FATA MORGANA n°10 (Pellegrini Editore, Cosenza) Bruno Roberti Empatia e Incarnazione Abstract Il saggio attraversa la struttura, la drammaturgia e la figuralità del film “Il rito” di Ingmar Bergman (1968), prendendo le mosse dall'interesse bergmaniano per il dionisiaco ( un rapporto costante con Le Baccanti euripidee dagli inizi fino agli ultimi anni della sua carriera cinematografica e teatrale, quasi a emblema del nodo tematico volto-maschera costante nella sua poetica ). Si procede quindi al riscontro nel film di un “tragitto del dionisiaco” inteso come tensione ed empatia tra la visione ( estatica ) e ciò che si sottrae ad essa, che non può essere figurato, che mantiene un residuo ( sacrificale ) dell'immagine nell'indicibile, in un irrappresentabile cioè che pure insiste nella aporia del vedere, come apertura e chiusura dell'accesso al linguaggio, a una parola che forza i limiti verso il mostrare muto, verso una paradossale parola muta, cioè un “verbo-carne” fatto immagine. Su questa linea uno dei riferimenti principali è la lettura che di Georges Bataille, e del concetto di “immagine aperta” o di immagine incarnata, fornisce Georges Didi-Huberman.

Empatia e incarnazione

ROBERTI, Bruno
2010-01-01

Abstract

FATA MORGANA n°10 (Pellegrini Editore, Cosenza) Bruno Roberti Empatia e Incarnazione Abstract Il saggio attraversa la struttura, la drammaturgia e la figuralità del film “Il rito” di Ingmar Bergman (1968), prendendo le mosse dall'interesse bergmaniano per il dionisiaco ( un rapporto costante con Le Baccanti euripidee dagli inizi fino agli ultimi anni della sua carriera cinematografica e teatrale, quasi a emblema del nodo tematico volto-maschera costante nella sua poetica ). Si procede quindi al riscontro nel film di un “tragitto del dionisiaco” inteso come tensione ed empatia tra la visione ( estatica ) e ciò che si sottrae ad essa, che non può essere figurato, che mantiene un residuo ( sacrificale ) dell'immagine nell'indicibile, in un irrappresentabile cioè che pure insiste nella aporia del vedere, come apertura e chiusura dell'accesso al linguaggio, a una parola che forza i limiti verso il mostrare muto, verso una paradossale parola muta, cioè un “verbo-carne” fatto immagine. Su questa linea uno dei riferimenti principali è la lettura che di Georges Bataille, e del concetto di “immagine aperta” o di immagine incarnata, fornisce Georges Didi-Huberman.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11770/153087
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