Estetica e psicoanalisi si incontrano intorno al tema della caduta. Cosa significa cadere, lasciarsi andare, precipitare a valle? Cosa significa abbandonarsi a qualcosa che viene dato in pasto ai nostri sensi? L’esperienza più semplice e immediata della nostra vita, quella che sembra consegnarci all’evento inevitabile, rivela una complessità straordinaria se la osserviamo attraverso la lente dell’estetica e quella della psicoanalisi: due discipline lontane, che si incontrano qui nell’atto di “cadere giù”. Il tema della riuscita, caro all’estetica e alla teoria delle arti, e il tema della soddisfazione del desiderio, caro alla psicoanalisi, guadagnano un nuovo volto se li lasciamo illuminare dall’esperienza della caduta Un atto rovinoso e insieme felice che richiede una forma rassegnata di automatismo, di passività, di cedimento e insieme una forma embrionale di collaborazione, di facilitazione, di attività. Un gesto, insomma, che si offre come improvvisa saldatura di definitivo e primitivo. Il mondo che viviamo ci espone a una condizione estrema di apertura, la rincorsa delle possibilità ci sottrae sempre di più l’oggetto da arpionare, trascina come su un nastro il nostro desiderio ma niente “ci viene dato in pasto”. Acquista forza quindi il progetto di contrastare questa penuria di “pasti”, questo stato di sospensione che trattiene tra le sue maglie il desiderio, portando in primo piano quelle esperienze in cui il campo viene saturato da un’offerta e lo sguardo si posa, si lascia cadere. “Vuoi guardare? Tieni vedi questo” avrebbe detto Lacan. Un pasto scopico, un pasto estetico, certo, non meno legato però al nostro bisogno.

Io mi lascio cadere. Estetica e psicoanalisi

VIZZARDELLI, Silvia
2014-01-01

Abstract

Estetica e psicoanalisi si incontrano intorno al tema della caduta. Cosa significa cadere, lasciarsi andare, precipitare a valle? Cosa significa abbandonarsi a qualcosa che viene dato in pasto ai nostri sensi? L’esperienza più semplice e immediata della nostra vita, quella che sembra consegnarci all’evento inevitabile, rivela una complessità straordinaria se la osserviamo attraverso la lente dell’estetica e quella della psicoanalisi: due discipline lontane, che si incontrano qui nell’atto di “cadere giù”. Il tema della riuscita, caro all’estetica e alla teoria delle arti, e il tema della soddisfazione del desiderio, caro alla psicoanalisi, guadagnano un nuovo volto se li lasciamo illuminare dall’esperienza della caduta Un atto rovinoso e insieme felice che richiede una forma rassegnata di automatismo, di passività, di cedimento e insieme una forma embrionale di collaborazione, di facilitazione, di attività. Un gesto, insomma, che si offre come improvvisa saldatura di definitivo e primitivo. Il mondo che viviamo ci espone a una condizione estrema di apertura, la rincorsa delle possibilità ci sottrae sempre di più l’oggetto da arpionare, trascina come su un nastro il nostro desiderio ma niente “ci viene dato in pasto”. Acquista forza quindi il progetto di contrastare questa penuria di “pasti”, questo stato di sospensione che trattiene tra le sue maglie il desiderio, portando in primo piano quelle esperienze in cui il campo viene saturato da un’offerta e lo sguardo si posa, si lascia cadere. “Vuoi guardare? Tieni vedi questo” avrebbe detto Lacan. Un pasto scopico, un pasto estetico, certo, non meno legato però al nostro bisogno.
2014
9788874626458
estetica; psicoanalisi; caduta
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11770/184118
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