Dopo aver evidenziato il valore ideologico dei rituali di affiliazione alle mafie storiche, l’articolo tratteggia preliminarmente i diversi e contrastanti orientamenti giurisprudenziali e dottrinali sviluppatisi a proposito delle stesse cerimonie ai fini della condotta partecipativa di cui all’art. 416 bis c.p., per soffermarsi poi sulla recente decisione in tema delle Sezioni unite della Corte di cassazione nella sentenza ‘Modaffari’, che esige un quid pluris rispetto al formale ingresso, individuato nell’attitudine del nuovo adepto a svolgere i compiti affidatigli, ossia almeno un atto che confermi la serietà della “messa a disposizione”. L’Autore, quindi, espone un’interpretazione alternativa al modello partecipativo ultimamente delineato dalla Cassazione, a favore di un altro paradigma reputato più adeguato in termini di offensività, che ai fini dell’integrazione della fattispecie partecipativa ex art. 416 bis c.p. non si appaga di una “disponibilità”, sia pur seria, ma pretende un’attività valutabile in termini di efficienza causale rispetto alla sopravvivenza o al rafforzamento dell’organizzazione mafiosa, intesa quest’ultima come un concreto apparato strumentale alla commissione di atti inti-midatori. L’articolo, inoltre, corrobora la scelta a favore di tale modello ‘forte’ di partecipazione mafiosa, attraverso il principio di proporzione, valendosi della relazione triadica tra la fattispecie codicistica e quella di natura prevenzionale di cui all’art. 4, co. 1, lett. a), del D.lgs. n. 159/2011. L’Autore, quindi, muovendo dall’indeterminatezza del dettato normativo, sviluppa una serie di argomenti che, attraverso direttive interpretative di primo e secondo livello, selettive e preferenziali, confermano la bontà dell’opzione ‘forte’ della partecipazione mafiosa, suffragata definitivamente grazie al canone del ragionevole dubbio interpretativo, originato dal confronto tra più opzioni ermeneutiche tutte plausibili, da sciogliere a favore del modello ‘forte’ perché interpretazione più favorevole.

«Osso, Mastrosso e Carcagnosso»: l’affiliazione rituale alle associazioni di tipo mafioso alla prova dei princìpi di offensività, proporzione e ragionevole dubbio interpretativo.

mario caterini
2021-01-01

Abstract

Dopo aver evidenziato il valore ideologico dei rituali di affiliazione alle mafie storiche, l’articolo tratteggia preliminarmente i diversi e contrastanti orientamenti giurisprudenziali e dottrinali sviluppatisi a proposito delle stesse cerimonie ai fini della condotta partecipativa di cui all’art. 416 bis c.p., per soffermarsi poi sulla recente decisione in tema delle Sezioni unite della Corte di cassazione nella sentenza ‘Modaffari’, che esige un quid pluris rispetto al formale ingresso, individuato nell’attitudine del nuovo adepto a svolgere i compiti affidatigli, ossia almeno un atto che confermi la serietà della “messa a disposizione”. L’Autore, quindi, espone un’interpretazione alternativa al modello partecipativo ultimamente delineato dalla Cassazione, a favore di un altro paradigma reputato più adeguato in termini di offensività, che ai fini dell’integrazione della fattispecie partecipativa ex art. 416 bis c.p. non si appaga di una “disponibilità”, sia pur seria, ma pretende un’attività valutabile in termini di efficienza causale rispetto alla sopravvivenza o al rafforzamento dell’organizzazione mafiosa, intesa quest’ultima come un concreto apparato strumentale alla commissione di atti inti-midatori. L’articolo, inoltre, corrobora la scelta a favore di tale modello ‘forte’ di partecipazione mafiosa, attraverso il principio di proporzione, valendosi della relazione triadica tra la fattispecie codicistica e quella di natura prevenzionale di cui all’art. 4, co. 1, lett. a), del D.lgs. n. 159/2011. L’Autore, quindi, muovendo dall’indeterminatezza del dettato normativo, sviluppa una serie di argomenti che, attraverso direttive interpretative di primo e secondo livello, selettive e preferenziali, confermano la bontà dell’opzione ‘forte’ della partecipazione mafiosa, suffragata definitivamente grazie al canone del ragionevole dubbio interpretativo, originato dal confronto tra più opzioni ermeneutiche tutte plausibili, da sciogliere a favore del modello ‘forte’ perché interpretazione più favorevole.
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