Il volume è dedicato all’analisi di elogi paradossali, in prosa e in volgare, composti per lo più tra gli anni Quaranta e Cinquanta del Cinquecento da vari autori che hanno dato vita a esperienze culturali alternative rispetto alla linea ufficiale del classicismo. Attraverso il ricorso alla mimesi parodica, all’ironia, all’ambiguità e all’equivoco, i testi si arricchiscono di spunti satirici, istanze morali e inquietudini religiose. All’interno del corpus dei testi esaminati, accomunati dal reimpiego di stesse topiche codificate, si distinguono per quantità e interesse due aree tematiche diverse ma contigue sul piano dei contenuti: scritture ‘asinine’ e «scritture in biasimo della scrittura». Il lavoro è stato condotto con un’ampia prospettiva aperta al confronto con fenomeni di notevole importanza per il nostro Cinquecento: la ricezione italiana di due opere fondamentali dell’Umanesimo d’Oltralpe (l’"Elogio della follia" di Erasmo e il "De incertitudine et vanitate scientiarum" di Cornelio Agrippa); il fiorire del «libro di lettere», il nuovo genere letterario legato agli sviluppi del mercato editoriale (infatti elogi paradossali sono contenuti, per esempio, negli epistolari di Anton Francesco Doni e di Cesare Rao, come anche nella raccolta allestita da Francesco Turchi); le diverse fenomenologie della pratica del ‘riuso’, sperimentate dagli scrittori esaminati in modo spregiudicato e talora estremo, fino al plagio vero e proprio (e nel caso di testi di Cesare Rao sono stati individuati due plagi finora ignoti: da opere di Pedro Mexía e di Cornelio Agrippa, o meglio, dai rispettivi volgarizzamenti); e infine la censura ecclesiastica inaspritasi a partire dagli anni Cinquanta (infatti la raccolta Turchi, il "Secondo Libro delle Lettere facete", presenta interventi censori consistenti).
"Meglio ignorante che dotto. L’elogio paradossale in prosa nel Cinquecento"
FIGORILLI, Maria Cristina
2008-01-01
Abstract
Il volume è dedicato all’analisi di elogi paradossali, in prosa e in volgare, composti per lo più tra gli anni Quaranta e Cinquanta del Cinquecento da vari autori che hanno dato vita a esperienze culturali alternative rispetto alla linea ufficiale del classicismo. Attraverso il ricorso alla mimesi parodica, all’ironia, all’ambiguità e all’equivoco, i testi si arricchiscono di spunti satirici, istanze morali e inquietudini religiose. All’interno del corpus dei testi esaminati, accomunati dal reimpiego di stesse topiche codificate, si distinguono per quantità e interesse due aree tematiche diverse ma contigue sul piano dei contenuti: scritture ‘asinine’ e «scritture in biasimo della scrittura». Il lavoro è stato condotto con un’ampia prospettiva aperta al confronto con fenomeni di notevole importanza per il nostro Cinquecento: la ricezione italiana di due opere fondamentali dell’Umanesimo d’Oltralpe (l’"Elogio della follia" di Erasmo e il "De incertitudine et vanitate scientiarum" di Cornelio Agrippa); il fiorire del «libro di lettere», il nuovo genere letterario legato agli sviluppi del mercato editoriale (infatti elogi paradossali sono contenuti, per esempio, negli epistolari di Anton Francesco Doni e di Cesare Rao, come anche nella raccolta allestita da Francesco Turchi); le diverse fenomenologie della pratica del ‘riuso’, sperimentate dagli scrittori esaminati in modo spregiudicato e talora estremo, fino al plagio vero e proprio (e nel caso di testi di Cesare Rao sono stati individuati due plagi finora ignoti: da opere di Pedro Mexía e di Cornelio Agrippa, o meglio, dai rispettivi volgarizzamenti); e infine la censura ecclesiastica inaspritasi a partire dagli anni Cinquanta (infatti la raccolta Turchi, il "Secondo Libro delle Lettere facete", presenta interventi censori consistenti).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.