La pedagogia dell’odio culturale e sociale verso ogni forma di diversità non allineata con la dottrina neo-liberista e le teorie del cosiddetto sovranismo costituisce una ferita sia epistemologica sia etico-politica dell’idea stessa di relazione umana. Una Pedagogia degli Ultimi che, secondo il modello ipotizzato da Paulo Freire, metta al centro della sua ricerca-azione la ricostruzione ontologica della relazione intersoggettiva tra gli esseri umani, rappresenta il tentativo di affermare un’etica della fraternità globale e una prassi pedagogica del dono come antidoto all’erosione continua dei diritti di cittadinanza e del lavoro, e di conseguenza all’amputazione dell’organizzazione democratica delle società umane. Gli Ultimi sono la categoria chiave di una narrazione ermeneutica che intende recidere le radici di questa antropologia della violenza che sta alimentando esclusivamente società delle disuguaglianze, caratterizzate da diffuse povertà e da conflitti tra emarginati. La Pedagogia degli Ultimi è essenzialmente un congegno teorico-pratico in grado di produrre sul piano della realtà storico-sociale un alfabeto del Noi in rapporto dialettico con la grammatica dell’Io di matrice capitalistica. Parlare al plurale significa, infatti, (ri)scoprire il dono e la pratica della relazione con l’Altro da sé, il diverso, colui che abita i margini, le periferie dell’esistenza. Teodor Todorov insegna che ogni uomo è l’esito esistenziale di ciò che gli altri hanno donato alla formazione della sua biografia storica. Questa ricostruzione ontologica della relazione intersoggettiva si pone pertanto come decostruzione dell’epistemologia puramente quantitativa dell’avere che traduce l’esperienza umana unicamente attraverso il paradigma neo-liberista della pedagogia dell’accumulo. Conoscersi attraverso l’Altro da sé attiva a tutti i livelli del vivere civile didattiche del cambiamento sociale funzionali al processo di accentuazione della matrice inclusiva del concetto politico di democrazia. Le scienze sociali hanno la necessità di riprendere il concetto weberiano di etica della responsabilità come nucleo dinamico per rendere possibile una pedagogia dell’emancipazione capace di favorire l’esigibilità dei diritti sociali. Non può considerarsi libera e democratica una società che espunge dai suoi codici di governo del territorio la dimensione della giustizia sociale. Nella corsa sfrenata a dichiarare illegali pezzi di umanità in movimento negli stati, riflettere, ad esempio, sulla democrazia sociale in Italia significa parlare di illegalità della povertà (intesa come tradimento dei princìpi di uguaglianza della Costituzione) e di illegittimità di quelle politiche di distribuzione della ricchezza a vantaggio di ristrette oligarchie di potere. Assumere gli Ultimi come compito pedagogico enuclea in definitiva il senso di un impegno educativo che deve puntare alla realizzazione di una nuova civilizzazione statuale. In questo quadro assume un rilievo centrale la questione del crimine organizzato. La trasformazione delle mafie da soggetto criminale a incubatore permanente e plurale di relazioni socio-economiche e politiche su scala globale rende necessaria la costruzione di una pedagogia dell’antimafia che vada oltre l’asfittico perimetro dell’educazione securitaria e di mera conformazione alla legge (legalità borghese). L’idea di giustizia sociale e l’etica della responsabilità declinate dalla pedagogia di don Lorenzo Milani e Paulo Freire ci restituiscono un approccio teoretico e prassico in grado di farsi compiutamente teorizzazione dei diritti sociali quale nucleo di contrasto alla cultura e alla società delle mafie, impegnate a produrre disuguaglianze sociali. Una pedagogia dell’antimafia è fondamentale nello scenario odierno se si vuole difendere, e consolidare, sul piano socio-educativo la struttura democratica che le società umane si sono date nel XIX e XX secolo. Educare all’antimafia traduce, infine, l’urgenza di recuperare l’etica del volto di cui parlava Lévinas per affermare una ‘pedagogia del dono’ come strumento di una rinnovata civilizzazione rispetto alla dimensione mercantile delle odierne relazioni umane schiacciate dal neo-liberismo nell’alienante condizione di non-essere.

Contro la società delle disuguaglianze

Giancarlo Costabile
2018-01-01

Abstract

La pedagogia dell’odio culturale e sociale verso ogni forma di diversità non allineata con la dottrina neo-liberista e le teorie del cosiddetto sovranismo costituisce una ferita sia epistemologica sia etico-politica dell’idea stessa di relazione umana. Una Pedagogia degli Ultimi che, secondo il modello ipotizzato da Paulo Freire, metta al centro della sua ricerca-azione la ricostruzione ontologica della relazione intersoggettiva tra gli esseri umani, rappresenta il tentativo di affermare un’etica della fraternità globale e una prassi pedagogica del dono come antidoto all’erosione continua dei diritti di cittadinanza e del lavoro, e di conseguenza all’amputazione dell’organizzazione democratica delle società umane. Gli Ultimi sono la categoria chiave di una narrazione ermeneutica che intende recidere le radici di questa antropologia della violenza che sta alimentando esclusivamente società delle disuguaglianze, caratterizzate da diffuse povertà e da conflitti tra emarginati. La Pedagogia degli Ultimi è essenzialmente un congegno teorico-pratico in grado di produrre sul piano della realtà storico-sociale un alfabeto del Noi in rapporto dialettico con la grammatica dell’Io di matrice capitalistica. Parlare al plurale significa, infatti, (ri)scoprire il dono e la pratica della relazione con l’Altro da sé, il diverso, colui che abita i margini, le periferie dell’esistenza. Teodor Todorov insegna che ogni uomo è l’esito esistenziale di ciò che gli altri hanno donato alla formazione della sua biografia storica. Questa ricostruzione ontologica della relazione intersoggettiva si pone pertanto come decostruzione dell’epistemologia puramente quantitativa dell’avere che traduce l’esperienza umana unicamente attraverso il paradigma neo-liberista della pedagogia dell’accumulo. Conoscersi attraverso l’Altro da sé attiva a tutti i livelli del vivere civile didattiche del cambiamento sociale funzionali al processo di accentuazione della matrice inclusiva del concetto politico di democrazia. Le scienze sociali hanno la necessità di riprendere il concetto weberiano di etica della responsabilità come nucleo dinamico per rendere possibile una pedagogia dell’emancipazione capace di favorire l’esigibilità dei diritti sociali. Non può considerarsi libera e democratica una società che espunge dai suoi codici di governo del territorio la dimensione della giustizia sociale. Nella corsa sfrenata a dichiarare illegali pezzi di umanità in movimento negli stati, riflettere, ad esempio, sulla democrazia sociale in Italia significa parlare di illegalità della povertà (intesa come tradimento dei princìpi di uguaglianza della Costituzione) e di illegittimità di quelle politiche di distribuzione della ricchezza a vantaggio di ristrette oligarchie di potere. Assumere gli Ultimi come compito pedagogico enuclea in definitiva il senso di un impegno educativo che deve puntare alla realizzazione di una nuova civilizzazione statuale. In questo quadro assume un rilievo centrale la questione del crimine organizzato. La trasformazione delle mafie da soggetto criminale a incubatore permanente e plurale di relazioni socio-economiche e politiche su scala globale rende necessaria la costruzione di una pedagogia dell’antimafia che vada oltre l’asfittico perimetro dell’educazione securitaria e di mera conformazione alla legge (legalità borghese). L’idea di giustizia sociale e l’etica della responsabilità declinate dalla pedagogia di don Lorenzo Milani e Paulo Freire ci restituiscono un approccio teoretico e prassico in grado di farsi compiutamente teorizzazione dei diritti sociali quale nucleo di contrasto alla cultura e alla società delle mafie, impegnate a produrre disuguaglianze sociali. Una pedagogia dell’antimafia è fondamentale nello scenario odierno se si vuole difendere, e consolidare, sul piano socio-educativo la struttura democratica che le società umane si sono date nel XIX e XX secolo. Educare all’antimafia traduce, infine, l’urgenza di recuperare l’etica del volto di cui parlava Lévinas per affermare una ‘pedagogia del dono’ come strumento di una rinnovata civilizzazione rispetto alla dimensione mercantile delle odierne relazioni umane schiacciate dal neo-liberismo nell’alienante condizione di non-essere.
2018
978-88-255-2123-8
Pedagogia degli Ultimi, emancipazione, giustizia sociale, civilizzazione, disuguaglianze, pedagogia dell'antimafia
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11770/303724
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