Nella storia dell’educazione, ma anche nella letteratura dell’infanzia, sono tanti i maestri e le maestre che hanno lasciato tracce indelebili del loro magistero svolto in condizioni estreme, nelle periferie e nelle contrade più sperdute, a contatto con gravi problematiche di ordine sociale ed economico che rendevano la scuola inefficace perché essa stessa versava in uno stato pietoso. Ricordare le accuse di Leonardo Sciascia in “Cronache scolastiche”, di Albino Bernardini in “Un anno a Pietralata”, di Lorenzo Milani in “Lettera a una professoressa”, per citare solo alcune delle personalità più celebrate, significa far tornare alla mente una scuola che si configurava come ambiente inadeguato, incapace di promozione sociale, una scuola classista e selettiva, che abbandonava e scaricava i più non offrendo un modello educativo alternativo capace di coniugare insegnamento-apprendimento-lavoro. Evocare questa nobile tradizione di uomini di scuola e provare ad aggiungere a essa il nome di qualche altro maestro e maestra rimasti sconosciuti ma che hanno inciso sulle comunità in cui hanno operato con coraggio, non significa davvero volerli collocare sullo stesso piano. Gli archivi, oramai sempre più spesso, propongono allo storico documenti e vicende forse minori ma che aggiungono alla storia altra conoscenza che, come accaduto per la storia del Mezzogiorno d’Italia, rompono lo stereotipo di un territorio indistintamente arretrato, refrattario al cambiamento, assuefatto alle difficoltà economiche, incapace di apprezzare il valore della scuola e dell’istruzione, avaro di solidarietà e di impegno civile. È questo lo spirito con cui si vuole richiamare la vicenda esemplare di alcune maestre di un maestro di Calabria. Vicende che hanno avuto luogo nella prima metà del Novecento tra mille difficoltà, in contesti precari e in momenti storici abbastanza delicati.

Cronaca di un impegno etico-sociale ed educativo in una scuola di periferia (1910-1945). Voci di donne e di uomini di scuola

serpe
2022-01-01

Abstract

Nella storia dell’educazione, ma anche nella letteratura dell’infanzia, sono tanti i maestri e le maestre che hanno lasciato tracce indelebili del loro magistero svolto in condizioni estreme, nelle periferie e nelle contrade più sperdute, a contatto con gravi problematiche di ordine sociale ed economico che rendevano la scuola inefficace perché essa stessa versava in uno stato pietoso. Ricordare le accuse di Leonardo Sciascia in “Cronache scolastiche”, di Albino Bernardini in “Un anno a Pietralata”, di Lorenzo Milani in “Lettera a una professoressa”, per citare solo alcune delle personalità più celebrate, significa far tornare alla mente una scuola che si configurava come ambiente inadeguato, incapace di promozione sociale, una scuola classista e selettiva, che abbandonava e scaricava i più non offrendo un modello educativo alternativo capace di coniugare insegnamento-apprendimento-lavoro. Evocare questa nobile tradizione di uomini di scuola e provare ad aggiungere a essa il nome di qualche altro maestro e maestra rimasti sconosciuti ma che hanno inciso sulle comunità in cui hanno operato con coraggio, non significa davvero volerli collocare sullo stesso piano. Gli archivi, oramai sempre più spesso, propongono allo storico documenti e vicende forse minori ma che aggiungono alla storia altra conoscenza che, come accaduto per la storia del Mezzogiorno d’Italia, rompono lo stereotipo di un territorio indistintamente arretrato, refrattario al cambiamento, assuefatto alle difficoltà economiche, incapace di apprezzare il valore della scuola e dell’istruzione, avaro di solidarietà e di impegno civile. È questo lo spirito con cui si vuole richiamare la vicenda esemplare di alcune maestre di un maestro di Calabria. Vicende che hanno avuto luogo nella prima metà del Novecento tra mille difficoltà, in contesti precari e in momenti storici abbastanza delicati.
2022
9791255680222
scuola, maestri, archivi
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11770/364378
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