Tra la fine del 1554 e l’inizio del 1555, Benedetto Varchi compone numerosi sonetti, e alcuni epigrammi latini, dedicati alla statua bronzea di Filippo II di Spagna realizzata da Leone Leoni a partire dal 1549; statua destinata al palazzo di Binche della regina Maria d’Ungheria, sorella di Carlo V, e oggi custodita al Museo del Prado di Madrid. Tali versi, registrati talvolta dalla critica relativa al Leoni, sono, viceversa, sfuggiti agli studi varchiani, pur essendo specialissimi all’interno della sua produzione. Il letterato, difatti, che pure fu vicino a molti artisti, raramente consacra rime a opere d’arte e la ‘Sagrestia Nuova’ di Michelangelo, perno intorno al quale sono costruite le famose ‘Due Lezzioni’ del 1547, fu oggetto di due soli componimenti. Nonostante non siano documentati rapporti con l’artista, che il letterato verosimilmente non aveva mai incontrato di persona, per Leone Leoni Benedetto Varchi compone otto sonetti in volgare e cinque epigrammi latini. Obiettivo di questo contributo è contestualizzare le ragioni di un simile impegno, che se da un lato pare rilevare un inedito interessamento del letterato per l’ambiente milanese – in un momento di flessione dei suoi rapporti con Cosimo I de’ Medici – dall’altro permette di condurre delle prime riflessioni sul ruolo giocato da Benedetto Varchi nel processo di nobilitazione della scultura, anche dopo le ‘Due Lezzioni’ e in piena coerenza con quanto pubblicato in quell’occasione. L’analisi dei testi varchiani fornisce, infine, l’occasione per tornare a riflettere sulla grande fortuna di cui godette l’opera del Leoni, alla quale sono dedicati numerosi componimenti latini e volgari proprio nel corso degli anni Cinquanta del Cinquecento. Benché sfuggito alla critica sino a tempi recenti, la scultura fu infatti esposta pubblicamente a Milano nell’autunno del 1554 e tale esposizione contribuì ad alimentarne la fama e a spingere molti letterati a lodarla in poesia. A confermare l’esposizione pubblica dell’opera – informazione sinora desunta dai testi storici di Gaspare Bugati e Paolo Morigi – ci sono due lettere, inedite e che si pubblica in questa occasione, inviate a Antoine Perrenot de Granvelle proprio da Leone Leoni e da Niccolò Secco, capitano di giustizia di Milano.
Il «cavaliere inestistente». Benedetto Varchi su Leone Leoni e la statua bronzea di Filippo II di Spagna (1554-1555)
Antonio Geremicca
2019-01-01
Abstract
Tra la fine del 1554 e l’inizio del 1555, Benedetto Varchi compone numerosi sonetti, e alcuni epigrammi latini, dedicati alla statua bronzea di Filippo II di Spagna realizzata da Leone Leoni a partire dal 1549; statua destinata al palazzo di Binche della regina Maria d’Ungheria, sorella di Carlo V, e oggi custodita al Museo del Prado di Madrid. Tali versi, registrati talvolta dalla critica relativa al Leoni, sono, viceversa, sfuggiti agli studi varchiani, pur essendo specialissimi all’interno della sua produzione. Il letterato, difatti, che pure fu vicino a molti artisti, raramente consacra rime a opere d’arte e la ‘Sagrestia Nuova’ di Michelangelo, perno intorno al quale sono costruite le famose ‘Due Lezzioni’ del 1547, fu oggetto di due soli componimenti. Nonostante non siano documentati rapporti con l’artista, che il letterato verosimilmente non aveva mai incontrato di persona, per Leone Leoni Benedetto Varchi compone otto sonetti in volgare e cinque epigrammi latini. Obiettivo di questo contributo è contestualizzare le ragioni di un simile impegno, che se da un lato pare rilevare un inedito interessamento del letterato per l’ambiente milanese – in un momento di flessione dei suoi rapporti con Cosimo I de’ Medici – dall’altro permette di condurre delle prime riflessioni sul ruolo giocato da Benedetto Varchi nel processo di nobilitazione della scultura, anche dopo le ‘Due Lezzioni’ e in piena coerenza con quanto pubblicato in quell’occasione. L’analisi dei testi varchiani fornisce, infine, l’occasione per tornare a riflettere sulla grande fortuna di cui godette l’opera del Leoni, alla quale sono dedicati numerosi componimenti latini e volgari proprio nel corso degli anni Cinquanta del Cinquecento. Benché sfuggito alla critica sino a tempi recenti, la scultura fu infatti esposta pubblicamente a Milano nell’autunno del 1554 e tale esposizione contribuì ad alimentarne la fama e a spingere molti letterati a lodarla in poesia. A confermare l’esposizione pubblica dell’opera – informazione sinora desunta dai testi storici di Gaspare Bugati e Paolo Morigi – ci sono due lettere, inedite e che si pubblica in questa occasione, inviate a Antoine Perrenot de Granvelle proprio da Leone Leoni e da Niccolò Secco, capitano di giustizia di Milano.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.