L’homo faber, creatura della pedagogia rinascimentale, è tra le fonti privilegiate per comprendere il sistema filosofico gentiliano (in modo particolare il Gentile di Genesi e struttura della società) e il carattere della sua pedagogia dello spirito. L’uomo del Rinascimento secondo l’interpretazione storiografica che Giovanni Gentile propone si mette in cammino alla ‘ricerca dell’umano’: di quei sentieri cioè lungo i quali lo spirito prende universalmente forma e consapevolezza del suo essere-divenire nell’agire storico. La dimensione educativa nutre le radici rinascimentali di questo risveglio dell’umano: se la filosofia, come scrive Giovanni Gentile, ha la capacità di dare all’uomo il senso della realtà del sistema del mondo, la pedagogia è la consapevolezza di sé che l’uomo ha in questa realtà, che non è più un sostare nel mondo, ma è continua opera di trasformazione di esso. In questo contesto storico, dunque, la pedagogia assume le sembianze di processo incessante del formarsi dell’umano che si rinviene nello spirito: la sua rinascita e i suoi primi, timidi, tentativi di costruzione del reale sono il manifesto del lavoro conoscitivo e formativo dell’educazione rinascimentale. L’homo faber sui ipsius non accetta pertanto di guardare passivamente la vita come opera compiuta da altri, cosa che avviene nel passato medievale così vicino per alcuni versi ma anche così lontano per altri, bensì aspira a trasformare il reale storico, imponendogli il ritmo incessante della creazione e dello sviluppo umano. L’uomo rinascimentale vuole scoprire ciò che lo rende quello che è, ossia spirito che profonde tutti i suoi sforzi per dar vita a un nuovo mondo, il regnum hominis, realtà storica prodotta dal fare educativo dello spirito. Il Rinascimento ha, dunque, nella lettura gentiliana, il merito di costituirsi su basi storico-concrete quale primo momento del dispiegamento dello spirito, perché la ricerca dell’umano, che qui si muove in una prospettiva radicalmente “altra” rispetto al passato greco e medievale, è l’inizio di questo sviluppo dialettico attraverso cui l’uomo, progressivamente, scopre la sua essenza, che è tutta nell’atto del pensiero pensante, generatore di vita. La pedagogia, nella dimensione rinascimentale, è coscienza, sostiene Gentile, di un coinvolgimento nuovo dell’uomo nell’ambito della processualità storica, non più opera realizzata dalla Provvidenza, ma terreno fertile per estrinsecare la produttività della praxis umana. Il sapere pedagogico, che esce da questa lezione, pur tra limiti e incompiutezze, è intimamente connaturato alle scelte, per quanto concerne i mezzi e i fini, da compiere per l’uomo. Scegliere per l’uomo, spiega Giovanni Gentile, significa dal Rinascimento in poi affermarne il bisogno di realizzare la sua progettualità, e di costruirne un rapporto attivo e partecipato con la società, all’insegna di uno stare nuovo nel mondo, che non è più, non può essere e non deve essere, il so-stare medievale, in attesa della conclusione della vita mondana, ma è libera costruzione del proprio destino: una direzione nuova di senso, dunque, che conferisce significati all’agire umano, il cui fine ultimo è teleologicamente proteso al compimento dell’umanità presente in ciascuno individuo.
HOMO FABER. Giovanni Gentile e la pedagogia umanistico-rinascimentale
G. Costabile
2019-01-01
Abstract
L’homo faber, creatura della pedagogia rinascimentale, è tra le fonti privilegiate per comprendere il sistema filosofico gentiliano (in modo particolare il Gentile di Genesi e struttura della società) e il carattere della sua pedagogia dello spirito. L’uomo del Rinascimento secondo l’interpretazione storiografica che Giovanni Gentile propone si mette in cammino alla ‘ricerca dell’umano’: di quei sentieri cioè lungo i quali lo spirito prende universalmente forma e consapevolezza del suo essere-divenire nell’agire storico. La dimensione educativa nutre le radici rinascimentali di questo risveglio dell’umano: se la filosofia, come scrive Giovanni Gentile, ha la capacità di dare all’uomo il senso della realtà del sistema del mondo, la pedagogia è la consapevolezza di sé che l’uomo ha in questa realtà, che non è più un sostare nel mondo, ma è continua opera di trasformazione di esso. In questo contesto storico, dunque, la pedagogia assume le sembianze di processo incessante del formarsi dell’umano che si rinviene nello spirito: la sua rinascita e i suoi primi, timidi, tentativi di costruzione del reale sono il manifesto del lavoro conoscitivo e formativo dell’educazione rinascimentale. L’homo faber sui ipsius non accetta pertanto di guardare passivamente la vita come opera compiuta da altri, cosa che avviene nel passato medievale così vicino per alcuni versi ma anche così lontano per altri, bensì aspira a trasformare il reale storico, imponendogli il ritmo incessante della creazione e dello sviluppo umano. L’uomo rinascimentale vuole scoprire ciò che lo rende quello che è, ossia spirito che profonde tutti i suoi sforzi per dar vita a un nuovo mondo, il regnum hominis, realtà storica prodotta dal fare educativo dello spirito. Il Rinascimento ha, dunque, nella lettura gentiliana, il merito di costituirsi su basi storico-concrete quale primo momento del dispiegamento dello spirito, perché la ricerca dell’umano, che qui si muove in una prospettiva radicalmente “altra” rispetto al passato greco e medievale, è l’inizio di questo sviluppo dialettico attraverso cui l’uomo, progressivamente, scopre la sua essenza, che è tutta nell’atto del pensiero pensante, generatore di vita. La pedagogia, nella dimensione rinascimentale, è coscienza, sostiene Gentile, di un coinvolgimento nuovo dell’uomo nell’ambito della processualità storica, non più opera realizzata dalla Provvidenza, ma terreno fertile per estrinsecare la produttività della praxis umana. Il sapere pedagogico, che esce da questa lezione, pur tra limiti e incompiutezze, è intimamente connaturato alle scelte, per quanto concerne i mezzi e i fini, da compiere per l’uomo. Scegliere per l’uomo, spiega Giovanni Gentile, significa dal Rinascimento in poi affermarne il bisogno di realizzare la sua progettualità, e di costruirne un rapporto attivo e partecipato con la società, all’insegna di uno stare nuovo nel mondo, che non è più, non può essere e non deve essere, il so-stare medievale, in attesa della conclusione della vita mondana, ma è libera costruzione del proprio destino: una direzione nuova di senso, dunque, che conferisce significati all’agire umano, il cui fine ultimo è teleologicamente proteso al compimento dell’umanità presente in ciascuno individuo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.