La Calandria di Bernardo Dovizi da Bibbiena è una delle commedie più rappresentative del teatro italiano del primo Cinquecento. Il riferimento a Plauto e Boccaccio, oltre che le reminiscenze ariostesche, ne assicurano un “dispositivo” comico già ben rodato e funzionale al modello drammaturgico coevo e futuro. La messinscena di Urbino del 6 febbraio 1513, che è il debutto sulle scene della commedia, costituisce altresì un punto fermo della prassi rappresentativa che in quegli anni stava prendendo forma. Difatti, la progettazione dello spazio scenico e la sistemazione della sala del Palazzo Ducale di Urbino, con le loro componenti legate alle dinamiche dello sguardo, ne fanno un “luogo della visione”, in cui la scena prospettica e la festa sono rese funzionali alla logica spettacolare del nascente teatro di corte. Altrettanto interessante, nella medesima prospettiva analitica e nei rimandi allegorici, è la messinscena della commedia tenutasi a Lione nel 1548, nel corso della quale il dispositivo visuale e la macchina scenica mutano in un gruppo di intermezzi che, pur rimandando a un tema mitologico simile alla recita di Urbino, presenta uno sviluppo scenico più articolato e complesso.
La messa in scena della “Calandria” di Bibbiena a Lione il 27 settembre 1548 Carlo Fanelli
Fanelli C.
2020-01-01
Abstract
La Calandria di Bernardo Dovizi da Bibbiena è una delle commedie più rappresentative del teatro italiano del primo Cinquecento. Il riferimento a Plauto e Boccaccio, oltre che le reminiscenze ariostesche, ne assicurano un “dispositivo” comico già ben rodato e funzionale al modello drammaturgico coevo e futuro. La messinscena di Urbino del 6 febbraio 1513, che è il debutto sulle scene della commedia, costituisce altresì un punto fermo della prassi rappresentativa che in quegli anni stava prendendo forma. Difatti, la progettazione dello spazio scenico e la sistemazione della sala del Palazzo Ducale di Urbino, con le loro componenti legate alle dinamiche dello sguardo, ne fanno un “luogo della visione”, in cui la scena prospettica e la festa sono rese funzionali alla logica spettacolare del nascente teatro di corte. Altrettanto interessante, nella medesima prospettiva analitica e nei rimandi allegorici, è la messinscena della commedia tenutasi a Lione nel 1548, nel corso della quale il dispositivo visuale e la macchina scenica mutano in un gruppo di intermezzi che, pur rimandando a un tema mitologico simile alla recita di Urbino, presenta uno sviluppo scenico più articolato e complesso.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.