Nel corso del sempre più attuale dibattito relativo all’Embodied Cognition le scienze del linguaggio hanno trovato un rinnovato vigore e certamente la possibilità di ricominciare a svolgere un fondamentale ruolo filosofico ed etico-politico. Specificamente, una serie di dati empirici e conseguenze teoriche provenienti da quell’insieme di discipline che costituiscono oggi le scienze cognitive, hanno riportato al centro della riflessione questioni rimaste escluse o ai margini della linguistica otto-novecentesca. È questo il caso, ad esempio, dell’affascinate questione relativa ai rapporti tra physique e moral per come essa è stata affrontata nel corso della gloriosa congiuntura storico-filosofica rappresentata dall’affermarsi dell’Illuminismo e della filosofia linguistica che lo ha caratterizzato. Si tratta, del resto, di un momento della storia delle idee specificamente caratterizzato dalle mai esaurite domande concernenti la natura del linguaggio e il suo rapporto con la mente e le forme della conoscenza. Relativamente a tale questione, l’età moderna è stata sostanzialmente contraddistinta da due paradigmi: il dualismo-innatismo di origine cartesiana e il sensismo-naturalismo di impronta condillachiana. Come è noto, Cartesio aveva risolto il problema del ruolo del linguaggio nell’intelligenza umana separandolo dalla questione della sua esistenza materiale. Specificamente, egli aveva utilizzato la sua assenza presso gli animali e, in particolare, presso quelli morfologicamente più simili agli esseri umani, come prova del carattere ontologicamente eterogeneo della natura animale rispetto a quella umana. Quest’ultima, del resto, veniva concepita come intrinsecamente linguistica e indipendente dalla specifica corporeità in cui normalmente si incarna. È importante tenere conto che tale punto di vista dualista rappresenta il prezzo che l’Illuminismo dovette pagare nella sua battaglia per la fondazione di una filosofia laica che fosse fondamento di scienze altrettanto laiche. Fu precisamente il modo per affrancare il discorso sul corpo dalla religione e affidarlo alla scienza e, nella fattispecie, alla più “eretica” delle scienze dell’epoca: la fisica. La nozione di corpo-macchina e lo iatromeccanicismo che ne derivò nell’ambito delle scienze della vita fu un effetto collaterale inevitabile. Questo implica che essa consegnò alla filosofia del secolo seguente – e ancor più a quella attuale – una serie di aporie che ruotano tutte attorno al fondamentale tema di quale sia il ruolo della concreta vita - che è finitezza senza essere mero automatismo – nella trascendenza. Trascendenza a cui ci sentiamo di ascrivere proprio il linguaggio, per la forma tutta “poietica“ che ha assunto nella storia della nostra specie. Da questo punto di vista una serie di suggestioni molto interessanti viene da Étienne Bonnot de Condillac, certamente il più influente dei filosofi del linguaggio del XVIII secolo e dal quale, ancora oggi, molto può essere appreso. Specificamente, Condillac fa della corporeità il punto di partenza delle sue riflessioni in quanto intravede già nel corpo quella forza non meccanicistica che Cartesio aveva collocato nel cogito.

Il linguaggio: una fragile forza che viene da lontano

D. Chirico'
Writing – Original Draft Preparation
2022-01-01

Abstract

Nel corso del sempre più attuale dibattito relativo all’Embodied Cognition le scienze del linguaggio hanno trovato un rinnovato vigore e certamente la possibilità di ricominciare a svolgere un fondamentale ruolo filosofico ed etico-politico. Specificamente, una serie di dati empirici e conseguenze teoriche provenienti da quell’insieme di discipline che costituiscono oggi le scienze cognitive, hanno riportato al centro della riflessione questioni rimaste escluse o ai margini della linguistica otto-novecentesca. È questo il caso, ad esempio, dell’affascinate questione relativa ai rapporti tra physique e moral per come essa è stata affrontata nel corso della gloriosa congiuntura storico-filosofica rappresentata dall’affermarsi dell’Illuminismo e della filosofia linguistica che lo ha caratterizzato. Si tratta, del resto, di un momento della storia delle idee specificamente caratterizzato dalle mai esaurite domande concernenti la natura del linguaggio e il suo rapporto con la mente e le forme della conoscenza. Relativamente a tale questione, l’età moderna è stata sostanzialmente contraddistinta da due paradigmi: il dualismo-innatismo di origine cartesiana e il sensismo-naturalismo di impronta condillachiana. Come è noto, Cartesio aveva risolto il problema del ruolo del linguaggio nell’intelligenza umana separandolo dalla questione della sua esistenza materiale. Specificamente, egli aveva utilizzato la sua assenza presso gli animali e, in particolare, presso quelli morfologicamente più simili agli esseri umani, come prova del carattere ontologicamente eterogeneo della natura animale rispetto a quella umana. Quest’ultima, del resto, veniva concepita come intrinsecamente linguistica e indipendente dalla specifica corporeità in cui normalmente si incarna. È importante tenere conto che tale punto di vista dualista rappresenta il prezzo che l’Illuminismo dovette pagare nella sua battaglia per la fondazione di una filosofia laica che fosse fondamento di scienze altrettanto laiche. Fu precisamente il modo per affrancare il discorso sul corpo dalla religione e affidarlo alla scienza e, nella fattispecie, alla più “eretica” delle scienze dell’epoca: la fisica. La nozione di corpo-macchina e lo iatromeccanicismo che ne derivò nell’ambito delle scienze della vita fu un effetto collaterale inevitabile. Questo implica che essa consegnò alla filosofia del secolo seguente – e ancor più a quella attuale – una serie di aporie che ruotano tutte attorno al fondamentale tema di quale sia il ruolo della concreta vita - che è finitezza senza essere mero automatismo – nella trascendenza. Trascendenza a cui ci sentiamo di ascrivere proprio il linguaggio, per la forma tutta “poietica“ che ha assunto nella storia della nostra specie. Da questo punto di vista una serie di suggestioni molto interessanti viene da Étienne Bonnot de Condillac, certamente il più influente dei filosofi del linguaggio del XVIII secolo e dal quale, ancora oggi, molto può essere appreso. Specificamente, Condillac fa della corporeità il punto di partenza delle sue riflessioni in quanto intravede già nel corpo quella forza non meccanicistica che Cartesio aveva collocato nel cogito.
2022
9788898138401
Anthropogenesis, Body, Embodied Cognition, Enlightenment, Language
Antropogenesi, Cognizione Incarnata, Corpo, Illuminismo, Linguaggio
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11770/332934
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