Questo contributo intende situare la gioia ed esplorarne le sfumature concettuali ed euristiche attraverso alcuni passaggi. Il primo, più teorico, la associa allo stupore, alla meraviglia, al qui ed ora. Se la felicità è progetto, proiezione verso il futuro, la gioia è stupore - per definizione dunque un sentire imprevisto ed imprevedibile - del qui ed ora, del e nel quotidiano. Questa definizione suscita una tensione: il quotidiano in quanto spazio, tempo e pensiero dell’ovvio in senso schutziano, fondato sulla routine, appare lontano dalla potenza dell’insperato e dell'inatteso. Il passaggio successivo, ancora teorico, indaga le relazioni tra gioia, dolore e imperativo del pensiero positivo come “messa al lavoro” emozionale, vincolata al raggiungimento di obiettivi che esaltano la capacità, la competenza, la performance e la competizione dell’individuo. La proposta conclusiva di questo contributo è un passaggio empirico, in cui si analizza la gioia come riconquista della capacità di stupirsi del/nel quotidiano, esito di un lungo percorso di malattia. A partire da alcuni frammenti autoetnografici, si propone una riflessione su quanto sia difficile riconquistare la potenza (in senso spinoziano) della letizia inattesa, ma anche su quanto sia possibile uno sguardo altro e nuovo sulla banalità di un quotidiano che, proprio perché perduto e quasi “dimenticato”, torna ad apparire in una veste preziosa, campo in cui dare spazio e tempo alla gioia come pienezza consapevole della vita e della conoscenza.
Oltre il pensiero positivo. La riconquista della gioia come stupore (del) quotidiano
Giuseppina Pellegrino
2022-01-01
Abstract
Questo contributo intende situare la gioia ed esplorarne le sfumature concettuali ed euristiche attraverso alcuni passaggi. Il primo, più teorico, la associa allo stupore, alla meraviglia, al qui ed ora. Se la felicità è progetto, proiezione verso il futuro, la gioia è stupore - per definizione dunque un sentire imprevisto ed imprevedibile - del qui ed ora, del e nel quotidiano. Questa definizione suscita una tensione: il quotidiano in quanto spazio, tempo e pensiero dell’ovvio in senso schutziano, fondato sulla routine, appare lontano dalla potenza dell’insperato e dell'inatteso. Il passaggio successivo, ancora teorico, indaga le relazioni tra gioia, dolore e imperativo del pensiero positivo come “messa al lavoro” emozionale, vincolata al raggiungimento di obiettivi che esaltano la capacità, la competenza, la performance e la competizione dell’individuo. La proposta conclusiva di questo contributo è un passaggio empirico, in cui si analizza la gioia come riconquista della capacità di stupirsi del/nel quotidiano, esito di un lungo percorso di malattia. A partire da alcuni frammenti autoetnografici, si propone una riflessione su quanto sia difficile riconquistare la potenza (in senso spinoziano) della letizia inattesa, ma anche su quanto sia possibile uno sguardo altro e nuovo sulla banalità di un quotidiano che, proprio perché perduto e quasi “dimenticato”, torna ad apparire in una veste preziosa, campo in cui dare spazio e tempo alla gioia come pienezza consapevole della vita e della conoscenza.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.