le poche case agibili occupate dalle truppe, e si confrontano con la mancanza dei generi di prima necessità dal cibo al gas, all’acqua corrente all’elettricità. La presenza di grossi contingenti militari (oltre alle truppe alleate vi sono un gran numero di prigionieri tedeschi) e dei magazzini alleati pieni di ogni tipo di merce, situati nella vicina pineta di Tombolo, attira verso Livorno un enorme numero di prostitute e trafficanti, peggiorando il degrado materiale e morale della città.Questo il contesto in cui ha luogo l’esordio politico delle militanti livornesi che si affacciano alla liberazione di Livorno già inquadrate nei diversi partiti politici e che presto ricostituiranno anche il tessuto associativo femminile distrutto o “normalizzato” dal fascismo. E’ un esordio difficile, a Livorno in particolar modo: la cultura operaia prevalente nella maggioranza della popolazione è ostile all’uscita delle donne dalle case; significativi sono i veti che all’attività politica delle mogli pongono ad esempio molti militanti comunisti. La particolare situazione di Livorno vede le donne impegnate in primo luogo nella lotta per la sopravvivenza e, non ultimo, l’ostracismo morale che una cultura tradizionalista ha posto di norma all’attività politica delle donne è rafforzato dalla prostituzione dilagante. Le donne che frequentano le riunioni di partito, che affiggono i manifesti, che parlano in pubblico sono assimilate spesso alle prostitute, che qui si chiamano col nome storpiato dato loro dai soldati: “segnorine”. E’ un esordio difficile anche perché la presenza delle militanti è appena tollerata dai compagni di partito che mentre da un lato premono affinché siano strumenti di proselitismo, specie in prossimità delle elezioni, dall’altro cercano in tutti i modi di emarginarle e soprattutto di allontanarle dai posti di potere. L’emarginazione delle donne si attua innanzitutto lasciando loro i campi di azione politica vicini alle tradizionali mansioni femminili e riducendo tali attività alla sfera del sociale, allontanandole da quella della politica.
Per la patria e per le donne. La militanza politica femminile a Livorno nel primo decennio repubblicano
NOCE, Tiziana
2006-01-01
Abstract
Livorno, liberata il 19 luglio 1944, è una città devastata dai bombardamenti e dai guastatori tedeschi, pressoché deserta a causa dello sfollamento e dell’evacuazione di buona parte dell’abitato ordinata dai tedeschi nel novembre del 1943. Nel vuoto istituzionale del passaggio del fronte si inseriscono gli Alleati e il Cln. I primi si affrettano a nominare un prefetto e a concedere al secondo compiti amministrativi, in attesa della fine del conflitto, una situazione che consente ai partiti presenti nel Cln di iniziare a radicarsi in città. I livornesi che tornano alla spicciolata trovano le poche case agibili occupate dalle truppe, e si confrontano con la mancanza dei generi di prima necessità dal cibo al gas, all’acqua corrente all’elettricità. La presenza di grossi contingenti militari (oltre alle truppe alleate vi sono un gran numero di prigionieri tedeschi) e dei magazzini alleati pieni di ogni tipo di merce, situati nella vicina pineta di Tombolo, attira verso Livorno un enorme numero di prostitute e trafficanti, peggiorando il degrado materiale e morale della città.Questo il contesto in cui ha luogo l’esordio politico delle militanti livornesi che si affacciano alla liberazione di Livorno già inquadrate nei diversi partiti politici e che presto ricostituiranno anche il tessuto associativo femminile distrutto o “normalizzato” dal fascismo. E’ un esordio difficile, a Livorno in particolar modo: la cultura operaia prevalente nella maggioranza della popolazione è ostile all’uscita delle donne dalle case; significativi sono i veti che all’attività politica delle mogli pongono ad esempio molti militanti comunisti. La particolare situazione di Livorno vede le donne impegnate in primo luogo nella lotta per la sopravvivenza e, non ultimo, l’ostracismo morale che una cultura tradizionalista ha posto di norma all’attività politica delle donne è rafforzato dalla prostituzione dilagante. Le donne che frequentano le riunioni di partito, che affiggono i manifesti, che parlano in pubblico sono assimilate spesso alle prostitute, che qui si chiamano col nome storpiato dato loro dai soldati: “segnorine”. E’ un esordio difficile anche perché la presenza delle militanti è appena tollerata dai compagni di partito che mentre da un lato premono affinché siano strumenti di proselitismo, specie in prossimità delle elezioni, dall’altro cercano in tutti i modi di emarginarle e soprattutto di allontanarle dai posti di potere. L’emarginazione delle donne si attua innanzitutto lasciando loro i campi di azione politica vicini alle tradizionali mansioni femminili e riducendo tali attività alla sfera del sociale, allontanandole da quella della politica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.