Il contributo propone una riflessione che, partendo dallo studio dell’esperienza repressiva che ha vissuto l’Argentina durante l’ultima dittatura civico-militare, giunge all’analisi della costruzione culturale del trauma attraverso il linguaggio e la letteratura. La riflessione si concentra sugli effetti che il trauma riversa sulla lingua, su come esso venga codificato in letteratura e, quindi, sulla sua rappresentabilità. L’argomentazione si sviluppa su un piano teorico ed empirico attraverso l’analisi del caso argentino (che culmina drammaticamente nell’assente presenza del desaparecido) e delle rappresentazioni che della violenza subita offre Luisa Valenzuela, considerata una delle scrittrici più interessanti del panorama letterario argentino post-boom (Shaw 1995: 2). Gli esempi utilizzati sono tratti da interviste condotte in Argentina tra il 2013 e il 2015 e da due racconti brevi della scrittrice: Cambio de armas (1982) e Simetrías (1993). Analizzando gli effetti che l’evento traumatico ha sulle parole utilizzate per veicolarlo, si vuole evidenziare come dal “trauma della lingua” si passi alla costruzione di una vera e propria “lingua del trauma” (Michienzi 2016: 183) fatta di termini che hanno subito una ri-semantizzazione e che rimandano all’esperienza politica e concentrazionaria dell’Argentina degli anni ’70. La lingua ri-semantizzata è lo strumento per eccellenza usato da Valenzuela che sfidando la censura, e attraverso complesse strategie linguistiche, costruisce un doppio livello di narrazione: dicendo ciò che non si poteva dire nell’ambito erotico, la scrittrice crea un velo sotto il quale inizia a dire ciò che non poteva esser detto sul piano politico. Dunque, partendo dal fatto che il linguaggio non è mai neutro e sulla base delle nozioni relative al rapporto tra lingua e potere (Tymoczko – Gentzler 2002: xxviii) il contributo si propone di indagare le relazioni tra linguaggio politico, traduzione e globalizzazione passando attraverso la narrativa di una scrittrice che costruisce un chiaro vincolo tra scrittura e politica, dunque tra letteratura e potere (Michienzi 2016: 70).
Dal trauma della lingua alla lingua del trauma: i desaparecidos tra letteratura e traduzione
Rossella Michienzi
2019-01-01
Abstract
Il contributo propone una riflessione che, partendo dallo studio dell’esperienza repressiva che ha vissuto l’Argentina durante l’ultima dittatura civico-militare, giunge all’analisi della costruzione culturale del trauma attraverso il linguaggio e la letteratura. La riflessione si concentra sugli effetti che il trauma riversa sulla lingua, su come esso venga codificato in letteratura e, quindi, sulla sua rappresentabilità. L’argomentazione si sviluppa su un piano teorico ed empirico attraverso l’analisi del caso argentino (che culmina drammaticamente nell’assente presenza del desaparecido) e delle rappresentazioni che della violenza subita offre Luisa Valenzuela, considerata una delle scrittrici più interessanti del panorama letterario argentino post-boom (Shaw 1995: 2). Gli esempi utilizzati sono tratti da interviste condotte in Argentina tra il 2013 e il 2015 e da due racconti brevi della scrittrice: Cambio de armas (1982) e Simetrías (1993). Analizzando gli effetti che l’evento traumatico ha sulle parole utilizzate per veicolarlo, si vuole evidenziare come dal “trauma della lingua” si passi alla costruzione di una vera e propria “lingua del trauma” (Michienzi 2016: 183) fatta di termini che hanno subito una ri-semantizzazione e che rimandano all’esperienza politica e concentrazionaria dell’Argentina degli anni ’70. La lingua ri-semantizzata è lo strumento per eccellenza usato da Valenzuela che sfidando la censura, e attraverso complesse strategie linguistiche, costruisce un doppio livello di narrazione: dicendo ciò che non si poteva dire nell’ambito erotico, la scrittrice crea un velo sotto il quale inizia a dire ciò che non poteva esser detto sul piano politico. Dunque, partendo dal fatto che il linguaggio non è mai neutro e sulla base delle nozioni relative al rapporto tra lingua e potere (Tymoczko – Gentzler 2002: xxviii) il contributo si propone di indagare le relazioni tra linguaggio politico, traduzione e globalizzazione passando attraverso la narrativa di una scrittrice che costruisce un chiaro vincolo tra scrittura e politica, dunque tra letteratura e potere (Michienzi 2016: 70).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.