Il saggio studia due episodi cinquecenteschi della ricezione in chiave morale di Machiavelli, analizzandone la presenza nelle opere di Anton Francesco Doni e Francesco Sansovino, entrambi fiorentini trasferitisi a Venezia, dove proprio nel 1550 viene pubblicato presso Giolito il corpus delle opere storico-politiche del Segretario. Doni, per tributare il suo omaggio al Fiorentino, mette in atto una serie di dispositivi originali, tipici della sua idea di scrittura come «nuovo trovato». Se nei “Marmi”, oltre all’inserzione di tessere del Machiavelli comico, si allude a sue teorie in contesti quotidiani, estranei alla riflessione politica, nella princeps dei “Mondi” la citazione si attua attraverso l’inserzione del ritratto del Segretario, mentre nelle “Pitture” l’omaggio si risolve nella collocazione di un’impresa nella sua camera da letto. Ancora, nella “Seconda Libraria” viene pubblicata la novella di “Belfagor”, mentre una lettera-visione, stampata nel primo libro delle “Lettere”, costruita intorno alla narrazione di un sogno di un certo Messer Niccolò, costituisce la prima testimonianza letteraria, sfuggita ai machiavellisti, del celebre sogno blasfemo che il Segretario avrebbe fatto prima di morire. Infine nel “Cancellieri, Libro della memoria”, Machiavelli compare come personaggio sapiente, degno di figurare nella galleria dei prudenti antichi e moderni, di cui si riportano motti sentenziosi. Comune ai due poligrafi è la ripresa da Machiavelli della concezione ciclica della storia, riadattata come giustificazione teorica per confezionare la particolare tipologia del libro repertorio, per cui fatti e aneddoti del passato e del presente possono essere presentati in sincronia. Tra le diverse antologie curate da Sansovino, che hanno garantito una circolazione degli scritti machiavelliani negli anni della censura inquisitoriale, il saggio si sofferma sui “Concetti politici”: in questa silloge, che inaugura la duratura moda delle raccolte di massime e sentenze tratte dagli scritti del Segretario, le opere machiavelliane, occultate, smembrate e parcellizzate, vengono riproposte in forma di aforismi, ed espressamente rivolte a uomini impegnati negli affari di stato.

"Orientarsi nelle 'cose del mondo'. Il Machiavelli 'sentenzioso' di Anton Francesco Doni e Francesco Sansovino"

FIGORILLI, Maria Cristina
2011-01-01

Abstract

Il saggio studia due episodi cinquecenteschi della ricezione in chiave morale di Machiavelli, analizzandone la presenza nelle opere di Anton Francesco Doni e Francesco Sansovino, entrambi fiorentini trasferitisi a Venezia, dove proprio nel 1550 viene pubblicato presso Giolito il corpus delle opere storico-politiche del Segretario. Doni, per tributare il suo omaggio al Fiorentino, mette in atto una serie di dispositivi originali, tipici della sua idea di scrittura come «nuovo trovato». Se nei “Marmi”, oltre all’inserzione di tessere del Machiavelli comico, si allude a sue teorie in contesti quotidiani, estranei alla riflessione politica, nella princeps dei “Mondi” la citazione si attua attraverso l’inserzione del ritratto del Segretario, mentre nelle “Pitture” l’omaggio si risolve nella collocazione di un’impresa nella sua camera da letto. Ancora, nella “Seconda Libraria” viene pubblicata la novella di “Belfagor”, mentre una lettera-visione, stampata nel primo libro delle “Lettere”, costruita intorno alla narrazione di un sogno di un certo Messer Niccolò, costituisce la prima testimonianza letteraria, sfuggita ai machiavellisti, del celebre sogno blasfemo che il Segretario avrebbe fatto prima di morire. Infine nel “Cancellieri, Libro della memoria”, Machiavelli compare come personaggio sapiente, degno di figurare nella galleria dei prudenti antichi e moderni, di cui si riportano motti sentenziosi. Comune ai due poligrafi è la ripresa da Machiavelli della concezione ciclica della storia, riadattata come giustificazione teorica per confezionare la particolare tipologia del libro repertorio, per cui fatti e aneddoti del passato e del presente possono essere presentati in sincronia. Tra le diverse antologie curate da Sansovino, che hanno garantito una circolazione degli scritti machiavelliani negli anni della censura inquisitoriale, il saggio si sofferma sui “Concetti politici”: in questa silloge, che inaugura la duratura moda delle raccolte di massime e sentenze tratte dagli scritti del Segretario, le opere machiavelliane, occultate, smembrate e parcellizzate, vengono riproposte in forma di aforismi, ed espressamente rivolte a uomini impegnati negli affari di stato.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11770/139855
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