Fra la prima e la seconda guerra sannitica si comincia a delineare presso i Romani l’idea dell’Italia, pur se ancora intesa solo come entità geografica, e come tale resta per almeno un secolo e mezzo, estendendosi dallo Stretto di Messina sino alle Alpi, dopo avere accompagnato l’espansione romana secondo un graduale processo che può considerarsi concluso al tempo di Catone il Censore. Il fatto geografico, però, non sottintende altri aspetti che, nella loro omogeneità, solitamente caratterizzano una nazione. La romanizzazione della penisola, pur avviando un processo di omologazione, presenta nell’immaginario romano una distinzione fra i cives e gli “altri” abitanti della Penisola, ormai catalogati indistintamente come Italici. Nelle guerre, però, i legionari combattono fianco a fianco con i socii Italici e Scipione, il futuro “Africano”, fonda per tutti loro, nel 206, in Spagna, la colonia di Italica. L’esperienza della guerra annibalica spinge ancora di più Roma ad uniformare alle proprie le istituzioni e le leggi dei socii, ottenendo un maggior avvicinamento delle élites locali, mente i ceti bassi vengono assimilati attraverso l’esercito. Diversi scrittori di provenienza cisalpina, ma profondamente intrisi di cultura greca, testimoniano di una unità letteraria che si va formando con centro a Roma. L’unità politica e giuridica, raggiunta con la concessione della cittadinanza romana agli Italici nell’88 ed ai Cisalpini nel 49, in realtà, porta ad un decentramento ‘municipale’, nel senso che i singoli municipia arrivano ad ottenere una maggiore autonomia sul piano amministrativo, giudiziario, sociale ed economico: proprio questa struttura municipale, nello stesso tempo, contiene i germi di una polverizzazione del territorio in entità locali e può esser considerata come l’impalcatura su cui poggia l’organizzazione dell’Italia nei secoli successivi.

L'Italia romana. Quale unità?

GIVIGLIANO, Gian Piero
2014-01-01

Abstract

Fra la prima e la seconda guerra sannitica si comincia a delineare presso i Romani l’idea dell’Italia, pur se ancora intesa solo come entità geografica, e come tale resta per almeno un secolo e mezzo, estendendosi dallo Stretto di Messina sino alle Alpi, dopo avere accompagnato l’espansione romana secondo un graduale processo che può considerarsi concluso al tempo di Catone il Censore. Il fatto geografico, però, non sottintende altri aspetti che, nella loro omogeneità, solitamente caratterizzano una nazione. La romanizzazione della penisola, pur avviando un processo di omologazione, presenta nell’immaginario romano una distinzione fra i cives e gli “altri” abitanti della Penisola, ormai catalogati indistintamente come Italici. Nelle guerre, però, i legionari combattono fianco a fianco con i socii Italici e Scipione, il futuro “Africano”, fonda per tutti loro, nel 206, in Spagna, la colonia di Italica. L’esperienza della guerra annibalica spinge ancora di più Roma ad uniformare alle proprie le istituzioni e le leggi dei socii, ottenendo un maggior avvicinamento delle élites locali, mente i ceti bassi vengono assimilati attraverso l’esercito. Diversi scrittori di provenienza cisalpina, ma profondamente intrisi di cultura greca, testimoniano di una unità letteraria che si va formando con centro a Roma. L’unità politica e giuridica, raggiunta con la concessione della cittadinanza romana agli Italici nell’88 ed ai Cisalpini nel 49, in realtà, porta ad un decentramento ‘municipale’, nel senso che i singoli municipia arrivano ad ottenere una maggiore autonomia sul piano amministrativo, giudiziario, sociale ed economico: proprio questa struttura municipale, nello stesso tempo, contiene i germi di una polverizzazione del territorio in entità locali e può esser considerata come l’impalcatura su cui poggia l’organizzazione dell’Italia nei secoli successivi.
2014
978-88-498-4180-0
Italia romana; Romanizzazione
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11770/173103
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