CARLO FANELLI Natura e Società nella drammaturgia di Ruzante Elemento caratterizzante la drammaturgia di Angelo Beolco è il radicamento nel contesto naturale del personaggio di Ruzante, portato in scena e interpretato dallo stesso autore. Tale contestualizzazione, tuttavia, non deve essere rapportata all’idillio bucolico-pastorale coevo o letta come un’apologia del mondo contadino. Un’attenta rilettura delle commedie beolchiane consente, piuttosto, di rintracciare nel radicamento nella società rurale, spesso contrapposta al contesto urbano, un disincanto e un’apertura ad una più ampia e universale riflessione sulla Natura e sull’umano. Se Ruzante esalta gli istinti di una natura originaria, lo fa prendendo le mosse da una posizione colta e stilisticamente ricercata, facendola poi deflagrare sulla scena per mezzo di un linguaggio vigoroso e intrecci vivaci, in cui città e campagna si configurano come due sfere sociali inconciliabili e antropologicamente divergenti. Nella dialettica naturale-artificiale quella di Ruzante è una denuncia dello «s-naturale», cioè della distorsione di una natura umana empia e curvata sul male dal «roesso mondo» cittadino, esaltata dallo spaesamento di cui è vittima il contadino inurbato. La rappresentazione del paesaggio offerta dal genere pastorale coevo trova, infine, in Ruzante un fervente e corrosivo oppositore. Egli non lesina commenti poco lusinghieri verso cosiddetti «s-letterati» che ritraggono, a suo dire, una realtà avulsa dal mondo rurale che il drammaturgo pavano descrive piuttosto con immagini di genuina e carnale semplicità.
Natura e società nella drammaturgia di Ruzante
C. Fanelli
2025-01-01
Abstract
CARLO FANELLI Natura e Società nella drammaturgia di Ruzante Elemento caratterizzante la drammaturgia di Angelo Beolco è il radicamento nel contesto naturale del personaggio di Ruzante, portato in scena e interpretato dallo stesso autore. Tale contestualizzazione, tuttavia, non deve essere rapportata all’idillio bucolico-pastorale coevo o letta come un’apologia del mondo contadino. Un’attenta rilettura delle commedie beolchiane consente, piuttosto, di rintracciare nel radicamento nella società rurale, spesso contrapposta al contesto urbano, un disincanto e un’apertura ad una più ampia e universale riflessione sulla Natura e sull’umano. Se Ruzante esalta gli istinti di una natura originaria, lo fa prendendo le mosse da una posizione colta e stilisticamente ricercata, facendola poi deflagrare sulla scena per mezzo di un linguaggio vigoroso e intrecci vivaci, in cui città e campagna si configurano come due sfere sociali inconciliabili e antropologicamente divergenti. Nella dialettica naturale-artificiale quella di Ruzante è una denuncia dello «s-naturale», cioè della distorsione di una natura umana empia e curvata sul male dal «roesso mondo» cittadino, esaltata dallo spaesamento di cui è vittima il contadino inurbato. La rappresentazione del paesaggio offerta dal genere pastorale coevo trova, infine, in Ruzante un fervente e corrosivo oppositore. Egli non lesina commenti poco lusinghieri verso cosiddetti «s-letterati» che ritraggono, a suo dire, una realtà avulsa dal mondo rurale che il drammaturgo pavano descrive piuttosto con immagini di genuina e carnale semplicità.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


