Il saggio indaga il connubio tra fiction e motivo eutanasico, la cui modalità narrativa ha acquisito una particolare complessità dalla fine dell’Ottocento, alimentandosi progressivamente dell’evoluzione della medicina e delle trasformazioni socio-culturali. Considerando romanzi e racconti che assumono come tema l’eutanasia editi in tutto il mondo, le due studiose si sono concentrate, in particolare, su alcuni aspetti peculiari della fiction eutanasica. Dai luoghi tipici della surmodernità, e ospitanti le vicende collegate agli attanti che agiscono nei contesti che ruotano intorno alla morte sospesa, alla voce narrante impiegata e ai generi letterari privilegiati, fino alle sostanze utilizzate e ai metodi attuati per la pratica eutanasica. Se nonluoghi e controluoghi della surmodernità costituiscono l’ambientazione principale del telling eutanasico, le scenografie dei testi analizzati fungono spesso da mediatori nei rapporti tra il sistema di potere esterno al ‘malato’, che lo imprigiona in una condizione di angosciosa sospensione, e coloro che intendono aiutarlo attraverso il mind reading, sistema che scardina, nella trama eutanasica, le maglie intricate del controllo coatto cui è sottoposto il sofferente. Ciò induce a riflettere sull’impegno attivo in ambito sociale tipico dei testi letterari a tema eutanasico: la lotta per garantire il rispetto del diritto all’autodeterminazione si avvale dell’assetto transmediale prevalente nel telling e, naturalmente, della voce narrante che, assumendo sovente una prospettiva interna e multifocalizzata, consente l’identificazione empatica del lettore con la visione dei personaggi coinvolti nella gestione della questione eutanasica, producendo racconti profondi e ‘militanti’, nei quali si riconosce l’inalienabile desiderio di lottare, sempre e comunque, per il bene comune.
Il romanzo e il racconto “di eutanasia” fra la fine Ottocento e la surmodernità
Monica Lanzillotta
2024-01-01
Abstract
Il saggio indaga il connubio tra fiction e motivo eutanasico, la cui modalità narrativa ha acquisito una particolare complessità dalla fine dell’Ottocento, alimentandosi progressivamente dell’evoluzione della medicina e delle trasformazioni socio-culturali. Considerando romanzi e racconti che assumono come tema l’eutanasia editi in tutto il mondo, le due studiose si sono concentrate, in particolare, su alcuni aspetti peculiari della fiction eutanasica. Dai luoghi tipici della surmodernità, e ospitanti le vicende collegate agli attanti che agiscono nei contesti che ruotano intorno alla morte sospesa, alla voce narrante impiegata e ai generi letterari privilegiati, fino alle sostanze utilizzate e ai metodi attuati per la pratica eutanasica. Se nonluoghi e controluoghi della surmodernità costituiscono l’ambientazione principale del telling eutanasico, le scenografie dei testi analizzati fungono spesso da mediatori nei rapporti tra il sistema di potere esterno al ‘malato’, che lo imprigiona in una condizione di angosciosa sospensione, e coloro che intendono aiutarlo attraverso il mind reading, sistema che scardina, nella trama eutanasica, le maglie intricate del controllo coatto cui è sottoposto il sofferente. Ciò induce a riflettere sull’impegno attivo in ambito sociale tipico dei testi letterari a tema eutanasico: la lotta per garantire il rispetto del diritto all’autodeterminazione si avvale dell’assetto transmediale prevalente nel telling e, naturalmente, della voce narrante che, assumendo sovente una prospettiva interna e multifocalizzata, consente l’identificazione empatica del lettore con la visione dei personaggi coinvolti nella gestione della questione eutanasica, producendo racconti profondi e ‘militanti’, nei quali si riconosce l’inalienabile desiderio di lottare, sempre e comunque, per il bene comune.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.