Attraverso un’analisi che ripercorre la produzione machiavelliana, dagli "Scritti politici minori" ai "Discorsi" alle "Istorie fiorentine" (con un’incursione finale nel terreno delle commedie), nel confronto con opere del passato ("De remediis" di Petrarca), con fonti dirette (il volgarizzamento di Donato Acciaiuoli delle "Historiae" di Leonardo Bruni) e con opere coeve ("Il Cortegiano" di Castiglione), si offre una lettura che mette in rilievo la prospettiva morale del pensiero e del modo di argomentare di Machiavelli. Secondo una linea di ricerca attenta alle scelte lessicali dell’autore, l’indagine si concentra prevalentemente su due aspetti, diversi ma intimamente collegati, della scrittura machiavelliana. Da una parte, la visione antropologica della politica, fondata sull’analisi dei comportamenti e delle passioni degli uomini, è veicolata da pratiche discorsive che privilegiano enunciati psicologici rinvianti alla linea tradizionale del pessimismo classico-cristiano ripensato in modo laico, nei termini di una riflessione sui limiti e sulle risorse degli uomini. Mentre, dall’altra, l’acuto senso della negatività della situazione esterna produce come reagente una scrittura permeata da una vocazione pedagogica in cui confluiscono la costitutiva istanza modellizzante, la tendenza a indicare regole e norme di comportamento, il ricorso alla storia come a una topica cui attingere exempla con valore universale e l’inclinazione alla trasfigurazione degli eventi storici secondo modalità comunicative tipiche del discorso retorico-letterario.

"Machiavelli moralista. Ricerche su fonti, lessico e fortuna"

FIGORILLI, Maria Cristina
2006-01-01

Abstract

Attraverso un’analisi che ripercorre la produzione machiavelliana, dagli "Scritti politici minori" ai "Discorsi" alle "Istorie fiorentine" (con un’incursione finale nel terreno delle commedie), nel confronto con opere del passato ("De remediis" di Petrarca), con fonti dirette (il volgarizzamento di Donato Acciaiuoli delle "Historiae" di Leonardo Bruni) e con opere coeve ("Il Cortegiano" di Castiglione), si offre una lettura che mette in rilievo la prospettiva morale del pensiero e del modo di argomentare di Machiavelli. Secondo una linea di ricerca attenta alle scelte lessicali dell’autore, l’indagine si concentra prevalentemente su due aspetti, diversi ma intimamente collegati, della scrittura machiavelliana. Da una parte, la visione antropologica della politica, fondata sull’analisi dei comportamenti e delle passioni degli uomini, è veicolata da pratiche discorsive che privilegiano enunciati psicologici rinvianti alla linea tradizionale del pessimismo classico-cristiano ripensato in modo laico, nei termini di una riflessione sui limiti e sulle risorse degli uomini. Mentre, dall’altra, l’acuto senso della negatività della situazione esterna produce come reagente una scrittura permeata da una vocazione pedagogica in cui confluiscono la costitutiva istanza modellizzante, la tendenza a indicare regole e norme di comportamento, il ricorso alla storia come a una topica cui attingere exempla con valore universale e l’inclinazione alla trasfigurazione degli eventi storici secondo modalità comunicative tipiche del discorso retorico-letterario.
2006
88-207-3990-9
letteratura italiana; letteratura del Rinascimento; critica letteraria; letteratura e politica
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