Il dibattito sul problema della regia d’opera è sicuramente fra i più caldi che animano il mondo del teatro musicale di questi ultimi decenni e una posizione centrale di questo dibattito è occupata dal teatro wagneriano, nucleo generatore del concetto stesso di moderna regia teatrale. Da almeno un secolo infatti le opere di Wagner sono il nervo scoperto di ogni riflessione sulla regia d’opera: regista rivoluzionario egli stesso, autore di drammi dai profondi risvolti filosofici e politici, spesso ambigui, il genio di Lipsia è una vera e propria ‘calamita’ per i registi, che hanno trovato nei suoi drammi l’occasione per una rielaborazione radicale del concetto stesso di messinscena. Il grande pubblico degli appassionati dell’opera wagneriana, che forse vive da qualche decennio uno spaesamento di fronte a messinscene sempre più ‘estreme’, troverà qui molti punti di riflessione e qualche nuova chiave di lettura, insieme a tante nuove domande che, come spesso capita in queste occasioni, finiscono per essere più delle risposte. Lo stimolo che ne deriva è però quello ad approfondire il proprio giudizio, a comprendere come ogni regia sia frutto di scelte che devono anzi tutto essere meditate e messe ‘in serie’, come ci ha ricordato Jean-Jacques Nattiez nella prolusione che ha aperto il convegno. L’auspicio dunque è che il lettore, dopo essersi immerso nella lettura, possa andare a teatro con più stumenti critici, per formarsi un giudizio consapevole e articolato.
Mettere in scena Wagner. Opera e regia tra Ottocento e contemporaneità
Targa
2019-01-01
Abstract
Il dibattito sul problema della regia d’opera è sicuramente fra i più caldi che animano il mondo del teatro musicale di questi ultimi decenni e una posizione centrale di questo dibattito è occupata dal teatro wagneriano, nucleo generatore del concetto stesso di moderna regia teatrale. Da almeno un secolo infatti le opere di Wagner sono il nervo scoperto di ogni riflessione sulla regia d’opera: regista rivoluzionario egli stesso, autore di drammi dai profondi risvolti filosofici e politici, spesso ambigui, il genio di Lipsia è una vera e propria ‘calamita’ per i registi, che hanno trovato nei suoi drammi l’occasione per una rielaborazione radicale del concetto stesso di messinscena. Il grande pubblico degli appassionati dell’opera wagneriana, che forse vive da qualche decennio uno spaesamento di fronte a messinscene sempre più ‘estreme’, troverà qui molti punti di riflessione e qualche nuova chiave di lettura, insieme a tante nuove domande che, come spesso capita in queste occasioni, finiscono per essere più delle risposte. Lo stimolo che ne deriva è però quello ad approfondire il proprio giudizio, a comprendere come ogni regia sia frutto di scelte che devono anzi tutto essere meditate e messe ‘in serie’, come ci ha ricordato Jean-Jacques Nattiez nella prolusione che ha aperto il convegno. L’auspicio dunque è che il lettore, dopo essersi immerso nella lettura, possa andare a teatro con più stumenti critici, per formarsi un giudizio consapevole e articolato.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.