Insediatosi il 20 settembre 1792, l’organismo costituente passato alla storia con il nome di Convenzione Nazionale, dichiara la fine della monarchia francese (21 settembre) e la nascita della Repubblica (22 settembre). Si tratta di eventi molto noti. Quello che è meno noto è il fatto che questo passaggio non è solo un momento di “cancellazione” anche violenta dell’ordine precostituito sul piano delle istituzioni e, quindi, di “riscrittura” delle stesse, ma che di esso è parte integrante una vera e propria operazione di “scrittura” di un nuovo immaginario sociale. In effetti, nello stesso giorno in cui è proclamata la Repubblica, viene deciso che essa sarebbe stata “rappresentata” da una donna poggiata con una mano su un fascio e la cui altra mano afferra una lancia sormontata dal berretto della libertà. Viene altresì stabilito che il calendario gregoriano sarebbe stato abolito a vantaggio di una “riscrittura” civile dell’anno. Che dire? Il terzo stato per secoli aveva partecipato agli Stati Generali dovendo rispettare una specifica semiotica del potere che faceva sì che i suoi rappresentanti non avessero diritto al voto, ma unicamente la possibilità di rivolgere al re “lagnanze” stando rigorosamente in ginocchio. Nel corso di quelli convocati da Luigi XVI era stato sottoposto ad ulteriori forme ritualizzate dell’inferiorità e sottomissione. A quel punto mostrava di aver compreso molto bene il ruolo che “i segni” avrebbero giocato nell’affermazione del brand “rivoluzione”. Non a caso si tratta di decisioni che precedono il processo al re, del resto svoltosi all’insegna di quella specifica forma di “riscrittura” che fu la sua messa sotto accusa con il nome civile di Luigi Capeto. Altrimenti detto, il re poté essere processato e giustiziato anche perché il tempo a cui esso apparteneva era stato specificamente riscritto. Furono per questo messi a lavoro scienziati e artisti. I primi si occuparono dell’individuazione dei criteri astronomico-matematici a cui ispirare la suddivisione dell’anno. Il gruppo di artisti fu, invece, chiamato in causa perché si occupasse della delicatissima operazione del “dare nomi” a mesi e giorni e, quindi, trasferire in immagini la generale operazione di senso che sottendeva questa impresa. Specificamente, il Calendario Rivoluzionario con cui si era inteso “cancellare” quello gregoriano è molto simile ad un dispositivo pubblicitario moderno, considerata la proporzione tra la parte illustrata e quella scritta, nel suo layout complessivo (Fig. 2). A partire dalle questioni proprie dell’approccio analitico barthesiano - come il codice, la connotazione e la retorica dell’immagine - le illustrazioni, in cui dominano figure di donne e che sono di per sé polisemiche, si “ancorano” ai nomi dei mesi, trattati come delle headline pubblicitarie, permettendo di trasferire in modo potente il concept e il messaggio di valore alla base del calendario stesso. Inoltre, l'uso della didascalia esplicativa che accompagna il nome del mese richiama per posizione e struttura una bodycopy pubblicitaria, ad una maggiore dimostrazione della sovrapponibilità in termini di linguaggio con le retoriche pubblicitarie contemporanee. Ma ciò che nel calendario rivoluzionario rende ancora più evidente l’intenzione persuasiva, è l'aver sganciato il quadro generale dei giorni dell’anno (Fig. 1) dalle pagine riferite ai singoli mesi (Fig. 2), marcando con questa soluzione retorica e grafico-compositiva l’attenzione sulla rinominazione dei mesi. Un aspetto, quest'ultimo, molto frequente nella prassi costruttiva dei linguaggi pubblicitari e che, appunto, nel Calendario rivoluzionario, fa sì che ogni mese venga trattato come fosse un’entità a sé, meritevole di un suo incastro verbo-visivo e di una specifica lettura retorica.

Il Calendario repubblicano francese. Ridisegnare il tempo per scrivere la storia

G. De Luca
Writing – Original Draft Preparation
2021-01-01

Abstract

Insediatosi il 20 settembre 1792, l’organismo costituente passato alla storia con il nome di Convenzione Nazionale, dichiara la fine della monarchia francese (21 settembre) e la nascita della Repubblica (22 settembre). Si tratta di eventi molto noti. Quello che è meno noto è il fatto che questo passaggio non è solo un momento di “cancellazione” anche violenta dell’ordine precostituito sul piano delle istituzioni e, quindi, di “riscrittura” delle stesse, ma che di esso è parte integrante una vera e propria operazione di “scrittura” di un nuovo immaginario sociale. In effetti, nello stesso giorno in cui è proclamata la Repubblica, viene deciso che essa sarebbe stata “rappresentata” da una donna poggiata con una mano su un fascio e la cui altra mano afferra una lancia sormontata dal berretto della libertà. Viene altresì stabilito che il calendario gregoriano sarebbe stato abolito a vantaggio di una “riscrittura” civile dell’anno. Che dire? Il terzo stato per secoli aveva partecipato agli Stati Generali dovendo rispettare una specifica semiotica del potere che faceva sì che i suoi rappresentanti non avessero diritto al voto, ma unicamente la possibilità di rivolgere al re “lagnanze” stando rigorosamente in ginocchio. Nel corso di quelli convocati da Luigi XVI era stato sottoposto ad ulteriori forme ritualizzate dell’inferiorità e sottomissione. A quel punto mostrava di aver compreso molto bene il ruolo che “i segni” avrebbero giocato nell’affermazione del brand “rivoluzione”. Non a caso si tratta di decisioni che precedono il processo al re, del resto svoltosi all’insegna di quella specifica forma di “riscrittura” che fu la sua messa sotto accusa con il nome civile di Luigi Capeto. Altrimenti detto, il re poté essere processato e giustiziato anche perché il tempo a cui esso apparteneva era stato specificamente riscritto. Furono per questo messi a lavoro scienziati e artisti. I primi si occuparono dell’individuazione dei criteri astronomico-matematici a cui ispirare la suddivisione dell’anno. Il gruppo di artisti fu, invece, chiamato in causa perché si occupasse della delicatissima operazione del “dare nomi” a mesi e giorni e, quindi, trasferire in immagini la generale operazione di senso che sottendeva questa impresa. Specificamente, il Calendario Rivoluzionario con cui si era inteso “cancellare” quello gregoriano è molto simile ad un dispositivo pubblicitario moderno, considerata la proporzione tra la parte illustrata e quella scritta, nel suo layout complessivo (Fig. 2). A partire dalle questioni proprie dell’approccio analitico barthesiano - come il codice, la connotazione e la retorica dell’immagine - le illustrazioni, in cui dominano figure di donne e che sono di per sé polisemiche, si “ancorano” ai nomi dei mesi, trattati come delle headline pubblicitarie, permettendo di trasferire in modo potente il concept e il messaggio di valore alla base del calendario stesso. Inoltre, l'uso della didascalia esplicativa che accompagna il nome del mese richiama per posizione e struttura una bodycopy pubblicitaria, ad una maggiore dimostrazione della sovrapponibilità in termini di linguaggio con le retoriche pubblicitarie contemporanee. Ma ciò che nel calendario rivoluzionario rende ancora più evidente l’intenzione persuasiva, è l'aver sganciato il quadro generale dei giorni dell’anno (Fig. 1) dalle pagine riferite ai singoli mesi (Fig. 2), marcando con questa soluzione retorica e grafico-compositiva l’attenzione sulla rinominazione dei mesi. Un aspetto, quest'ultimo, molto frequente nella prassi costruttiva dei linguaggi pubblicitari e che, appunto, nel Calendario rivoluzionario, fa sì che ogni mese venga trattato come fosse un’entità a sé, meritevole di un suo incastro verbo-visivo e di una specifica lettura retorica.
2021
9788836650644
Linguaggio, Potere, Rivoluzione Francese, Scrittura, Testo
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11770/332775
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