La sera del 15 febbraio 1933, il presidente eletto Franklin Delano Roosevelt si reca al Bayfront Park di Miami per un incontro pubblico. È in quella occasione, a circa un mese dal suo primo giuramento, che subisce un attentato: un giovane calabrese, Giuseppe Zangara, cerca di ucciderlo sparando contro di lui diversi colpi di pistola, che feriscono invece a morte il sindaco di Chicago Anton J. Cermak, che si trovava sul palco assieme a Roosevelt. Se fosse riuscito nel suo intento, Zangara avrebbe inevitabilmente cambiato il corso della storia, con esiti difficilmente prevedibili. Invece fallisce e viene arrestato e condannato a morte alla fine del processo più breve celebrato negli Stati Uniti nel ventesimo secolo; la sentenza sarà eseguita in appena cinque settimane. L’enormità del gesto, la sua incomprensibilità, l’odio che scatena in quel particolare contesto socioeconomico, la dimensione tragica ed estrema che accompagna le cinque settimane, sono tutti elementi che concorrono alla formulazione del giudizio liquidatorio e definitivo sul reo confesso, il cui comportamento, del resto, sembra confermare in pieno la rapidità e la spietatezza del verdetto. A oltre ottant’anni di distanza, la vicenda – ripresa in opere letterarie, teatrali, cinematografiche e in serie televisive – rimane per molti versi ancora oscura.
Giuseppe Zangara e l'attentato a Roosevelt tra storia, cinema e letteratura
Massara, Katia
2020-01-01
Abstract
La sera del 15 febbraio 1933, il presidente eletto Franklin Delano Roosevelt si reca al Bayfront Park di Miami per un incontro pubblico. È in quella occasione, a circa un mese dal suo primo giuramento, che subisce un attentato: un giovane calabrese, Giuseppe Zangara, cerca di ucciderlo sparando contro di lui diversi colpi di pistola, che feriscono invece a morte il sindaco di Chicago Anton J. Cermak, che si trovava sul palco assieme a Roosevelt. Se fosse riuscito nel suo intento, Zangara avrebbe inevitabilmente cambiato il corso della storia, con esiti difficilmente prevedibili. Invece fallisce e viene arrestato e condannato a morte alla fine del processo più breve celebrato negli Stati Uniti nel ventesimo secolo; la sentenza sarà eseguita in appena cinque settimane. L’enormità del gesto, la sua incomprensibilità, l’odio che scatena in quel particolare contesto socioeconomico, la dimensione tragica ed estrema che accompagna le cinque settimane, sono tutti elementi che concorrono alla formulazione del giudizio liquidatorio e definitivo sul reo confesso, il cui comportamento, del resto, sembra confermare in pieno la rapidità e la spietatezza del verdetto. A oltre ottant’anni di distanza, la vicenda – ripresa in opere letterarie, teatrali, cinematografiche e in serie televisive – rimane per molti versi ancora oscura.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.