Cinque patrioti cosentini, con una tunica nera e con il volto ricoperto da un velo scuro, vengono fucilati nel vallone di Rovito. Attilio Bandiera, Emilio Bandiera, Nicola Ricciotti e Domenico Moro, rinchiusi in una cella dopo essere stati catturati nelle montagne della Sila, vengono informati dell’esecuzione da un sacerdote mentre aspettano la sentenza del processo a loro carico. Il Presidente della Commissione Militare, riunita nella Camera del Consiglio per giudicare i rivoltosi ricostruisce la loro spedizione. I cospiratori, partiti da Corfù la sera del 12 giugno sul trabaccolo San Spiridone erano sbarcati presso la foce del Neto, detta Lagonetto, a sei miglia da Crotone, col proposito di dare man forte all’insurrezione dei patrioti cosentini. I quattro prigionieri rinchiusi in cella discutono sulla loro tragica spedizione. Emilio è rammaricato del fatto di essere stato catturato proprio dalla povera gente, ma Attilio lo conforta dicendo che la loro sofferenza sarebbe stata forse più utile alla causa italiana che la morte su un campo di battaglia. I loro nomi sarebbero passati alla storia e sarebbero diventati immortali. Moro, al contrario, pensa che la morte dei giusti senza vittoria avrebbe scoraggiato di più il popolo e confessa onestamente che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di salvare la pelle.

I patrioti

SOLE, Giovanni
2001-01-01

Abstract

Cinque patrioti cosentini, con una tunica nera e con il volto ricoperto da un velo scuro, vengono fucilati nel vallone di Rovito. Attilio Bandiera, Emilio Bandiera, Nicola Ricciotti e Domenico Moro, rinchiusi in una cella dopo essere stati catturati nelle montagne della Sila, vengono informati dell’esecuzione da un sacerdote mentre aspettano la sentenza del processo a loro carico. Il Presidente della Commissione Militare, riunita nella Camera del Consiglio per giudicare i rivoltosi ricostruisce la loro spedizione. I cospiratori, partiti da Corfù la sera del 12 giugno sul trabaccolo San Spiridone erano sbarcati presso la foce del Neto, detta Lagonetto, a sei miglia da Crotone, col proposito di dare man forte all’insurrezione dei patrioti cosentini. I quattro prigionieri rinchiusi in cella discutono sulla loro tragica spedizione. Emilio è rammaricato del fatto di essere stato catturato proprio dalla povera gente, ma Attilio lo conforta dicendo che la loro sofferenza sarebbe stata forse più utile alla causa italiana che la morte su un campo di battaglia. I loro nomi sarebbero passati alla storia e sarebbero diventati immortali. Moro, al contrario, pensa che la morte dei giusti senza vittoria avrebbe scoraggiato di più il popolo e confessa onestamente che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di salvare la pelle.
2001
88-86067-81-X
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11770/182255
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