Nel panorama intellettuale del Novecento, Hannah Arendt, appare come una figura del tutto singolare. E’ nota in tutto il mondo come una filosofa politica, anche se lei più volte ha ribadito di «non appartenere alla cerchia dei filosofi», ma di essere una teorica politica di professione. Sfuggita alla persecuzione nazista, vive la condizione di perseguitata, di rifugiata ed infine di apolide. E’ proprio quest’ultima condizione in cui la Arendt è vissuta per un lungo periodo della sua vita, le consente di comprendere fino in fondo cosa significhi vivere ai confini del mondo, essere un indesiderato, uno straniero senza patria, in altre parole un heimatlosen. Una condizione, questa, che non include la possibilità di avere diritti, nemmeno quelli considerati «naturali», perché connaturati all’uomo. In questo senso, cittadinanza ed apolidia, possono essere considerate come le due facce di una stessa medaglia. L’apolidia, infatti, intesa come mancanza di cittadinanza, come mancanza di un posto al mondo, rappresenta l’altro lato della cittadinanza. In questo senso, la cittadinanza diviene il punto nevralgico dell’intero sistema politico, in quanto coinvolge tutta la sfera dei diritti dell’uomo a partire dalla loro fondazione, passando attraverso una ridefinizione, estensione e moltiplicazione, per giungere al momento, forse più delicato ed importante, della loro tutela.
Apolide e cittadino: il dilemma della fonte dei diritti nella lezione di Hannah Arendt
HELZEL, Paola Barbara
2008-01-01
Abstract
Nel panorama intellettuale del Novecento, Hannah Arendt, appare come una figura del tutto singolare. E’ nota in tutto il mondo come una filosofa politica, anche se lei più volte ha ribadito di «non appartenere alla cerchia dei filosofi», ma di essere una teorica politica di professione. Sfuggita alla persecuzione nazista, vive la condizione di perseguitata, di rifugiata ed infine di apolide. E’ proprio quest’ultima condizione in cui la Arendt è vissuta per un lungo periodo della sua vita, le consente di comprendere fino in fondo cosa significhi vivere ai confini del mondo, essere un indesiderato, uno straniero senza patria, in altre parole un heimatlosen. Una condizione, questa, che non include la possibilità di avere diritti, nemmeno quelli considerati «naturali», perché connaturati all’uomo. In questo senso, cittadinanza ed apolidia, possono essere considerate come le due facce di una stessa medaglia. L’apolidia, infatti, intesa come mancanza di cittadinanza, come mancanza di un posto al mondo, rappresenta l’altro lato della cittadinanza. In questo senso, la cittadinanza diviene il punto nevralgico dell’intero sistema politico, in quanto coinvolge tutta la sfera dei diritti dell’uomo a partire dalla loro fondazione, passando attraverso una ridefinizione, estensione e moltiplicazione, per giungere al momento, forse più delicato ed importante, della loro tutela.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.