Era il 2016 quando proprio nel XX Rapporto sul Turismo Italiano si offriva un quadro preliminare sulle potenzialità del turismo delle origini (De Marchi e Mingotto, 2016), conosciuto anche come turismo delle radici, turismo di ritorno, turismo ancestrale e, in alcuni paesi, turismo genealogico. Esso rappresenta "quel turismo generato dai migranti che si recano in vacanza nel Paese di origine spesso dopo esserne stati lontano per lungo tempo o dai loro discendenti, che vogliono visitare e conoscere la terra di origine della loro famiglia. Il viaggio e il relativo soggiorno nella terra natale costituiscono un’esperienza ad alto contenuto emotivo: per i primi rappresentano infatti l’occasione per rivedere i propri cari e soprattutto ritrovare i luoghi che hanno segnato la propria vita prima di partire; per i secondi diventa un modo per ricercare le proprie radici e scoprire i luoghi in cui hanno vissuto gli avi, specialmente per coloro che hanno perso in parte o totalmente il legame con la terra di origine" (De Marchi e Mingotto, 2016: 589). Si tratta di una forma di turismo estremamente importante per il nostro Paese, segnato in passato da flussi migratori molto consistenti e che ancora oggi presenta elevati livelli di mobilità internazionale. Dal 2006 al 2019 la mobilità italiana è aumentata del 70,2%; gli iscritti all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero) sono cresciuti di 2,2 milioni, raggiungendo al 1° gennaio 2019 i 5.288.281 (Fondazione Migrantes, 2019). Secondo la Federazione Italiana Emigrazione-Immigrazione, il numero dei discendenti di emigrati italiani nel mondo è stimato fra i 60 e gli 80 milioni . Essi rappresentano un enorme potenziale in termini di domanda turistica, se si pensa che oggi sono poco più di 60 milioni i residenti in Italia.
Il turismo delle radici in Italia: dai flussi migratori ai flussi turistici. Un focus sulla Calabria
Ferrari S.;Nicotera T.
2020-01-01
Abstract
Era il 2016 quando proprio nel XX Rapporto sul Turismo Italiano si offriva un quadro preliminare sulle potenzialità del turismo delle origini (De Marchi e Mingotto, 2016), conosciuto anche come turismo delle radici, turismo di ritorno, turismo ancestrale e, in alcuni paesi, turismo genealogico. Esso rappresenta "quel turismo generato dai migranti che si recano in vacanza nel Paese di origine spesso dopo esserne stati lontano per lungo tempo o dai loro discendenti, che vogliono visitare e conoscere la terra di origine della loro famiglia. Il viaggio e il relativo soggiorno nella terra natale costituiscono un’esperienza ad alto contenuto emotivo: per i primi rappresentano infatti l’occasione per rivedere i propri cari e soprattutto ritrovare i luoghi che hanno segnato la propria vita prima di partire; per i secondi diventa un modo per ricercare le proprie radici e scoprire i luoghi in cui hanno vissuto gli avi, specialmente per coloro che hanno perso in parte o totalmente il legame con la terra di origine" (De Marchi e Mingotto, 2016: 589). Si tratta di una forma di turismo estremamente importante per il nostro Paese, segnato in passato da flussi migratori molto consistenti e che ancora oggi presenta elevati livelli di mobilità internazionale. Dal 2006 al 2019 la mobilità italiana è aumentata del 70,2%; gli iscritti all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero) sono cresciuti di 2,2 milioni, raggiungendo al 1° gennaio 2019 i 5.288.281 (Fondazione Migrantes, 2019). Secondo la Federazione Italiana Emigrazione-Immigrazione, il numero dei discendenti di emigrati italiani nel mondo è stimato fra i 60 e gli 80 milioni . Essi rappresentano un enorme potenziale in termini di domanda turistica, se si pensa che oggi sono poco più di 60 milioni i residenti in Italia.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.