Il presente lavoro ha avuto la finalità di studiare le sanzioni tributarie amministrative partendo dall’analisi dei concetti di illecito e di sanzione, che hanno ispirato il legislatore nel concepire un modello “punitivo”.Si è cercato di capire perché il concetto di sanzione sia connotato da una interpretazione sostanzialmente negativa, mettendo in evidenza la presenza nel nostro ordinamento di sanzioni positive e di sanzioni improprie.Il D.Lgs. n.472/97, riformando il sistema sanzionatorio non penale, ha attribuito allo stesso una dimensione in linea con i principi costituzionali vigenti in materia punitiva, quali i principi di legalità, di imputabilità, di adeguatezza, di proporzionalità e soprattutto di personalità della sanzione.In una realtà economica così complessa, come quella attuale, particolare attenzione è stata dedicata all’imputazione soggettiva dell’illecito nei confronti di enti e società, con un’analisi che ha portato a forti critiche nei confronti del legislatore del 1997 che ha voluto, a tutti i costi, portare fino alle estreme conseguenze l’antico brocardo societas delinquere non potest . Si è cercato di spiegare che probabilmente né il principio della responsabilità personale né quello di colpevolezza avrebbero costituito un ‘ostacolo insormontabile alla introduzione di misure sanzionatorie di carattere patrimoniale a carico dell’ente collettivo. Piuttosto è sembrato che tale esclusione fosse dettata da una scelta dogmatica.La lettura critica di questa riforma, sia pura apprezzabile per la portata innovativa, ha messo in evidenza la disorganicità di alcuni istituti alla luce di quegli orientamenti, dottrinari e giurisprudenziali, che individuano nelle sanzioni amministrative lo strumento di tutela più adatto per fronteggiare i reati d’impresa. Si è cercato infine di individuare possibili prospettive di riforma.
Sanzioni tributarie e persone giuridiche tra modelli penalistici e specificità di settore
FAVA, Claudia
2006-01-01
Abstract
Il presente lavoro ha avuto la finalità di studiare le sanzioni tributarie amministrative partendo dall’analisi dei concetti di illecito e di sanzione, che hanno ispirato il legislatore nel concepire un modello “punitivo”.Si è cercato di capire perché il concetto di sanzione sia connotato da una interpretazione sostanzialmente negativa, mettendo in evidenza la presenza nel nostro ordinamento di sanzioni positive e di sanzioni improprie.Il D.Lgs. n.472/97, riformando il sistema sanzionatorio non penale, ha attribuito allo stesso una dimensione in linea con i principi costituzionali vigenti in materia punitiva, quali i principi di legalità, di imputabilità, di adeguatezza, di proporzionalità e soprattutto di personalità della sanzione.In una realtà economica così complessa, come quella attuale, particolare attenzione è stata dedicata all’imputazione soggettiva dell’illecito nei confronti di enti e società, con un’analisi che ha portato a forti critiche nei confronti del legislatore del 1997 che ha voluto, a tutti i costi, portare fino alle estreme conseguenze l’antico brocardo societas delinquere non potest . Si è cercato di spiegare che probabilmente né il principio della responsabilità personale né quello di colpevolezza avrebbero costituito un ‘ostacolo insormontabile alla introduzione di misure sanzionatorie di carattere patrimoniale a carico dell’ente collettivo. Piuttosto è sembrato che tale esclusione fosse dettata da una scelta dogmatica.La lettura critica di questa riforma, sia pura apprezzabile per la portata innovativa, ha messo in evidenza la disorganicità di alcuni istituti alla luce di quegli orientamenti, dottrinari e giurisprudenziali, che individuano nelle sanzioni amministrative lo strumento di tutela più adatto per fronteggiare i reati d’impresa. Si è cercato infine di individuare possibili prospettive di riforma.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.