Il volume ricostruisce la storia del reato di stupro nel diritto ottocentesco fino al Codice Rocco del 1930. A partire dalla teorica del diritto penale si analizza la codificazione preunitaria e quella nazionale, che per il diritto penale si ha nel 1889 anno in cui fu approvato il Codice Zanardelli, mentre fino ad allora vigevano tre diversi codici per tre diverse zone del Regno. All’analisi del diritto fa seguito quella della giurisprudenza su un corpus di fonti costituito da 74 processi celebrati fra il 1850 e il 1878. Dalla ricerca appare evidente lo iato tra la teorica del diritto che definiva la violenza carnale un reato contro la persona e la codificazione che invece la collocava tra i delitti contro il buon costume e l’ordine delle famiglie (Zanardelli) o contro la morale e il buon costume (Rocco), segno evidente della contraddizione tra un principio enunciato: la separazione tra diritto e morale propria del pensiero giuridico liberale e il ritorno politico della morale nei codici a tutela dell’ordine sociale. Ma la caratteristica principale della storia del reato è l’emergere di tutta una serie di regole tacite, non scritte, nella celebrazione dei processi per violenza carnale, a cominciare dalla più eclatante ovvero l’essere la tutela del diritto garantita solo dopo la conclusione di un informale processo alla vittima teso a verificarne l’onestà, ovvero il retto comportamento morale e sessuale, tramite la voce pubblica, l’opinione che la comunità di appartenenza registrava su di lei. Giuristi, giudici, medici legali, legislatori e gli uomini coinvolti nei processi condividevano la stessa morale e la stessa idea di sessualità femminile e maschile, concepite come opposte, passiva la prima attiva la seconda. La sessualità in generale era ritenuta legittima solo all’interno del matrimonio e finalizzata alla procreazione; tale modello di sessualità era legato alla famiglia tradizionale, cellula prima dell’intera stabilità sociale. Da qui la norma che prevedeva l’estinzione del reato nel caso in cui lo stupratore (uno qualsiasi nel caso di violenza di gruppo) sposava la donna stuprata.
Il corpo e il reato. Diritto e violenza sessuale nell'Italia dell'Ottocento
NOCE, Tiziana
2009-01-01
Abstract
Il volume ricostruisce la storia del reato di stupro nel diritto ottocentesco fino al Codice Rocco del 1930. A partire dalla teorica del diritto penale si analizza la codificazione preunitaria e quella nazionale, che per il diritto penale si ha nel 1889 anno in cui fu approvato il Codice Zanardelli, mentre fino ad allora vigevano tre diversi codici per tre diverse zone del Regno. All’analisi del diritto fa seguito quella della giurisprudenza su un corpus di fonti costituito da 74 processi celebrati fra il 1850 e il 1878. Dalla ricerca appare evidente lo iato tra la teorica del diritto che definiva la violenza carnale un reato contro la persona e la codificazione che invece la collocava tra i delitti contro il buon costume e l’ordine delle famiglie (Zanardelli) o contro la morale e il buon costume (Rocco), segno evidente della contraddizione tra un principio enunciato: la separazione tra diritto e morale propria del pensiero giuridico liberale e il ritorno politico della morale nei codici a tutela dell’ordine sociale. Ma la caratteristica principale della storia del reato è l’emergere di tutta una serie di regole tacite, non scritte, nella celebrazione dei processi per violenza carnale, a cominciare dalla più eclatante ovvero l’essere la tutela del diritto garantita solo dopo la conclusione di un informale processo alla vittima teso a verificarne l’onestà, ovvero il retto comportamento morale e sessuale, tramite la voce pubblica, l’opinione che la comunità di appartenenza registrava su di lei. Giuristi, giudici, medici legali, legislatori e gli uomini coinvolti nei processi condividevano la stessa morale e la stessa idea di sessualità femminile e maschile, concepite come opposte, passiva la prima attiva la seconda. La sessualità in generale era ritenuta legittima solo all’interno del matrimonio e finalizzata alla procreazione; tale modello di sessualità era legato alla famiglia tradizionale, cellula prima dell’intera stabilità sociale. Da qui la norma che prevedeva l’estinzione del reato nel caso in cui lo stupratore (uno qualsiasi nel caso di violenza di gruppo) sposava la donna stuprata.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.