Oggetto d’indagine di questo volume sono i rapporti tra la drammaturgia del primo Cinquecento e manierista e la retorica classica. Ciò che viene posto in analisi è, infatti, l’apporto normativo fornito dalle regole dell’eloquenza di Cicerone e Quintiliano e dagli aspetti precettistici della poetica e della retorica aristotelica alla drammaturgia e alla messinscena nel teatro rinascimentale. Inserita all’interno del “dispositivo” socio-culturale e antropologico cortigiano, la retorica si impone come nucleo regolistico per il teatro, ma anche per la codificazione delle buone maniere. Installata nella logica autoriflessiva del teatro di corte della prima metà del Cinquecento, la retorica, quale strumento prescrittivo ed eticizzante, viene messa in crisi da esperienze “eversive” come quelle di Pietro Aretino e Ruzante e poi superata, in età manieristica, da autori come Giordano Bruno la cui concezione teatrale è suggestionata dalle teorie filosofiche e scientifiche coeve. Infine, la retorica viene riconvocata in sede tragica da drammaturghi come Trissino, Giraldi Cintio e Sperone Speroni e riacquista fondamento normativo ed etico nella pedagogia e nell’esperienza teatrale dei Gesuiti.
Con la bocca di un'altra persona. Retorica e drammaturgia nel teatro del Rinascimento
FANELLI, Carlo
2011-01-01
Abstract
Oggetto d’indagine di questo volume sono i rapporti tra la drammaturgia del primo Cinquecento e manierista e la retorica classica. Ciò che viene posto in analisi è, infatti, l’apporto normativo fornito dalle regole dell’eloquenza di Cicerone e Quintiliano e dagli aspetti precettistici della poetica e della retorica aristotelica alla drammaturgia e alla messinscena nel teatro rinascimentale. Inserita all’interno del “dispositivo” socio-culturale e antropologico cortigiano, la retorica si impone come nucleo regolistico per il teatro, ma anche per la codificazione delle buone maniere. Installata nella logica autoriflessiva del teatro di corte della prima metà del Cinquecento, la retorica, quale strumento prescrittivo ed eticizzante, viene messa in crisi da esperienze “eversive” come quelle di Pietro Aretino e Ruzante e poi superata, in età manieristica, da autori come Giordano Bruno la cui concezione teatrale è suggestionata dalle teorie filosofiche e scientifiche coeve. Infine, la retorica viene riconvocata in sede tragica da drammaturghi come Trissino, Giraldi Cintio e Sperone Speroni e riacquista fondamento normativo ed etico nella pedagogia e nell’esperienza teatrale dei Gesuiti.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.